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Onboarding: perché la figura del Buddy è così apprezzata

Scritto da Team Reverse | 15 settembre 2020 10.15.47 Z

Conosciamo tutti quel leggero senso di spaesamento il primo giorno di lavoro in una nuova azienda, ad ogni età e livello di carriera.

Non è facile infatti orientarsi tra le procedure, le regole non dette e i processi di un nuovo posto di lavoro, senza farsi prendere nemmeno un attimo dallo stress. Ecco perché assegnare un compagno di lavoro che possa facilitare l’inserimento aziendale ai nuovi assunti può essere molto vantaggioso per tutte le imprese, soprattutto in un mondo del lavoro in cui aumentare l’engagement e abbassare il turn over è spesso strategico.

Il ruolo di cui parliamo è conosciuto come buddy, ed è una figura che non possiamo più fare a meno di ignorare.

 

  1. Buddy: una figura ormai diffusa
  2. Quali vantaggi porta il buddy in un processo di onboarding?
  3. Buddy in azione: l’esperienza di Reverse e alcuni consigli

 

1. Buddy: una figura ormai diffusa

Letteralmente, il termine inglese buddy significa “compagno”, “amico”. In ambito aziendale il buddy si configura come una sorta di mentor, un agevolatore dell’inserimento dei neoassunti.

Ogni volta che si inserisce un nuovo collega, l’azienda gli assegna un buddy, scegliendolo tra i collaboratori già ben inseriti, possibilmente di età simile ma con ruolo diverso dal nuovo assunto.

Il buddy è una persona verso cui l’azienda nutre fiducia e che viene considerata in grado di trasmettere i valori e la cultura organizzativa. Infatti quello che si chiede al buddy è di agevolare l’ingresso del nuovo collega togliendogli i primi semplici dubbi (a chi rivolgersi per alcune questioni, quali sale riunioni utilizzare, chi copre dati ruoli,...) e allo stesso tempo aiutare l’azienda a trasmettere i propri valori in un modo più genuino rispetto a delle fredde giornate di onboarding in aula con i manager.

La figura del buddy è sempre più diffusa nel panorama aziendale italiano: basti pensare che il 59% delle imprese certificate TOP Employers affida al buddy il processo di onboarding nella sua interezza. Già nel 2016, una ricerca condotta su ben 600 aziende evidenziava che oltre la metà delle organizzazioni già prevedeva  l’assegnamento di un buddy. 

Possiamo sostenere che un ambiente di lavoro supportivo in cui ci siano relazioni collaborative può portare a un impatto significativo sui risultati ottenuti. Un aspetto importante, e che forse non emerge fino in fondo dalle ricerche, è come il buddy possa aiutare a incrementare l’empatia aziendale verso ruoli e compiti diversi. In questo senso, associare persone con mansioni e professionalità distinte si è rivelata una tattica vincente.



2. Quali vantaggi porta il buddy in un processo di onboarding?

I benefici derivanti dall'implementazione della figura del buddy in azienda possono essere valutati secondo due prospettive: quelli per l'organizzazione e quelli per il neoassunto. 

Tra i vantaggi che il buddy porta al successo del piano di onboarding aziendale  troviamo:

  • tempi minori nell’apprendimento della cultura d’impresa e delle pratiche più importanti che coinvolgono le attività del nuovo assunto;
  • aumento della motivazione e della fidelizzazione dei dipendenti; 
  • miglioramento della comunicazione e della fiducia tra colleghi di aree diverse; 
  • garanzia che le domande di routine e le procedure relative alle questioni operative di base siano trattate in tempi brevi.

Invece, per quanto riguarda il nuovo collaboratore a cui è stato assegnato un buddy, gli immediati vantaggi sono: 

  • un’accoglienza amichevole;
  • un’assistenza  informale da parte di un collega che non è un superiore
  • la creazione di un punto di riferimento in azienda sin dai primi giorni; 
  • la diminuzione dei tempi necessari per raggiungere la piena autonomia nella vita aziendale.

Collaboratori da remoto? Ecco alcuni consigli per tenerli ingaggiati:

 

3. Buddy in azione: l’esperienza di Reverse e alcuni consigli

Anche noi, come azienda, abbiamo inserito questa figura di supporto ai nuovi colleghi e la nostra esperienza è stata decisamente positiva, come emerge dal video racconto di Alessandro Motta e Fiammetta Aquila:

 

 

Dalle parole di Silvia Orlandini, People&Culture Manager di R-Everse, emerge come il processo, per quanto semplice, abbia bisogno di un certo  studio e pianificazione perchè abbia successo:

“L’inserimento del ruolo del buddy ha tre obiettivi principali:

  • aiutare la persona che entra nella fase di onboarding: conoscere i colleghi, capire la cultura aziendale, facilitare l’integrazione;
  • creare un canale di confronto su problematiche specifiche del business (per questo associamo persone con ruoli e background diversi);
  • regalare al nuovo collega un amico, un compagno di banco, un punto di riferimento che sarà tale anche a lungo termine e non solo nei primi mesi, grazie all’instaurarsi di una buona relazione.
Per noi si è rivelata un’ottima iniziativa e le relazioni nate finora stanno dando ottimi frutti. Le persone incaricate del ruolo di buddy non stanno avendo problemi a capire come fare, anche se non abbiamo un regolamento specifico per il ruolo del buddy, ma ognuno lo sta interpretando senza problemi”.

 

La relazione tra buddy e neoassunto si sta rivelando un’ottima arma per sostenere la motivazione delle persone in azienda, infatti la relazione che nasce spesso è destinata a durare nel tempo, creando un rapporto solido che può aiutare nei momenti meno facili della vita aziendale.

Alla fine, un buddy è per sempre :-)

 

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