Così come il mondo del lavoro è in continua evoluzione, anche le soft skill cambiano e si aggiornano mantenendo il passo con le nuove esigenze. L’era digitale ha modificato il nostro modo di lavorare, di fare ricerca e selezione ma soprattutto di rapportarci con gli altri, ed è per questo che le soft skill che cerchiamo oggi in un candidato non sono le stesse di dieci anni fa. Per capire in che modo, è necessario fare un salto indietro.
Molto è cambiato dagli anni 70 del secolo scorso, quando troviamo il primo riferimento alle soft skill. Il termine viene usato per la prima volta in ambito militare e, per la U.S. Army, le soft skill di un soldato sono tutte quelle capacità “slegate” al maneggiamento di un’arma o un macchinario: se saper impugnare un fucile era considerato una hard skill, motivare i soldati o saper gestire una truppa rientrava nell’ambito delle soft skill.
Negli stessi anni, le soft skill prendono piede anche nel mondo del lavoro, ma sono ben diverse da quelle che oggi un HR cerca in un candidato o nei collaboratori. Negli anni ‘70 le soft skill erano incentrate sull’essere un buon sottoposto ed era considerato essenziale saper compiacere il proprio manager o adattarsi all’ambiente di lavoro: insomma, vertevano più sulla capacità di seguire le indicazioni che sul pensiero critico autonomo. Dagli anni 90 la situazione è drasticamente cambiata, così com’è cambiato il mondo del lavoro e gli uffici: dai cubicoli che spingono ogni singolo dipendente a focalizzarsi sul proprio lavoro agli open space che favoriscono la collaborazione, da un solo computer ingombrante che occupava un’intera stanza e poteva essere utilizzato solo dagli addetti ai lavori a vari dispositivi su ogni scrivania. Questo switch verso un modello di lavoro più collaborativo e inclusivo ha portato anche a una ridefinizione delle soft skills, che sono quelle che conosciamo noi oggi: includono dunque le capacità di comunicare efficacemente, di saper gestire relazioni interpersonali, di sviluppare empatia, di avere un’etica professionale e così via.
Oggi, ancora una volta, le soft skill si stanno evolvendo adattandosi alle nuove tecnologie e alle metodologie che sono alla base dei business moderni.
Vediamo alcune delle soft skill tradizionali e come sono cambiate nell’ambiente di oggi:
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Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambio di direzione all’interno delle aziende: se prima le competenze tecniche erano mandatorie per assumere un candidato a ricoprire un determinato ruolo, ora sono passate quasi in secondo piano rispetto alle soft skill.
Questo succede per diversi motivi:
Per riassumere, potremmo dire che oggi più che mai le hard skill si possono imparare sul campo, mentre la capacità di pensiero critico no; oggi quelle tecniche sono considerate competenze che si possono acquisire molto più velocemente che in passato con una giusta formazione, mentre le soft skill, per quanto possano essere “allenate”, sono intrinseche nel carattere di una persona.
È quindi giusto dare sempre più peso alle soft skill, conoscere le passioni e le motivazioni dei collaboratori, per assicurarsi che siano il giusto match per l’azienda per cui lavorano o per cui vogliono lavorare.
Ma mentre le hard skill sono facilmente misurabili, un altro discorso riguarda la valutazione delle soft skill: come si fa a capire se un candidato riesce a collaborare con gli altri o non si lascia abbattere dei problemi?
Le soft skill sono diventate ormai essenziali nel bagaglio di un buon collaboratore, ma hanno una natura poco tangibile, specialmente durante le prime fasi.
Valutare le reali soft skill di un candidato può essere difficile poiché è naturale che ogni candidato voglia fare bella figura; e alla domanda “Come lavori in team?” non può che esserci una risposta più che positiva. Il solito botta-e-risposta, dunque, potrebbe non funzionare in questi casi: ecco alcuni spunti interessanti da seguire se vuoi valutare le soft skill di un candidato.
Le soft skill oggi sono un fattore da tenere in considerazione per qualsiasi tipo di profilo, anche per quelli che fino a poco fa erano automaticamente esclusi dal discorso. Un esempio sono le risorse dell’IT: se fino a pochissimo tempo fa erano valutate solo in base alle loro competenze tecniche, oggi anche per loro sono importanti quelle soft skill necessarie per lavorare in team. Ciò accade per due motivi:
Il mito dell’IT antisociale e burbero perennemente chiuso in cantina davanti al suo pc è ormai passato, insomma.
Queste figure sono spesso i portavoce dell’innovazione in azienda e devono saper comunicare e collaborare, non solo tra loro, ma anche con tutti gli altri colleghi; per questo oggi le soft skill più ricercate sono la capacità di teamwork, l’accountability, l’apertura mentale, il problem solving. Un nuovo linguaggio di programmazione oggi è impossibile impararlo in sei mesi: ma la capacità di sapersi relazionare con gli altri e lo spirito d'avventura per poter perseguire progetti ambiziosi sono soft skill innate.
In R-Everse abbiamo separato completamente il processo di valutazione delle hard skill da quello delle soft skill: il primo lo affidiamo a uno Scout, un professionista, solitamente un manager, con anni di esperienza e specializzato nel settore di riferimento. Noi ci occupiamo della valutazione delle competenze trasversali e ci impegniamo a conoscere meglio la persona oltre il candidato: avendo ben chiare le esigenze e i valori dell’azienda per cui stiamo facendo ricerca, sappiamo quali qualità trovare e far emergere nel candidato perfetto.
Con una cultura aziendale sempre di più incentrata sulla persona e meno sul dipendente, è naturale che le soft skill abbiano acquisito più importanza. Crediamo sia tra i compiti del recruiter individuarle in un candidato, e del responsabile HR di valorizzarle e spingere ad allenarle: in un’epoca in cui l’employer branding ha assunto più importanza che mai, è fondamentale assicurarsi che i lavoratori siano portavoci naturali dei valori aziendali, e che siano orgogliosi di esserlo.
Che siano considerate una priorità quando si assume, o un contorno gradito, è indiscutibile che l’insieme di pensiero critico, intelligenza emotiva, doti di linguaggio e capacità di relazionarsi sia un pacchetto essenziale se si vuole costruire un team che funzioni e che contribuisca al successo e al benessere aziendale.
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