L’assenza di corrispondenza culturale tra azienda e persone che vi lavorano costa mediamente alle organizzazioni il 60% del salario annuale dei dipendenti che decidono di lasciare il proprio posto per cercarne un altro che gli si addica di più.
Va da sé, quindi, che assumere considerando l’aderenza valoriale e culturale del candidato all’azienda nella quale dovrà fare il suo ingresso è un punto chiave di una buona strategia di recruiting, che tenga soprattutto conto dei risultati sul lungo periodo.
Se così sulla carta appare tutto semplice, quasi banale, nella realtà spesso non si tiene conto che perché ciò accada, ossia perché in pratica si sia in grado di trovare prima e scegliere poi persone che possano condividere la visione dell’azienda, è necessario che l’organizzazione abbia effettivamente interiorizzato e articolato quella che viene definita cultura aziendale e che altro non è se non l’insieme di valori, obiettivi e prassi che determinano l’identità di un’azienda, appunto.
Vediamo quindi come settare prima questo bagaglio culturale affinché diventi, poi, la bussola in grado di guidare i processi di ricerca e di assunzione delle persone che entreranno in organico.
Siamo in presenza del cosiddetto Cultural Fit quando le persone si ritrovano o comunque hanno piacere e modo di adattarsi ai valori, ai comportamenti e agli atteggiamenti che sono il cuore pulsante dell’azienda.
Già nel 2005, un report dimostrava quanto l’aderenza culturale e valoriale fosse uno dei motori per una maggiore soddisfazione individuale e quindi garanzia di una miglior performance professionale. Dati confermati anche da una survey del 2019 condotta da Glassdor, dalla quale emergeva che il 77% dei partecipanti riteneva indispensabile prendere in considerazione i valori condivisi da un’organizzazione prima ancora di mandare la propria candidatura e che il 73% affermava di non voler entrare in aziende incapaci di riflettere il proprio background culturale e valoriale.
La stessa Edelman, nell’Edelman Barometer 2022, conferma che oggi il 57% dei lavoratori italiani si basa sui propri valori e le proprie convinzioni per scegliere il posto di lavoro.
Queste evidenze, tra le altre cose, suggeriscono che i candidati sono in grado di fare un’autoanalisi della propria eventuale aderenza culturale prima ancora che questa verifica venga fatta dall’azienda stessa. È un po’ come dire che un certo livello di selezione naturale è considerabile.
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Partiamo quindi dal primo, indispensabile, passo: per assumere secondo Cultural Fit, bisogna prima definire nel profondo la propria cultura aziendale e poi diffonderla e comunicarla alle proprie risorse.
Non è un’attività una tantum, ma è invece un processo in itinere. Definire la propria cultura aziendale non si esaurisce in una riunione di brainstorming e di condivisione delle priorità, ma coinvolge tutta la gerarchia aziendale, in un percorso di consapevolezza davvero importante.
Spesso per arrivare a un risultato che sia soddisfacente e che soprattutto tenga conto tanto delle esigenze interne, quanto di quel che succede “fuori”, le aziende ricorrono alla consulenza di un professionista esterno, che ha le adeguate competenze per un’analisi approfondita di quel che un’azienda è, in ottica di quel che potrebbe (dover) diventare.
Ci sono ovviamente una serie di accorgimenti e di attività per creare una cultura aziendale da condividere poi con le persone che lavorano in azienda e da promuovere presso chi vi entrerà successivamente. Non esiste una formula magica, non c’è neanche una ricetta segreta, oppure – se ci sono – stanno ognuna nelle mani delle diverse organizzazioni che miscelano gli ingredienti nelle quantità che a loro sono più congeniali.
Di seguito vediamo quindi tre punti chiave che possono sembrare ovvi ma che invece sono spesso trascurati e che invece costituiscono le fondamenta della costruzione di un universo valoriale aziendale solido:
Stabilito in cosa consiste la propria cultura aziendale, passiamo quindi allo step successivo.
Il passo seguente è fare in modo che chi si occupa del recruiting sappia riconoscere nei candidati e nei potenziali talenti quelle caratteristiche che fittano con la cultura organizzativa stessa, appunto.
Sgombriamo però il tavolo da possibili misunderstanding: assumere per Cultural Fit non significa cercare e integrare in azienda solo persone che sembrano l’una la copia dell’altra, anzi. Il Cultural Fit così inteso andrebbe contro il concetto di inclusione delle diversità, che invece è proprio ciò che rende l’assumere per aderenza culturale un approccio assolutamente contemporaneo ed equo (come vedremo più avanti).
Valori e atteggiamenti possono essere infatti interpretati diversamente da persone che lavorano in ambiti diversi o ancora, da persone che hanno le stesse responsabilità ma che le affrontano utilizzando strumenti, punti di vista e approcci differenti.
Sarà di conseguenza necessario impostare una strategia di recruiting e di assunzione che sia innanzitutto particolarmente consapevole di quali sono le caratteristiche di chi sta assumendo (l’azienda quindi) e, successivamente, capace di verificare che queste specificità siano ben accolte e condivise dai candidati e quindi dai futuri dipendenti dell’organizzazione.
Non va inoltre dimenticato che il Cultural Fit gioca un ruolo di primo piano nella employee retention. Le persone che si ritrovano armonicamente immerse in un’organizzazione della quale condividono visioni e valori tendono a essere più stabili e a voler rimanere, più che cercare altre opportunità.
Quelli che seguono sono cinque suggerimenti – che non pretendono di essere esaustivi – per impostare un processo di recruiting e assunzione che consideri anche l’aderenza culturale del candidato:
1. Definire la propria cultura aziendale
Repetita iuvant: non si può assumere per Cultural Fit se prima non si è ben definita la propria cultura aziendale. Un trucchetto che usano spesso i consulenti per capire qual è il livello di consapevolezza dell’azienda in questi termini è chiedere quali sono i comportamenti chiave che determinano il successo della loro stessa organizzazione. Questa lista viene poi facilmente – o meno – tradotta nelle attività quotidiane necessarie affinché il business funzioni a dovere.
2. Trasmettere i temi portanti della propria cultura aziendale nei contenuti utilizzati per il recruiting e destinati ai candidati
La cultura aziendale, oltre a essere ben definita internamente, ha necessità di essere condivisa anche all’esterno, soprattutto con chi – potenzialmente – potrebbe essere interessato a far parte dell’organizzazione.
Per questo motivo tutto il materiale di comunicazione – e soprattutto quello destinato ai candidati e futuri nuovi talenti dell’azienda – dovrebbe trasmettere chiaramente i valori e i messaggi chiave utili a trasmettere il “mood” della propria cultura organizzativa.
Nello stesso modo anche gli annunci di lavoro dovrebbero includere non solo i requisiti minimi in termini di competenze, ma anche indicazioni su quelle caratteristiche che rendono un candidato davvero in linea con la cultura aziendale.
3. Formare le persone dedicate al recruiting su come presentare la cultura aziendale ai candidati
Una corretta comprensione e interpretazione della cultura e dei valori aziendali è indispensabile soprattutto per chi si occupa di recruiting e assunzioni. Non basta infatti chiedere ai candidati se si sentono in linea con l’universo valoriale dell’organizzazione: la risposta potrebbe essere fuorviante o non del tutto veritiera, non per cattiva volontà ma magari per mancata consapevolezza.
Per questo motivo è necessario che chi si occupa di selezione sia adeguatamente preparato a discutere in modo onesto ed efficace degli aspetti organizzativi più prettamente culturali: l’azienda deve effettivamente presentarsi per quello che è (molto spesso le modalità di narrazione particolarmente “glamour” tendono a gettare fumo negli occhi dei candidati e quindi a tradursi in boomerang per l’organizzazione stessa) e il candidato deve essere in grado di cogliere quegli aspetti che facilmente può mettere nel “suo sistema” per valutare un’effettiva aderenza con il proprio background valoriale.
4. Immergere i candidati nel mood aziendale in fase di selezione
Un’altra scuola di pensiero (e di azione) ritiene che possa essere efficace mettere a confronto candidato e cultura aziendale in tempo reale, facendogli conoscere l’azienda e/o il team con cui collaborerà già durante la fase di selezione: un approccio empirico che cerca di avvicinare persone e organizzazione facendo capire alle prime che aria si respira e quali sono i meccanismi – soprattutto relazionali – di massima.
5. Includere i fattori di diversity&inclusion nel proprio processo di assunzione
Quando si assume per Cultural Fit è assolutamente necessario considerare anche i fattori di diversity, equità e inclusione. Creare infatti una cultura aziendale che promuove diversità e inclusione sin dall’interno dei propri uffici, apporta benefici tanto all’organizzazione quanto alle singole persone che vi lavorano.
Per questo motivo quando assumere per Cultural Fit si traduce – erroneamente – nel ricercare persone molto simili tra di loro, il rischio è quello di una mancata garanzia di un luogo di lavoro eterogeneo e quindi poco creativo e produttivo.
Quel che abbiamo cercato di mettere in fila in questo articolo ci dimostra quanto il titolo che abbiamo scelto sia perfettamente azzeccato: assumere per Cultural Fit è più facile a dirsi che a farsi. E altrettanto spesso questo è vero quando l’azienda non ha una solida cultura aziendale che la sostiene così come un universo valoriale di riferimento confuso.
Stabilita la propria cultura organizzativa, conditio sine qua non perché si parli di Cultural Fit, procedere con le assunzioni considerando l’aderenza culturale dei candidati:
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