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Automotive: le sfide della transizione elettrica

Scritto da Team Reverse | 27 giugno 2024 9.18.12 Z

Siamo stati all'Automotive Business Summit, l’evento di settore organizzato da Il Sole 24 Ore, e ti riportiamo tutti gli highlights più interessanti per te che operi nel settore. 

Inziamo subito dicendoti che c’è una notizia buona e una “cattiva”. 

Cominciamo, come si usa, da quella “cattiva” ( che poi così negativa non è). 

L’industria dell’auto italiana ed europea si trova oggi in un guado principalmente per due ragioni: 

  • da un lato gli obiettivi europei. Entro il 2035 non dovranno più circolare auto a combustibile fossile, ma solo auto elettriche. E non manca molto per arrivare all’anno chiave stabilito dall’UE. 
  • Dall’altro lato sta arrivando la Cina, che può riversare sul mercato europeo e italiano auto elettriche con prezzi straordinariamente competitivi. 

E ora passiamo alla buona notizia, anzi alle due buone notizie: 

  • le imprese si stanno attrezzando per produrre interamente in Italia veicoli elettrici sia per i privati che per le flotte aziendali e per la realizzazione di reti energetiche efficienti. Questo apre una bellissima sfida: la richiesta di nuove competenze e nuovi ruoli nel settore. 
  • Il prestigio dei brand dell’Automotive italiani è in grado di difenderci dalla competizione orientale. Certo bisogna attrezzarsi per rimanere competitivi anche sul mercato dell’elettrico. 

Uno scenario che apre nuove opportunità per le aziende, nuove competenze da acquisire, nuovi profili e collaborazioni da cercare. 

Analizziamo quindi, passo per passo, i risvolti della situazione.

 

  1. Premessa: transizione energetica e competizione cinese 
  2. Sostenibilità ambientale e sociale come leva competitiva 
  3. Il mercato italiano: in che direzione andiamo? I profili dell’Automotive del futuro
  4. Focus sull'Aftermarket: le professioni richieste
  5. Conclusioni

 

1. Premessa: transizione energetica e competizione cinese 

Come anticipato, ad oggi sappiamo che l’obiettivo dell’UE è quello di raggiungere la completa elettrificazione del parco auto entro il 2035. 

Bisogna puntare sui prodotti elettrici e la Cina ha subito cavalcando l’onda, diventando non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa, un forte competitor. 

Qual è stato il reale vantaggio competitivo dei cinesi?

Capire che la transizione elettrica è un passaggio complesso, che richiede tempo e diversi step: la Cina ha prima sviluppato la tecnologia dell’elettrico, poi la capacità produttiva, infine il network di partnership. Oggi il prodotto cinese ha un livello di tecnologia e un design molto avanzati e un grande vantaggio di costo. Basti pensare che secondo un’indagine riportata da Dario Duse, EMEA co-leader dell’Automotive & Industrial team e Country Leader Italia AlixPartners, quest’anno il 60-70% in media degli europei dichiara di poter prendere in considerazione l’acquisto di un’auto elettrica cinese se ha un vantaggio di costo superiore al 20%. 

Quindi, cosa fare?

Innanzitutto puntare sulla fiducia nei consolidati brand italiani dell’Automotive. L’Italia vanta infatti un’eccellenza nel settore e brand di alta gamma, come ha sottolineato al summit Fabio Tamburini, Direttore Il Sole 24 Ore. 

La fiducia nel brand da parte dei consumatori è infatti un elemento chiave e ci vorrà tempo per conquistarla da parte dei nuovi marchi cinesi. 

Senza contare il tema della distribuzione e dell’assistenza: su questi due aspetti siamo molto forti in Europa e quindi è un’altra leva su cui i costruttori cinesi dovranno lavorare duramente. 

Brand, distribuzione e assistenza sono quindi le armi di difesa, ma non possono essere le uniche: bisognerà lavorare sullo sviluppo sempre più consistente dei veicoli elettrici di marchio italiano e sull’abbattimento dei costi, sia di produzione che di vendita. 

A questo si aggiunge il tema della transizione elettrica, da raggiungere, come abbiamo detto, entro il 2035. 

Le imprese si stanno attrezzando per produrre interamente in Italia veicoli elettrici, sia per i privati, sia per le flotte di auto aziendali, che hanno un forte impatto sull’ambiente. E, quando si parla di elettrificazione, bisogna considerare la realizzazione non solo dei veicoli, ma anche di tutte le reti energetiche per ricaricarli, che devono essere il più efficienti e rapide possibili per garantire un’esperienza ottimale all’utente.

Intanto, le città iniziano a diventare Smart, muovendosi per elettrificare tutti i trasporti pubblici e per implementare soluzioni di car sharing.

Fatta questa doverosa panoramica di mercato, andiamo a vedere i trend futuri del settore e le nuove figure necessarie per cavalcare questa trasformazione. 

 

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2. Sostenibilità ambientale e sociale come leva competitiva

 

Apriamo il paragrafo elencando i trend dell’Automotive del futuro secondo Andrea Casaluci, CEO di Pirelli. 

1) Crescita del segmento di alta e altissima gamma: continuerà a crescere più velocemente rispetto al resto del mercato. 

2) Il percorso verso l’elettrificazione del parco circolante: si prevede che nel 2030 la registrazione di auto premium e prestige con motori elettrici arriverà al 30%;

3) Sostenibilità: case auto e consumatori chiedono un prodotto che sia green, sostenibile; 

4) Tecnologia e connettività: si va verso un parco auto sempre più tecnologico, che facilita la guida autonoma e l'infotainment, ossia sistemi integrati nelle automobili che offrono una vasta gamma di funzionalità, tra cui intrattenimento, comunicazione e informazioni utili per il conducente e i passeggeri della vettura.

4 trend che hanno 2 denominatori in comune: la transizione digitale dei processi e dei prodotti e la trasformazione sostenibile. 

Soffermiamoci su quest'ultima. 

La sostenibilità diventa oggi un enorme fattore competitivo perché  i consumatori di tutto il mondo chiedono a gran voce prodotti sostenibili.

E attenzione: non è solo il prodotto finale a dover essere sostenibile.  

Andrea Casaluci sottolinea quanto sia importante che la transizione sia un percorso graduale, volto a raggiungere una sostenibilità a 360 gradi non solo del prodotto ma anche della filiera destinata a produrlo e a trasportarlo. 

Le aziende e il governo devono trovare quindi un punto di incontro: da un lato le normative dovranno adeguarsi ai tempi necessari per compiere questa graduale e completa transizione, dall’altro le aziende dovranno a loro volta accelerare tempi e processi. 

Una sfida di questo tipo nasconde dietro di sé per le aziende e per chi sta ai tavoli decisionali, tra cui l'HR Manager, enormi opportunità: bisognerà capire che la transizione porta capacità di innovare, di essere i primi a leggere le tendenze e a raggiungere la sostenibilità. I produttori e fornitori hanno l’opportunità di rafforzare il loro vantaggio competitivo in questo senso. 

A farsi promotrici di questa rinnovata sostenibilità del settore, devono innanzitutto essere le grandi realtà dell’Automotive, come le aziende che operano nel Luxury. 

Sono loro infatti ad avere i mezzi e gli strumenti per poter guidare la trasformazione sostenibile. 

Adottando pratiche sostenibili che influenzino positivamente l'intera industry, i brand più grandi e affermati possono spianare la strada alle aziende più piccole, perché seguano il loro esempio.

Ma attenzione, quando parliamo di sostenibilità a 360 gradi, non ci limitiamo solo alla sfera ambientale. Deve riguardare non solo i prodotti e i processi, ma anche le persone.

Raffaele Fusilli, Amministratore Delegato Renault Italia, afferma che la sostenibilità deve essere anche economica e sociale. 

In Italia, l'occupazione femminile è solo al 52% e il paese è all'80esimo posto per gender gap su 150 nazioni, secondo uno studio del World Trade Center da lui citato durante il summit.

È essenziale che le aziende promuovano l'inclusione e il rispetto per le donne, equiparando le retribuzioni e valorizzando la ricchezza che le figure femminili possono portare in azienda, senza timore di discriminazione retributiva: è quanto è stato fatto in Renault. 

Ecco quindi che tu HR ricopri un ruolo centrale in questa evoluzione. Se raggiungere una sostenibilità a 360 gradi diventerà l’obiettivo principale per le aziende di questo settore, la tua presenza ai tavoli decisionali sarà necessaria per: 

  • guidare il cambiamento culturale necessario e assicurarsi che ogni livello dell'organizzazione comprenda la necessità di adottare pratiche sostenibili e di quanto esse saranno un vero vantaggio competitivo per il business; 
  • mettere in piedi pratiche che vadano nella direzione dell'inclusione e sostenibilità sociale.  Appianare il Gender Pay Gap, come nel caso virtuoso di Renault, sarà indispensabile per rendere attrattivo per le donne un settore che ancora troppo spesso viene associato e reso ospitale solo per le figure maschili. In un mondo che, come vedremo anche nel prossimo paragrafo, è alla ricerca di nuove competenze perché è in piena evoluzione, portare a bordo e saper valorizzare anche le competenze femminili sarà una grande fonte di ricchezza. 

 

3. Il mercato italiano: in che direzione andiamo? I profili dell’Automotive del futuro

Sostenibilità, elettrificazione, transizione energetica.

Sono le tre parole che domineranno il futuro dell'Automotive. 

E questo apre lo spazio alla necessità di nuovi profili all’interno delle aziende.

Michela Longo, Professore associato Dipartimento di Energia - Sezione Elettrica del Politecnico di Milano, dichiara che c’è la necessità di riadattare le professioni, e per farlo le imprese possono collaborare con il mondo accademico. 

Se Italia ed Europa vogliono innovare è necessario che aziende e accademie lavorino in sinergia, per studiare come elettrificare i veicoli sia privati che pubblici e mettere a terra soluzioni concrete. 

A questo proposito il  Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile crea una forte connessione tra imprese e centri di ricerca: offre la possibilità di portare all’interno delle aziende ricercatori e università da tutto il mondo. Si crea quindi una visione di insieme a 360 gradi e internazionale, seguendo un principio: quando si mettono insieme imprese, università e accademie si accelerano i meccanismi. 

Proprio al fine di creare figure che abbiano una visione ingegneristica e sostenibile a 360 gradi è nato al Politecnico di Milano il corso di laurea magistrale in Mobility Management.

Il laureato in Mobility Engineering è un esperto completo della mobilità: è in grado di gestire vari aspetti della mobilità, iniziando dalle infrastrutture terrestri (stradali e ferroviarie) e dai sistemi normativi e di sicurezza, fino alla fornitura di servizi di mobilità e all'analisi delle future innovazioni nel settore. 

È una laurea attiva ormai da 5 anni che forma una nuova figura: l'ingegnere di sistema della mobilità, in grado di capire una serie di aspetti che bisogna affrontare per elettrificare non solo i veicoli privati, ma anche le nostre città. 

Ma c'è anche un'altra figura su cui puntare nel futuro.

Se pensiamo alla parola “elettrificazione”, in molti di noi probabilmente si aprono dubbi e timori: le infrastrutture di ricarica per le auto elettriche saranno sufficienti e ben distribuite sul territorio? Se si acquista una flotta di auto aziendali elettriche, i dipendenti saranno autonomi nella ricarica mentre sono in giro per lavoro? I costi di acquisto e poi ricarica e manutenzione saranno proporzionati al beneficio?

Domande assolutamente legittime. 

Ed è qui che si inserisce la necessità di un’altra nuova figura all’interno delle aziende. O meglio di una figura che già esiste, ma che deve affinare le sue competenze: il consulente, che sappia rassicurare aziende e privati e consigliare loro le soluzioni più giuste.

Antonio Stanisci, Commercial Director Ayvens Italia, al summit ha riportato una survey che hanno condotto quest’anno sui loro clienti: è emerso che la percentuale di clienti che si dice pronta a passare a una flotta aziendale elettrica è in diminuzione rispetto ai due anni precedenti. 

Questo denota ancora una certa incertezza da parte dei consumatori rispetto alla tematica. Come si giustifica? Probabilmente le prime esperienze fatte dalle aziende con i veicoli elettrici hanno portato le imprese a ragionare su quei quesiti di cui accennavamo sopra: il rapporto tra costo e beneficio e il tema della ricarica delle auto. 

È qui che entra in gioco la figura del consulente: bisogna formare i giusti consulenti, che sappiano capire per chi e per quali aziende sia giusto introdurre soluzioni elettriche e in quali modalità: in questo modo il mercato dell’elettrico potrà davvero avere una chance e far capire le sue potenzialità. Il rovescio della medaglia potrebbe essere altrimenti che le aziende e i privati si spaventino di fronte a soluzioni nuove e ancora ignote, e rinuncino in partenza ad adottarle.  

L’HR in questo ha un ruolo fondamentale:

  • è suo l’obiettivo di trovare e formare questi nuovi profili di cui le imprese dell’automotive hanno bisogno per portare avanti il mercato dell’elettrico. 
  • Così come è suo il compito di ricercare le collaborazioni con il mondo accademico per lavorare, in sinergia, verso l’obiettivo della transizione energetica. 

Infine, sia apre anche un altro scenario per il mondo dell’Automotive del futuro. Lo introduciamo attraverso le parole di Federico Visentin, Presidente Federmeccanica

“Per renderci competitivi sul mercato dobbiamo lavorare sui vantaggi competitivi delle imprese. Dobbiamo puntare sulla nostra creatività e sviluppare potenti strumenti tecnologici, guidando questi processi. Anche la componentistica delle auto italiane è importante che sia prodotta in Italia”. 

Saranno necessari profili che sappiano quindi guidare questa trasformazione tecnologica, e che producano la componentistica dei veicoli, oggi solitamente affidata all’estero, in Italia. 

In pratica, se vogliamo renderci competitivi in un mercato “minacciato” dalla Cina, e non solo, dobbiamo rafforzare la manodopera, producendo in Italia tutte le componenti dei veicoli e i sistemi elettrici. 

Il summit ci offre uno fortissimo spunto in questo senso: teniamoci pronti alla possibile apertura di nuove aree di mercato e di nuove figure da cercare per portare avanti la transizione elettrica. 

 

4. Focus sull'Aftermarket: le professioni richieste 

Concludiamo il nostro affondo nel mondo dell’Automotive con un focus sul settore dell’Aftermarket. 

Dopo la vendita dei veicoli esiste infatti una lunga filiera, quella dell’Aftermarket, che coinvolge tutte le tappe di produzione, distribuzione e vendita dei ricambi delle auto. 

In Italia l'Aftermarket produce ogni anno circa un 28 miliardi di euro di valore aggiunto e in questo settore lavorano 398 mila occupati, l’1,4% degli occupati in Italia. 

Quasi il 70% di questo valore aggiunto si produce tra Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte. 

Ma è un settore che potrebbe sprigionare ancora moltissime potenzialità. Tra i maggiori problemi per la crescita attuale ci sono: 

  1. Concorrenza dei mercati asiatici
  2. Limiti delle dimensioni aziendali e necessità di riqualificare le competenze. 

Anche le aziende dell’Aftermarket chiedono di poter internalizzare la produzione della componentistica per combattere la concorrenza dei mercati esteri.

Ma questo porta davanti a una questione: uno shortage di capacità del personale. 

Ad oggi le professioni più richieste in questo settore sono operai e ingegneri, ma per oltre la metà di queste figure le imprese hanno difficoltà di reperimento. 

Il problema consiste in un mismatch tra le competenze che cercano le aziende e quelle che offre il mercato del lavoro odierno. 

E questo mismatch ha un costo per l’Italia: Marco Pini, Senior Economist Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne” ha sottolineato come, secondo le stime dell'OCSE, se riuscissimo a ridurre il mismatch al minimo avrebbe un impatto sulla produttività di 10 punti percentuali.

Queste stime ci danno uno spunto: è necessaria, anche qui, una sinergia tra imprese e mondo accademico per individuare quali skill formare nei nuovi talenti, perché si possa aggiornare e ampliare il settore dell’Aftermarket e dell’Automotive in generale. 

Tanto più che, come dimostrano i dati del Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne” , questo settore gode di ottima salute ed è destinato a crescere. Il 41% delle imprese italiane prevedono che il fatturato nel 2024 crescerà. 

 

5. Conclusioni

Abbiamo aperto l'articolo dicendo che avevamo una notizia "buona" e una "cattiva", che in fondo poi così cattiva non era.  

Alla fine di questo excursus possiamo confermarlo: il "guado" in cui si trova il settore dell'Automotive è solo una fonte di grandissime opportunità di evoluzione per questa Industry, che apre collaborazioni tra imprese e mondo della ricerca, nuove opportunità lavorative, nuove possibilità di ampliamento del mercato. 

Il tutto verso un obiettivo comune: la transizione energetica e la sostenibilità a 360 gradi delle nostre aziende. 

Una sfida che, ci sentiamo di dire, porta numerosissime opportunità e campi di azione per l'HR Manager che voglia traghettare il settore verso il futuro. 

 

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