Vittorio Famularo lavora nel settore HVAC da oltre dieci anni: è un professionista appassionato che, ci ha raccontato, ha fatto una “gavetta al contrario”.
Dopo una breve esperienza nell’automotive subito dopo la laurea in ingegneria meccanica, ha iniziato un percorso nell’ambito delle energie rinnovabili, prima nel commerciale e poi, grazie una formazione tecnica sul campo da lui fortemente voluta, nella pre-vendita tecnica, passaggio che gli ha permesso, oggi, di essere Sales Area Manager.
Con lui abbiamo cercato di capire qual è lo stato dell’arte del settore soprattutto per quel che concerne il mondo del lavoro, considerato dal punto di vista di un candidato.
Partiamo subito dicendo che gli incentivi di ristrutturazione e gli ecobonus hanno da una parte dato modo alle aziende di crescere e dall’altra hanno reso il consumatore più attento e consapevole delle possibilità che ha a sua disposizione.
Facciamo un esempio pratico: se un tempo la richiesta “tipica” di un nucleo famigliare qualsiasi era quella di cambiare la caldaia di casa, ora la stessa famiglia può (potrebbe) invece iniziare a pensare di installare una pompa di calore. Uno scenario più che plausibile, sintomo di uno switch importante sulle abitudini di consumo dell’energia e che, di fatto, è ancora solo all’inizio.
Tutto questo ha ovviamente comportato una forte necessità di ristrutturazione da parte delle aziende per riuscire a far fronte alle sempre più numerosi e pressanti richieste del mercato.
In questo contesto la ricerca di figure specialistiche del settore è praticamente esplosa: le aziende hanno bisogno di tecnici preparati dal punto di vista impiantistico, ma con ottime competenze commerciali.
Il passaggio di carriera tipico del settore, però, rende questa ricerca spesso infruttuosa: generalmente, infatti, si inizia il proprio percorso nell’area tecnica per poi, eventualmente, passare al commerciale. Pochissime volte capita invece il contrario. Da qui, quindi, la carenza di profili che mixano competenze di vendita con conoscenza tecnica.
Chi, come me, in tempi non sospetti ha invece fatto il percorso inverso ha compiuto un azzardo che ora viene ripagato: iniziare dal commerciale e, nel frattempo, acquisire delle competenze tecniche consente di non interrompere il proprio percorso di carriera, ma al contrario, innestarci conoscenze che ora come ora sono indispensabili al mercato.
In ottica di crescita professionale è necessario considerare infatti che un bravo manager è, prima di tutto, un bravo tecnico, una persona che ha percezione e padronanza della materia.
Alle molte posizioni aperte in questa direzione dovrebbe corrispondere una ancora più vasta possibilità di formazione specifica. Master e corsi di specializzazione dovrebbero offrire la visione di persone tecnicamente davvero preparate, professionisti che lavorano quotidianamente sul campo in grado di trasmettere know-how e passione.
È vero che ora il tirocinio pre-laurea colma un po’ il gap che esiste tra preparazione accademica e necessità del mercato, ma a mio avviso sarebbe comunque necessaria una formazione universitaria più pratica e meno teorica.
Più che difficoltà, vorrei chiamarle sfide ☺.
La prima è sicuramente relazionale: viviamo in un momento storico dove la carenza di materie prima si riflette a 360° sulla produttività causando, nel caso specifico del nostro settore, ritardi nella consegna di progetti e impianti. Far comprendere al cliente che non si tratta di cattiva volontà, ma di impossibilità “effettiva” a rispettare i tempi è spesso difficile. Diplomazia, empatia e competenze relazionali sono quindi irrinunciabili.
La seconda sfida riguarda l’impossibilità di fare forecasting. Dipendiamo ormai da fattori e meccanismi che esulano dal nostro lavoro e gravitano in un ecosistema decisamente più alto, dalla pandemia alla crisi politica internazionale, da quella energetica alla carenza delle materie prime in primis.
Tutto ciò rende complicato il lavoro quotidiano in questo settore. Tipicamente però, i talenti che entrano in questo mercato sono incentivati da queste sfide, soprattutto considerando che, al netto di queste criticità, l’HVAC è sicuramente uno dei mercati su cui puntare adesso: una previsione che mi sento di fare, infatti, è che la contrazione sia improbabile, se non praticamente impossibile.
Innanzitutto, una buona attitudine al lavoro in situazioni di stress, unita a ottime capacità dialettiche e relazionali. In questo periodo storico è infatti necessario essere in grado di trovare il modo migliore per spiegare situazioni apparentemente ingiustificabili (vedi i problemi sui ritardi di consegna, come si diceva prima), soprattutto quando i propri interlocutori sono inseriti in grandi realtà aziendali e che quindi a loro volta devono far fronte a deadline e richieste interne.
Queste caratteristiche valgono sia per chi lavora sul campo, gli agenti per esempio, sia per chi li gestisce: i primi devono sapere avere a che fare con le lamentale dei clienti finali e i secondi devono saper rassicurare gli agenti, appunto, offrendo loro supporto e consigli pratici su come gestire ottimamente le situazioni di maggior criticità.
Credo che al netto del settore in cui opera e delle sue competenze specifiche (irrinunciabili), il cosiddetto “manager perfetto” si distingua per il suo approccio.
È una persona che ama confrontarsi con calma e con tranquillità, che ascolta e che non impone né il suo punto di vista, né il suo know-how, ma che, invece, punta a creare una situazione di agio che induca alla produttività. È poi anche un manager che riesce a gratificare il suo team, che non dà per scontato che un lavoro debba essere fatto alla perfezione, ma che invece riconosce e premia tutti gli sforzi fatti per arrivare al miglior risultato possibile.
In un settore che cambia velocemente anche i parametri per il recruiting e l'Head Hunting stanno vivendo la rivoluzione.
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