“Un HR Manager non potrà mai essere CEO”. Ma sarà proprio vero?
Partire dalle Risorse Umane e arrivare ai tavoli della più alta dirigenza aziendale non è un percorso semplice, è vero.
Che un HR diventi CEO è raro, lo sappiamo.
Eppure, perché no?
Come vedremo, anzi, un CEO HR (così lo chiameremo) potrebbe apportare un grande valore aggiunto alle organizzazioni.
Grazie alle interviste ad Alessandro Raguseo, CEO di Reverse, e a Silvia Orlandini, Chief People Officer in Reverse, scopriremo quali sfide devono affrontare gli HR Manager per diventare CEO e, al contempo, il valore extra che il loro ruolo può portare in azienda.
Iniziamo immediatamente con una nota positiva: di CEO HR, nelle aziende, ne esistano già, e di grosso calibro. Stiamo parlando per esempio di Mary Barra, CEO di General Motors; di Lisa M. Weber, CEO di Metlife; di Nigel Travis, di Dunkin' Brands Group; di Anne Mulchay, CEO di Xerox; Bernard Fontana, CEO di Areva.
Essere "CEO HR" quindi è stato fino ad oggi piuttosto insolito, sì, ma assolutamente possibile.
Del resto, da un'indagine riportata dall’HBR emerge che gli HR Manager hanno spesso un tipo di leadership in potenza molto simile a quella dei CEO.
Dopo aver analizzato gli approcci di diversi manager aziendali, gli studiosi hanno mappato i loro stili di leadership e hanno riscontrato che quello dell’HR si avvicinava moltissimo a quello adottato dai CEO.
Una scoperta che ha colto di sorpresa e che ha portato a valutare gli HR non solo come figure funzionali, amministrative e di supporto, ma anche come potenziali dirigenti.
A questo si aggiunge poi un altro fattore: in un mercato del lavoro come quello odierno, in cui per le aziende diventa essenziale rendersi attrattive agli occhi dei talenti e, quindi, saperne cogliere le richieste, un HR CEO che conosca bene i driver motivazionali delle persone e sappia come soddisfare le loro esigenze può realmente fare la differenza.
Però, c’è un però.
Se l’attitudine alla leadership degli HR è quella giusta, d’altro canto la sola conoscenza del settore delle Risorse Umane non è sufficiente. Come è facile intuire, il percorso verso una posizione dirigenziale prevede lo sviluppo di conoscenze a tutto tondo sul mondo del business.
Quando l'obiettivo è diventare CEO, la sfida per l’HR è acquisire competenze tecniche e finanziarie adeguate per il ruolo oltre ad armarsi di ambizione e scardinare la comune concezione per cui il responsabile delle Risorse Umane possa occuparsi solo di funzioni di supporto.
Compito arduo, ma non impossibile.
Dunque scendiamo più nel dettaglio. Perché è così raro che gli HR Manager arrivino a essere CEO di un’azienda? Quali sono le maggiori sfide che devono affrontare nella scalata ai vertici delle organizzazioni?
Per rispondere a questa domanda abbiamo interpellato Alessandro Raguseo, CEO di Reverse, in quanto esperto del ruolo di CEO proprio all'interno di un’azienda che si occupa di Risorse Umane.
"Ancora oggi l’HR fatica a essere considerato una vera e propria guida per l’intera azienda, perché è ancora difficile immaginarlo come un profilo con una visione strategica a tutto tondo. Le motivazioni sono molteplici e altrettante sono le sfide da vincere durante il percorso verso i ruoli apicali:
L’HR può quindi diventare CEO? Sì, ma sapendo che è un percorso fatto di costruzione di consapevolezze.
Di certo le migliori possibilità che vedo in questo senso sono nelle aziende di dimensioni contenute, dove il valore umano è ancora uno dei piloni portanti dell’azienda.
Più le dimensioni aumentano e più conoscere alla perfezione le dinamiche umane non basta: è indispensabile affinare conoscenze strategiche e di business molto avanzate.”
A questo punto però è arrivato il momento di porsi la lecita domanda: perchè un HR dovrebbe essere CEO?
Innanzitutto, come accennavamo, viviamo in un mondo in cui le persone sono il centro dell’azienda: come ci piace dire spesso, i candidati sono da considerarsi alla stregua di consumer le cui esigenze vanno indagate, conosciute, soddisfatte per poter vincere nella Talent Acquisition.
E lo stesso vale per le proprie risorse, quelle già inserite in azienda: hanno bisogno di essere viste, formate, gratificate, di trovare un ambiente non solo in cui sentirsi a loro agio, ma soprattutto in cui poter superare le potenzialità che loro stesse pensavano di avere.
L’HR è la persona che meglio conosce le sue risorse, che sa dove puntare per attrarle, per trattenerle, per renderle non solo più gratificate, ma anche di conseguenza più produttive.
E questo si riflette inevitabilmente sul business, con un impatto di una potenza inimmaginabile.
Un CEO HR non solo è possibile e già realtà, ma può essere anche una grande opportunità per le aziende.
Spiega Silvia Orlandini, Chief people Officer in Reverse.
“Ogni scelta che viene compiuta nel business, infatti, non può essere considerata solo a livello numerico: il primo impatto visibile di una decisione strategica è sulle persone, non sul bilancio.
Molto spesso l’HR si trova ad applicare sulle persone azioni pensate sulla scia di decisioni prese dall’alto, dal CEO: sto parlando per esempio di un cambio di ruolo, di un mancato rinnovo del contratto, di spostamenti della persona da un team a un altro…
Ma spesso le strategie di business non tengono conto dei forti risvolti che potranno avere sulle proprie risorse: come reagiranno le persone al cambiamento? Quanto tempo ci metteranno a metabolizzarlo? E ancora, in quanto tempo si vedranno i risultati (positivi o negativi) dei mutamenti fatti?
E’ qui che si inserisce il valore aggiunto che potrebbe apportare un CEO HR all’intera azienda: la forte consapevolezza dell’impatto che il cambiamento ha sulle persone e l’inevitabile visione a lungo termine che ne deriva.
La lungimiranza dell’HR arriva a comprendere gli effetti delle decisioni ancor prima di quanto possano farlo i numeri.
E questo perché conosce le persone che compongono l'organizzazione, sa prevedere come reagiranno a determinate modifiche e con quali tempistiche.
Quindi sono assolutamente convinta che un HR possa aspirare a diventare CEO.
E’ vero che l’HR per guidare un’azienda deve avere una conoscenza dell’organizzazione a 360 gradi.
E’ vero che deve avere e/o sviluppare un forte focus sul business.
E’ vero anche che non può concentrarsi solo sulle persone, ma deve avere una visione strategica molto ampia.
Ecco perché credo che l’HR più forte sia quello che ha un background variegato, anche di stampo economico e finanziario, e se dovessi dare un consiglio ai giovani di oggi che aspirano a fare gli HR sarebbe proprio quello di formarsi nel campo del business prima.
Ma detto ciò, quello che soprattutto dobbiamo avere è il coraggio, o meglio, l’ambizione.
A noi HR spesso manca la consapevolezza che non siamo da meno, che ce la possiamo fare. E’ partendo dalla consapevolezza che si sviluppano poi la caparbietà e la tenacia per arrivare all’obiettivo.
Oggi l’HR siede ai tavoli decisionali, dalla pandemia in poi il suo ruolo sta acquisendo un riconoscimento diverso rispetto al passato, si sta affermando: in tempi di forti criticità è stato l’HR a gestire lo smartworking, a trovare soluzioni per gestire le persone da remoto, per organizzare non solo il loro lavoro, ma anche la loro formazione.
Siamo noi in primis a dover credere nel nostro valore strategico: sfondiamo questo tetto di cristallo psicologico e prendiamo coraggio, questo è il nostro momento per essere competitivi e ambiziosi, per entrare a pieno diritto in gara!”