Dopo aver compreso a fondo cosa vuol dire lavorare in Smart Working, capiamo ora come applicarlo concretamente in progetti aziendali, e quali sono gli errori da non commettere nelle prime delicate fasi di questo processo.
"Da grandi poteri derivano grandi responsabilità" recitava il claim di uno dei fumetti Marvel più amati di tutti i tempi. Questo concetto è più che mai vero quando parliamo di smart working, senza per forza dover usare inglesismi:
a più libertà, flessibilità e autonomia corrispondono infatti più responsabilità nel rispettare le scadenze, più fiducia nei team di lavoro, più “solitudine” e in alcuni casi meno interazione con i colleghi, una diversa capacità di problem solving, il tutto fortemente basato su una perfetta padronanza della tecnologia.
Insomma: lo smart working è un processo complesso che presenta non pochi ostacoli da superare per entrare a completo regime e condurre a risultati soddisfacenti in termini produttivi. E questo sia dal lato del singolo lavoratore, sia dell’impresa che decide di adottare questa innovativa pratica lavorativa.
Daniele Bacchi, co-founder di R-Everse e Reallyzation, racconta:
"Come in tutte le innovazioni, bisogna andare oltre alle difficoltà iniziali derivanti dalle vecchie abitudini e non si può mollare al primo inconveniente. Nella nostra esperienza di azienda “remote working oriented”, abbiamo ad esempio dovuto superare non pochi ostacoli per rendere i meeting virtuali produttivi."
Leggi qui l’intera testimonianza
Quella degli smart worker ha tutta l’aria di essere una piccola rivoluzione: ecco perché è necessario capire le fasi con cui implementare un processo aziendale così diverso dai modelli a cui eravamo abituati a rapportarci.
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Come abbiamo visto, introdurre pratiche di Smart Working in azienda è tutt’altro che semplice: errori causati da inesperienza, disorganizzazione, digital divide tra le varie professionalità che formano l’impresa sono lì dietro l’angolo.
Quali possono essere quindi, schematicamente, le fasi da implementare?
A. Sensibilizza gli amministratori, i dirigenti, il personale e i dipendenti
Il cambiamento delle modalità di lavoro del personale è basato sul cambiamento culturale e comportamentale dell’impresa, a cui non può essere estraneo nessun manager, amministratore o dirigente. Insomma, lo smart working ha bisogno di formazione, sulle pratiche da adottare e sui benefici che ne derivano. E visto che questi non sono mai gratuiti, ha bisogno di investimenti e di persone che credano fortemente nella sua efficacia.
B. Stabilisci le esigenze chiave e i ruoli in cui introdurlo
Qualsiasi azienda sa che alcune attività sono chiave per il business, e di conseguenza le task collegate sono da gestire con estrema precisione, rispetto ad altre task che sono collegate a fasi meno strategiche. Quindi quando implementi progetti di smart working questi aspetti sono da valutare con cura:
È solo incrociando queste tre istanze, tutte di fondamentale importanza, che sarai in grado di produrre la giusta strategia per il tuo processo di smart working.
C. Determina costi e benefici, priorità e obiettivi da raggiungere, e come misurarli
Questa terza fase è forse la più complessa, ma anche la vera essenza dello smart working. Avere consapevolezza di cosa sia il lavoro smart e delle sue conseguenze in azienda non basta, ti serve un piano costi/benefici e uno schema degli obiettivi che si vogliono perseguire. È questa quindi la fase degli interrogativi come:
Seguendo questo filone, sarai in grado di implementare un buon piano d’azione, a cui non devi mai dimenticare di associare i feedback che otterrai dai dipendenti coinvolti in questa rivoluzione organizzativa.
Che cosa è cambiato, motivi di soddisfazione o insoddisfazione, problematiche riscontrate e benefici ottenuti sono la base per passare dalla fase di test a quella di implementazione completa.
Leggi la testimonianza di due smart worker, un team leader e una mamma-sales che sono ormai perfettamente a proprio agio con lo smart working per loro stessi e per i team che coordinano.
Chiaramente, questo processo complesso nasconde molti rischi. Ecco quindi quali sono gli errori più comuni che le aziende compiono quando implementano progetti di smart working e che puoi evitare.
Partiamo dal primo e più grave errore, già emerso in diversi passaggi di questo articolo:
1. lo smart working non può e non deve essere un obiettivo del solo Responsabile HR ma un progetto di cambiamento organizzativo che impatta trasversalmente su più dimensioni (persone, tecnologie e spazi) e condiviso da più professionalità.2. Il 2° motivo che può portare al fallimento è, come già accennato, la tecnologia. Le sole mail di posta non possono bastare: per portare avanti progetti di smart working servono strumenti tecnologici moderni costantemente aggiornati. Devi quindi porti alcune fondamentali domande come:
Una buona risposta a tutti questi quesiti potrebbe dimezzare il rischio di fallimento.
3. Il 3° grande errore, infine, è non procedere per step. È inutile, ad esempio, partire subito con il lavoro da remoto senza aver costruito relazioni di fiducia tra colleghi, aver abituato i team di lavoro e i dipendenti a lavorare per obiettivi e risultati, aver appreso come utilizzare al meglio le tecnologie digitali.
Se cerchi una lettura completa e pratica sullo smart working ti consigliamo “Remote: Office Not Required” di Jason Fried e David Heinemeier Hansson.
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