“L’informatica è troppo importante per essere lasciata agli uomini” diceva Karen Spärck Jones, colei che per prima elaborò la teoria alla base del funzionamento dei motori di ricerca, nel 1972, quando ancora il World Wide Web non esisteva.
Niente da stupirsi per chi conosce un po’ la storia di questa scienza e sa che quasi tutti i principali progressi nel campo sono stati realizzati da donne. Fu una donna (Margaret Heafield Hamilton) a sviluppare il software di bordo dell’Apollo 11, che nel 1969 portò l’uomo sulla Luna. Fu sempre una donna, la matematica Ada Lovelace, a scrivere il primo programma della storia dell’informatica, nel lontanissimo 1843.
Ma questi modelli vengono proposti oggi come esempi a cui ispirarsi? La risposta a questa domanda è sicuramente meno positiva delle belle storie citate fino a qui.
La nostra vita è ormai permeata di tecnologia. Negli ultimi due secoli lo sviluppo della tecnica è stato repentino e ha modificato fortemente i nostri stili di vita, oltre alle nostre classificazioni e il nostro immaginario.
Ovviamente è sempre controproducente e rischioso fare generalizzazioni eccessive, ma non possiamo non chiederci perchè i campi che sono ancora quasi completamente appannaggio maschile siano quelli più legati alla tecnologia, come l’informatica e l’ingegneria.
E pensare che, per quello che riguarda gli studi universitari, le iscrizioni alle facoltà scientifiche vedono:
Il problema è complesso: sicuramente, stereotipi duri a morire fanno sì che bambine e ragazze siano inconsapevolmente indotte a pensare di essere meno portate dei loro coetanei maschi verso le discipline matematiche, scientifiche e tecnologiche. Questa percezione, totalmente infondata nei fatti ma ancora molto solida nell’immaginario collettivo, viene reiterata con telefilm, spot, video.
Al contrario di quanto si sarebbe portati a pensare però, qualcosa si sta muovendo: proprio per indagare questo complesso ma strategico rapporto tra donne e tecnologia, abbiamo scelto di intervistare Roberto Zecchino, Vice President Human Resources and Organization di Bosch South Europe, da molti anni tra le aziende più attente e attive sul panorama mondiale alla gender equality.
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Guarda il video integrale dell'intervista a Bosch.
Cerchiamo di contestualizzare meglio il problema, tramite l’utilizzo di qualche dato emerso dalle più autorevoli ricerche sul settore. Ad iniziare da quello che è il principale nodo: il numero di donne che sceglie di frequentare discipline ingegneristiche o tecnologiche è veramente esiguo rispetto alla controparte maschile. Questa tendenza si riflette poi sugli sviluppi professionali, come evidenziato dalla ricerca “Woman in the Digital age” della Commissione Europea:
L’Italia purtroppo in questa classifica è posizionata sotto la media europea, come certifica il rapporto di Informatics Europe del 2018, evidenziando come nei corsi di laurea di informatica le studentesse siano solo il 20%, meno della media europea.
Eppure le opportunità non mancherebbero: si calcola infatti che se la percentuale di lavoratrici femminili nel comparto digitale diventasse uguale a quella degli uomini, il PIL europeo aumenterebbe di 9 miliardi di euro ogni anno. (Fonte, approfondimento)
Donne e informatica: un match che non funziona?
Ascolta le parole di alcune ragazze che lavorano nell'informatica.
Quali sono quindi le principali cause che sembrano allontanare le donne dagli studi informatici e dalla tecnologia? I motivi sembrano rintracciabili in almeno 2 punti, strettamente interconnessi tra di loro:
Ecco i principali punti strategici emersi:
Per creare talenti pronti ad essere i nuovi manager del domani, eliminando fin dal principio la differenza di genere, Bosch prevede percorsi di formazione strutturati, anche con esperienze all’estero, per avvicinare le donne alla tecnologia e incoraggiarle ad intraprendere una carriera manageriale in ambito tecnologico.
”I team vincenti hanno un giusto bilanciamento sia anagrafico sia di genere. La ricchezza portata da tante ragazze, oltre a tanti ragazzi, porta ad uno spirito vincente”. Roberto Zecchino
Questo si traduce anche in un particolare tipo di progetto chiamato Women@ Bosch, che permette di offrire tirocini formativi e stage alle ragazze che scelgono un percorso professionale legato all’ingegneria;
Tramite il progetto “girls@bosch”, Bosch entra nelle scuole elementari, proponendo un approccio curioso e semplice alle materie scientifiche, attraverso giochi ed esercitazioni da svolgere in gruppo.
Passione, sogno, allenamento: sono questi gli ingredienti per avere successo. Come in tutti gli ambiti, l’orientamento che riceviamo fin da bambini è fondamentale, e le motivazioni vanno create tramite l’entusiasmo di chi insegna.
Infine, Bosch presta molta attenzione alle categorie “deboli” della società, non ponendo (anche qui) distinzioni di genere. L’azienda tedesca propone infatti un progetto personalizzato per l’inserimento lavorativo dei Neet, quei ragazzi che non trovano e non cercano lavoro per più di 12 mesi continuativi. In varie città d’Italia, Bosch cerca di agire su questo tipo di persone, motivandole e sviluppando tramite corsi specifici le competenze utili al mercato del lavoro, con grande attenzione all’Industria 4.0.
Guarda il video integrale dell'intervista a Bosch.
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