Il Cubo di Rubik: un rompicapo che i profili tech adorano. E in fondo, se ci pensi, ingaggiare questi talenti oggi è proprio così: un continuo girare facce e colori senza trovare la mossa giusta per completare il gioco.
Ecco, oggi ti diamo le chiavi per vincere finalmente il rompicapo.
E a farlo sarà la nostra Industry Leader Elettra Paladini, specializzata da anni nella ricerca di profili tech: in questo articolo condividerà con noi le sue best practice testate per assumere tutti i profili tecnici, concentrandosi in particolare sui profili IT.
Già nel lontano 2018 (sì, in un mondo digitale così in fermento il 2018 sembra già molto distante), il CEO di Reverse Daniele Bacchi aveva condiviso con noi le strategie per assumere profili dell’Information Technology.
Oggi, a distanza di 6 anni, quelle strategie si sono evolute perché il mondo si è completamente rivoluzionato: siamo passati da un buyer’s market in cui le aziende sceglievano i propri profili, a un seller’s market in cui i candidati scelgono la loro azienda.
Dal nostro osservatorio possiamo dire con sicurezza due cose: la prima è che la difficoltà di ingaggiare questi profili esiste; la seconda è che è assolutamente possibile assumerli con successo, per tutte le aziende, anche quelle più piccole e all’apparenza meno attrattive perché meno tecnologiche di altre. Oggi, nel mondo della digitalizzazione, c’è davvero spazio per tutti!
Esploriamo la situazione odierna punto per punto e individuiamo tutte le best practice utili per ottimizzare, nel concreto, il recruiting di queste figure.
Buona lettura!
4.1 Individuare i driver motivazionali
4.2 Job description, mail di primo contatto, landing page
4.4 L'hard skill test è ancora valido?
4.5 Case history: il candidato SAP Consultant
4.6 Le tempistiche dell'iter di selezione
5. Per concludere: alcuni consigli di lettura
Comincio con un dato di fatto: oggi sono sempre di più le aziende con cui parlo che si trovano nel pieno della loro digital transformation e che scelgono di internalizzare questo processo, creando un team IT interno.
Se infatti già nel 2018 la ricerca di profili IT stava diventando ormai trasversale a tutti i settori, oggi questa tendenza si è fatta certezza.
È vero, alcune realtà continuano a esternalizzare completamente i loro progetti digitali, ma la maggior parte preferisce invece mantenere il controllo diretto, affidando solo alcune parti del processo a fornitori esterni. Questo approccio permette loro di creare team tech interni capaci di sostenere e gestire la trasformazione digitale in modo integrato e allineato con la cultura aziendale.
Le scelte che si aprono quando si assumono profili dell’Information Technology sono principalmente tre:
Questa terza via ibrida è quella che generalmente viene usata più di frequente, perché i primi due modelli comportano dei rischi: esternalizzando completamente i progetti si rischia di incappare in fornitori poco efficienti; internalizzando tutto si può incorrere nell’obsolescenza delle conoscenze dei propri dipendenti IT. In questo caso però fornire formazione costante è la chiave risolutiva (ne parliamo più avanti).
Ora, se consideriamo che la digitalizzazione è un fenomeno non certo solo italiano, non certo solo europeo, ma assolutamente mondiale, capiamo quanto sia diventato competitivo il mercato del lavoro per la ricerca di questi profili.
Se fino a qualche anno fa la minaccia risiedeva soprattutto nelle start-up, che risultavano molto appetibili per i profili IT perché erano nuove realtà più evolute tecnologicamente rispetto alle imprese ancora ancorate a progetti tradizionali, oggi la competizione risiede ovunque.
Le aziende con asset tecnologici ormai evoluti sono in tutto il mondo: anche le grandi imprese si trovano oggi nel pieno di un grosso processo di trasformazione digitale e spesso sono diventate proprio loro le più appetibili. Dal nostro osservatorio quotidiano, infatti, notiamo che per la maggior parte degli IT è molto più stimolante entrare in un’azienda che sta cambiando pelle piuttosto che in un’azienda che questo passaggio l’ha già fatto.
A questo si aggiunge la possibilità di lavorare da remoto, un fattore che amplia su scala globale la competizione per accaparrarsi questi talenti. Il mercato è sempre più dominato infatti dalla presenza di aziende competitor internazionali.
Ma scendiamo ancora più nel dettaglio: voglio condividere con te alcuni dati per fotografare la situazione odierna.
È innegabile che il mondo del lavoro sia ormai dominato non solo dal digitale, ma anche dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale. E questo si ripercuote inevitabilmente anche sul cambiamento del mercato.
Come riportato dall’ Osservatorio del Politecnico di Milano , oggi le aziende, a livello mondiale, stanno iniziando ad assumere personale con competenze legate all’AI. I dati dell’Osservatorio ci dicono che la quota di annunci di lavoro (in inglese) a livello globale in cui si citano GPT o ChatGPT è aumentata di 21 volte dal novembre 2022 all’agosto 2023, quando OpenAI ha messo a disposizione di tutti il suo chatbot di Intelligenza Artificiale Chat GPT3.
In Italia, sempre secondo i dati dell’Osservatorio, nel 2023 la percentuale di aziende che ricercavano profili tech con competenze in questi ambiti era pari al 43%, mentre oggi, nel 2024, è salita al 54%.
Ora, c’è un fatto interessante da notare: tra il 2023 e il 2024 non è aumentata tanto la percentuale di coloro che cercano questi profili sul mercato esterno (da un 28% nel 2023 si è passati a un 27% nel 2024) , quanto invece quella delle organizzazioni che sviluppano internamente queste competenze. Come si può vedere nel grafico seguente, le aziende che formano internamente le competenze di AI e Machine Learning sono infatti passate da un 13% nel 2023 a un 20% nel 2024.
Fonte Osservatori Digital Innovation - Politecnico di Milano (www.osservatori.net)
Questo è il segnale di quanto sia complesso trovare e attrarre queste figure. In generale, tutta l’area IT & Data Management è quella in cui le organizzazioni hanno maggiore difficoltà a reperire nuovo personale, data l’alta richiesta e la scarsità di profili presenti sul mercato.
Per molte organizzazioni - soprattutto quelle che non riescono a competere nella guerra al rialzo dei salari per attrarre queste professionalità - l’unica scelta percorribile è la formazione interna, cercando di valorizzare appieno il potenziale delle persone già inserite.
Sempre secondo quanto riportato dall’Osservatorio del PoliMI, stiamo vivendo un significativo Talent Shortage, in particolare proprio nel settore ICT.
Tra il 2022 e il 2026, si stima che saranno necessari tra i 4,1 e i 4,6 milioni di nuovi specialisti, soprattutto in ambito tecnologico. Si prevede che le maggiori difficoltà riguarderanno professioni chiave per il progresso dell'innovazione tecnologica e della transizione digitale: tecnici ICT, ingegneri informatici, esperti di Big Data & Analytics, AI e CyberSecurity & Data Protection. Per queste figure si può ipotizzare che – se non aumenterà l’offerta – cresceranno le criticità nel loro reperimento sul mercato del lavoro e si verificherà quindi un critical mismatch.
Dati degni di attenzione emergono anche dal settore dell'istruzione: secondo quanto rilevato dall'Osservatorio sulla base dei dati ISTAT, la percentuale di laureati nella fascia 30-34 anni è significativamente inferiore alla media dell'UE (27% rispetto al 42%). Inoltre, la quota di iscritti ai corsi ICT in rapporto alla popolazione risulta la più bassa tra i paesi europei.
Il problema quindi sembra destinato ad accentuarsi e le aziende saranno inevitabilmente chiamate a mettere in atto strategie sempre più efficaci per rendersi attrattive agli occhi di questi profili.
Dobbiamo quindi fare i conti con la realtà dei fatti: oggi viviamo in un seller’s market in cui il gioco di forza tra candidati e aziende si è ribaltato e la frase “le faremo sapere” è pronunciata sempre di più dai candidati che dalle imprese.
Daniele Bacchi, CEO di Reverse, racconta perfettamente questa tematica all'interno del suo romanzo "C'era una volta la ricerca e selezione", che consiglio sempre con grande piacere: attraverso la storia dell'HR Manager Teresa viviamo insieme a lei gioie e dolori di un HR alle prese con il seller's market (e, guarda caso, proprio con la ricerca di profili IT).
I candidati oggi, con molteplici offerte tra le mani, possono scegliere liberamente in quale azienda entrare. E questo vale ancora di più per i profili IT e ICT. Pensiamoci: tutte le imprese, in tutto il mondo, si stanno digitalizzando. E chi può sia guidare che realizzare nel concreto questa operazione sono i profili dell’Information Technology.
In più questi profili non hanno bisogno di lavorare in presenza, non devono usare macchinari o strumenti che si trovano fisicamente in azienda. Possono semplicemente accendere un computer e ritrovarsi a lavorare ogni giorno dall’Italia per un’azienda in Germania, per esempio.
La richiesta di questi profili non conosce barriere, è agguerritissima. Le aziende assumono quindi le sembianze di veri e propri brand che devono farsi scegliere dai candidati (l'equazione candidato = consumer non è mai stata più vera) e assumerli “sbaragliando” la concorrenza.
Quali sono i profili in assoluto più difficili da trovare e ingaggiare?
A questa domanda rispondo sicuramente: i profili operativi.
Oggi assumere un profilo SAP è molto più complesso che assumere un CTO.
E la motivazione è semplice: in un team interno il CTO è uno, i profili operativi sotto di lui invece sono molteplici e la loro richiesta è quindi oggi altissima rispetto all’offerta del mercato.
In ambito IT, contattare un profilo manageriale, è, forse contro i pronostici di alcuni, molto più semplice rispetto a contattare un profilo più junior ma con una forte specializzazione operativa. Questi ultimi sono i più bersagliati di offerte e quindi rispondono con fatica ai contatti di recruiter, Head Hunter, HR.
Quindi, la domanda da porsi è: come fare per farsi notare nel mare magnum di aziende competitor che oggi affollano il mercato del lavoro con le loro richieste?
Dal mio osservatorio quotidiano ho la fortuna non solo di seguire le ricerche di profili IT e ICT per le aziende clienti, in veste di Head Hunter, ma anche di analizzare da vicino cosa accade all'interno della mia stessa azienda: in Reverse abbiamo infatti sia un team IT molto ampio e avviato, sia un team che si occupa di User Experience. Entrambi i team sono in continuo ampliamento e quindi affrontano in prima persona il tema di “assumere”.
Possiamo contare perciò sul punto di vista non solo di noi Head Hunter, ma anche dei nostri due Line Manager: Daniele Donnini, CTO, e Federica Villata, Head of Design in Reverse.
In questa intervista doppia, Daniele e Federica hanno condiviso il loro preziosissimo punto di vista e le loro best practice quando si tratta di ingaggiare profili IT e UX.
Dal canto mio, ho esplorato invece la questione dalla mia prospettiva di Head Hunter, essendomi nel tempo specializzata proprio nella ricerca di profili dell Information Technology per aziende appartenenti a tutti i settori.
Entriamo dunque nel dettaglio: cosa fare in concreto per contattare e farsi rispondere da queste figure? E, in conclusione, per assumerle?
Innanzitutto, partiamo con l’individuare i driver motivazionali che guidano questi candidati e li spingono a prendere una decisione quando si tratta di cambiare lavoro. Parlando ogni giorno con candidati tech, ho individuato 6 principali ganci attrattivi per queste figure:
Individuati i driver, la prima best practice da cui partire è tanto semplice quanto per nulla scontata: bisogna saper impostare un dialogo che usi la stessa lingua del candidato.
E bisogna iniziare a parlare questa lingua fin dal primissimo contatto con il profilo che ci interessa.
Più che mai nel caso dei profili IT è necessario far capire fin da subito la qualità del progetto che si sta proponendo. Per distinguersi tra il mare di aziende competitor non si può essere generalisti: bisogna entrare immediatamente nel vivo del discorso presentando in modo chiaro le specifiche dettagliate del progetto che la figura dovrà seguire, delle metodologie e dello stack tecnologico utilizzato.
Ed ecco che qui nasce un’esigenza molto importante: lavorare a quattro mani con il Line Manager nella stesura della job description e della prima mail di contatto.
Ovviamente come HR non puoi conoscere tutte le tecnologie esistenti, ma hai un grande potere: quello di portare il linguaggio del Line Manager ai candidati presenti sul mercato.
Molto utile è anche creare qualcosa che vada oltre il solito annuncio di lavoro: strutturare una landing page, una pagina dedicata, in cui avere spazio per raccontare in modo approfondito il progetto, le tecnologie usate, l’ambiente di lavoro e, soprattutto, il team con cui la figura lavorerà.
Infatti se spesso si tende a pensare che le figure IT, in particolare i developer, siano lupi solitari che lavorano individualmente da remoto dietro al loro pc, in realtà non è proprio così. Sono molto consapevoli di essere innanzitutto parte di una squadra e che ogni membro di questa squadra è chiamato a collaborare a un progetto condiviso.
Insomma, ognuno aiuta a comporre un pezzetto del puzzle che può essere concluso con successo solo grazie a un team work ben condotto. Sapere di che team faranno parte è quindi fondamentale per i profili IT, perché i momenti di collaborazione nel loro lavoro, al contrario di quanto si tende a pensare, sono molti e necessari.
Mostrare fin dall’inizio tramite video di presentazione, per esempio, il team e l’ambiente di lavoro è un gancio attrattivo molto forte, che accende l’attenzione del candidato molto di più rispetto alla solita lista scritta nero su bianco su un anonimo annuncio di lavoro.
Il mio consiglio è quello di essere vicini al candidato e farlo sentire vicino alla nostra realtà fin dal primo contatto.
Non dimentichiamoci che siamo in un seller’s market, in cui le aziende devono sapersi raccontare e “vendere” nel modo giusto: la scrittura di annunci, landing page e primi messaggi/mail di contatto dovranno seguire le regole di questo nuovo gioco.
Se il candidato diventa un "consumer" da conquistare, anche gli annunci e i messaggi che si usano per contattarlo dovranno essere considerati un vero e proprio strumento di marketing e comunicazione, con l'obiettivo di ricevere una risposta e il cv da quanti più profili possibili e quanto il più possibile in linea con ciò che stiamo cercando.
Se applichiamo il principio di “seller’s market” nella stesura dell’annuncio, in fase quindi di awareness (di prima conoscenza), non possiamo non applicarlo in fase di colloquio, quando questa conoscenza comincia ad approfondirsi.
Il primo colloquio spetta a noi Head Hunter o, se la ricerca viene fatta internamente, all’HR: è questa l’occasione per raccontare in maniera convincente l’azienda e per presentare a fondo quel progetto che si era già anticipato nella job description.
Entrambi, sia Head Hunter che HR, devono avere una grande consapevolezza di ciò che andranno ad esporre e sapere come comunicarsi nel modo migliore possibile, proprio come si dovrebbe comunicare un brand a un cliente.
Oltre a specifiche del progetto e stack tecnologico, è indispensabile conoscere e saper raccontare anche:
Insomma, bisogna fargli capire quale sarà il contesto nel quale si inserirà.
In questa fase il rapporto tra HR e Line Manager diventa particolarmente stretto e offre all’HR un’opportunità unica: potrà infatti chiedere al Line Manager quali sono le killer question, le domande fondamentali da porre per capire se il candidato che si ha davanti è in linea o no con ciò che si sta cercando.
A questo punto, fatto il primo colloquio conoscitivo in cui HR o Head Hunter sondano la motivazione e le competenze del candidato, e raccontano l’azienda, è importante passare subito al colloquio con il Line Manager.
E la motivazione è presto detta: i profili IT, ancora più degli altri candidati, hanno bisogno di confrontarsi quanto prima con qualcuno che parli davvero la loro stessa lingua (lo stesso discorso che ho fatto per la job description). Hanno bisogno di conoscere chi sarà il loro manager, quali tecnologie vengono usate all’interno del team, che software sono stati sviluppati, quali progetti sono già in atto e quali invece sono previsti per il futuro.
Insomma, hanno la necessità di confrontarsi con un loro simile, anzi con il loro capo, per capire: a) quanto sarà stimolante lavorare al progetto; b) quanto potranno imparare e crescere professionalmente all’interno dell’azienda.
E poi, proprio perché, come dicevo prima, non sono lupi solitari, sarà importante far conoscere loro anche il resto del team o almeno qualche suo membro. Conoscere i propri peer, i propri “pari”, consente a questi candidati di farsi un’idea della squadra con cui lavoreranno.
Sono tutti ganci estremamente attrattivi questi, perché catapultano il candidato già all’interno della sua futura realtà.
Per distinguersi nel mare di competitor, non bastano progetti incredibili e job description perfette. C’è bisogno di umanità, di far sentire da subito i candidati parte integrante di un team che insieme porta avanti un progetto di digitalizzazione che farà davvero la differenza all’interno dell'azienda, o addirittura del gruppo di cui quell’azienda fa parte.
Non dimentichiamoci mai che l’iter di selezione è una valutazione da entrambe le parti: bisogna avere sempre la consapevolezza di essere in un mercato in cui molte imprese ambiscono ad avere in casa lo stesso professionista.
Domanda alla quale tengo particolarmente.
Nel 2018 era pratica estremamente diffusa nelle aziende sottoporre ai candidati IT lunghe prove tecniche per valutarne le hard skill.
L'origine di questi test risiedeva spesso nel fatto che i Line Manager avevano pochissimo tempo da destinare ai processi di selezione. Solo se il candidato superava la prova, la linea veniva coinvolta nella fase successiva di colloqui.
Bene, ancora oggi esistono questi test, ma è decisamente cambiato il modo di considerarli. La consapevolezza che il mercato del lavoro si è ribaltato e che, mentre sta parlando con noi, lo sviluppatore ha già tra le mani almeno altre tre offerte, è (per fortuna) sempre più chiara alle aziende.
Così come, sempre più chiaro è il fatto che i candidati vanno coinvolti e “scaldati” perché si innamorino della nostra azienda e la preferiscano quindi alle aziende competitor.
Anche i test quindi oggi si adeguano a questa nuova consapevolezza:
Il feedback si trasforma così in un momento di confronto tra il candidato e il suo futuro manager, rinsaldando già da qui il rapporto che si potrà costruire in futuro.
E a proposito di feedback: qualunque prova si sottoponga al candidato, il feedback su come è andata dovrà essere molto rapido.
Stiamo parlando di persone appassionate di software e che nella maggior parte dei casi sono cresciute a pane e videogiochi: sono abituati a sapere fin da subito se possono passare al livello successivo o se la partita è “game over”.
Il consiglio che mi sento di dare alla luce di tutto questo?
Se usate ancora i lunghi test tecnici e impersonali che venivano sottoposti nel 2018, è arrivato il momento che valutiate di aggiornarli.
E non si tratta di mode o di trend che mutano nel tempo: si tratta piuttosto di adeguarsi a un mondo che è velocemente cambiato e in cui la competizione si è fatta sempre più alta.
Rimanere ancorati a modelli passati ci pone, inevitabilmente, in una posizione di svantaggio rispetto alla maggior parte delle aziende che hanno invece introdotto metodi di valutazione più rapidi e ingaggianti.
A questo proposito vi racconto un caso che mi è recentemente accaduto. Mi prendo la licenza di modificare nomi e luoghi, ma il fatto è esattamente questo.
Stavo cercando da tempo un candidato esperto di SAP per un’azienda di consulenza. Chi si è trovato ad avere a che fare con questo tipo di profili sa che sono dei veri “unicorni”: tutti li cercano, in pochi riescono a trovarli e a ingaggiarli.
Finalmente la buona notizia arriva: trovo Simone, un candidato dalle caratteristiche perfette. Lo presento all’HR Manager dell'azienda, che ne rimane entusiasta e vuole farlo conoscere immediatamente alla linea. C’è solo un problema: come molti SAP Consultant, Simone ha già un iter di selezione in corso parallelo al nostro.
Che fare? Bisogna conquistarlo. Ne discuto con l’HR Manager e insieme decidiamo di pianificare per Simone una prova tecnica da svolgere direttamente negli uffici dell’azienda, a Milano. In questo modo, concordiamo, potrà vedere la sede, respirarne il clima, conoscere i suoi futuri colleghi. Organizziamo anche un incontro, oltre che con il Line Manager, con il resto del team IT con cui dovrà collaborare.
La prova va bene, il colloquio tecnico e l’incontro con il team anche.
Facciamo uscire l’offerta, ma la risposta di Simone tarda ad arrivare.
Capiamo che si sta tenendo aperta la possibilità di scegliere la nostra azienda o l’altra con cui è in processo di selezione.
Alla fine la chiamata arriva: Simone ha scelto la nostra azienda di consulenza! La motivazione che ci dà è molto chiara: essere stato coinvolto fin da subito nel clima aziendale, aver avuto la possibilità di svolgere la prova tecnica in presenza e conoscere il team ha fatto la differenza. Rispetto ad altri iter più “freddi” a cui aveva preso parte (compreso quello che aveva fatto nell’altra azienda), questo gli era rimasto impresso e lo aveva convinto ad accettare l’offerta e ad entrare in squadra.
Consideriamo ora un’ultima componente essenziale: il fattore tempo.
È innegabile, per vincere sulla concorrenza il fattore tempo ha un valore enorme. Ricordiamoci sempre che il candidato che abbiamo davanti ha con tutta probabilità almeno una o due altre offerte tra le mani. Temporeggiare nel concludere l’iter di selezione potrebbe farci sfuggire il candidato, già assunto altrove.
Quindi, come fare? Anche qui dobbiamo considerare la distinzione tra profili operativi e profili manageriali.
I profili operativi, come dicevo prima, sono i più richiesti, quelli per cui la domanda supera l’offerta.
E quindi con loro il fattore tempo risulta essenziale. In questo caso il mio consiglio è quello di svolgere un iter di selezione che sia sotto i 25 giorni solari, meglio ancora se è compreso tra i 15 e i 25 giorni. Questo arco di tempo parte dal primo contatto con il candidato e si conclude con l’offerta da parte dell’azienda.
Svolgere iter più lunghi per queste figure operative potrebbe essere controproducente proprio perché oggi le aziende, e quindi i competitor, hanno imparato ad essere molto veloci nel selezionarle e ingaggiarle .
Diverso è il discorso da fare invece per i profili manageriali.
Quando cerchiamo figure come Delivery Manager, Cyber Security Manager, CISO o CTO, i tempi di selezione inevitabilmente si dilatano. Questo accade per due motivi:
Consideriamo quindi di dilatare un po’ i tempi per i manager ma senza eccedere: un iter di selezione quanto più rapido possibile rimane sempre un indubbio vantaggio competitivo.
Voglio chiudere questo excursus consigliandoti due letture per approfondire ulteriormente il tema:
Ora è davvero tutto. Non mi resta che salutarti e augurarti che, applicando queste strategie, tutti i lati del tuo Cubo di Rubik possano finalmente allinearsi.
Firmato,