I cambiamenti organizzativi sono oggi delle costanti all’interno del panorama aziendale.
Nuovi mercati e tecnologie hanno messo in discussione tutti i vecchi modelli di business: la cultura delle imprese si confronta con l’evoluzione della società ed è per questo che diventa sempre più importante per chi si occupa di Risorse Umane saper avviare processi di Change Management all’interno della propria azienda.
Il Change Management è l’approccio con il quale si affronta una trasformazione, tipicamente riguardante gli obiettivi aziendali, i valori, le procedure o le tecnologie. L’obiettivo delle iniziative di Change Management è l’attivazione di strategie e metodi che portino a un cambiamento efficace, supportando al meglio le persone che sono coinvolte.
Nel mercato attuale le organizzazioni agili hanno a che fare con trasformazioni ogni giorno, permettendo una maggiore capacità di acquisizione delle migliori opportunità e di conseguenti vantaggi competitivi. Per questa ragione, essere pronti ai cambiamenti dovrebbe essere una priorità per le aziende.
La gestione del cambiamento all’interno delle organizzazioni aziendali si rende quindi necessaria per attuare trasformazioni quali:
Per capire in che modo si può intervenire con gli strumenti di Change Management, si possono individuare tre livelli di gestione del cambiamento:
Qual è il ruolo dell'HR nell'introduzione di un mindset orientato all'Agile Working? Leggi l'e-book:
L’esercizio della leadership da parte delle figure apicali dell’organizzazione coinvolta dal cambiamento è un elemento essenziale durante tutto il processo di trasformazione. È necessario sviluppare un piano per le attività di leadership e supportare e assistere i manager nell’attuazione di tali piani, perché saranno loro i principali promotori e sostenitori del cambiamento.
Strumenti di Change Management sono quindi anche le competenze dei manager stessi, che devono essere in grado di comunicare nuove strategie, far accogliere con fiducia nuovi metodi di lavoro o guidare i propri collaboratori nella transizione a un nuovo modello organizzativo.
In questo senso è senz’altro importante che i manager incaricati di facilitare il processo di cambiamento adottino strategie di leadership positiva, e dunque siano in grado di guidare le persone attraverso momenti delicati coinvolgendoli e valorizzandoli per raggiungere insieme un obiettivo comune attraverso alcune buone pratiche:
Una figura che può risultare molto utile in ottica di Change Management è anche quella del Temporary Manager, in grado di aiutare a gestire le fasi di evoluzione strategica di un’azienda in tempi rapidi: una soluzione moderna ed efficace di cui l’impresa può usufruire per migliorare le proprie performance e accelerare il cambiamento.
Un’importante fonte per analizzare la situazione del Change Management in Italia è senza dubbio il report dell’Osservatorio sul Change Management di Assochange, che dal 2014 restituisce un quadro molto chiaro di come i cambiamenti aziendali vengano affrontati nel nostro Paese.
Partiamo da un dato significativo: se quattro anni fa il 17% dei rispondenti alla survey aveva in essere un solo progetto di cambiamento all’interno della propria impresa, lo scorso anno questo numero è sceso al 9%. Ed è sceso di 10 punti percentuali anche il numero delle aziende che hanno da 2 a 4 progetti (dal 53% al 43%), mentre sono aumentate al 25% le aziende che hanno più di 10 progetti di questo tipo in contemporanea.
Questo dato si può confrontare con la tendenza ad avviare più progetti di durata e complessità inferiore: nel 2014 il 40% dei progetti aveva infatti una durata superiore ai 18 mesi mentre nel 2019 questo dato è sceso al 13%. Nel 2014 il 24% dei progetti durava tra i 7 e i 12 mesi e solo il 3% aveva una durata inferiore ai 6 mesi, mentre nel 2019 queste percentuali diventano rispettivamente il 48% e 18%. Sta di fatto che il dato restituito dal report resta indicativo dell’intraprendenza delle aziende nell’affrontare i cambiamenti richiesti dal contesto esterno.
Per quanto riguarda l’ambito dei progetti che hanno visto l’attuarsi di strategie di Change Management, possiamo vedere stabilmente ai primi posti la voce “Struttura organizzativa/Riorganizzazione”, che per la prima volta nel 2020 è stata superata da “Tecnologia e digitalizzazione” con una percentuale del 38% per la prima parte dell’anno e del 52% da marzo in poi. Una tendenza senz’altro accelerata dal diffondersi delle pratiche di lavoro da remoto e smartworking in risposta alle restrizioni rese necessarie dalla pandemia.
Molti cambiamenti riguardano anche la cultura aziendale, la strategia e i processi di lavoro. In ogni caso, una delle principali motivazioni che oggi spingono le aziende ad avviare un progetto di Change Management è sempre stata la riduzione dei costi e la volontà di accrescere l’efficienza, ma anche in questo caso negli ultimi due anni abbiamo assistito a un sorpasso della voce “Trasformazione digitale”, che sembrerebbe essere quindi la vera priorità delle imprese italiane in questo preciso momento storico.
Ad ogni modo, il Covid-19 è stato ed è ancora una delle principali ragioni di cambiamento in molte organizzazioni in Italia e nel mondo.
Com’è evidente, i suddetti mutamenti hanno avuto un forte impatto sulla cultura aziendale delle imprese, tanto da rendere necessario un cambiamento di mentalità per l’intera organizzazione. Ed è toccato molto spesso alla funzione HR il compito di traghettare l’azienda dal vecchio al nuovo paradigma, attraverso una politica di Change Management.
La necessità di trasformarsi per adattarsi alla nuova realtà è di vitale importanza per le aziende, tanto che molte di queste hanno deciso di investire su questa esigenza formando ad hoc il personale HR preesistente o ricorrendo a società di consulenza esterne, o ancora assumendo in azienda una nuova figura che avesse già le competenze richieste e che fosse capace di governare il cambiamento.
Al ruolo tradizionale di HR Business Partner si è quindi aggiunto anche quello di Innovation Partner nel processo di trasformazione d’azienda, sia nella fase di ideazione di progetti e iniziative, sia nella loro concretizzazione. Alle competenze tecniche tipiche del ruolo, si sono integrate o accentuate nuove skill come doti relazionali, di leadership e comunicazione per svolgere nell’organizzazione un ruolo trasversale di facilitazione e diffusione della cultura del cambiamento.
Oggi l’HR deve quindi comprendere i trend del mercato e assumere una visione sistemica per attivare nuove politiche di gestione delle Risorse Umane, che possano impattare positivamente sui diversi aspetti del business. Deve disporre senz’altro di capacità decisionale e flessibilità mentale per individuare nuove opportunità, supportare il management nelle scelte strategiche e il personale nella formazione e nella valorizzazione del capitale umano. Occorre essere in grado non solo di trasmettere e far comprendere efficacemente all’organizzazione gli effetti e i vantaggi del cambiamento relativo al nuovo modo di lavorare, ma anche di comunicare in modo chiaro e trasparente gli obiettivi e le nuove strategie aziendali.
Strumento privilegiato in questo processo di cambiamento sono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che non sono più un semplice supporto operativo, ma un facilitatore per la crescita. Le Risorse Umane devono trainare le persone al proprio interno con tutti gli strumenti a propria disposizione, attingendo sia a modelli tradizionali di formazione e sviluppo, come il coaching e il team building, sia a strumenti di innovation & digital management.
Per attivare un processo di Change Management l’HR può far leva su cinque pilastri:
Il fatto che le trasformazioni di mercato, organizzative e lavorative siano praticamente una costante rendono non solo immotivata, ma del tutto controproducente la resistenza al cambiamento.
Partiamo da un assunto: le persone, tendenzialmente, hanno paura dell’ignoto. Non per tutti è facile accettare un cambiamento sul posto di lavoro e spesso molti, in questi contesti, arrivano a temerlo per paura di perdere il proprio impiego, come spesso accade ad esempio quando si implementano nuove tecnologie.
Per superare la resistenza al cambiamento, è richiesta una nuova mentalità orientata alla crescita e capace di riconoscere le trasformazioni come opportunità di rendere il mercato e la propria azienda maggiormente competitivi. Compito dei manager e degli addetti alle Risorse Umane è quindi aiutare i colleghi a comprendere meglio i cambiamenti in corso, per creare un ambiente di lavoro più aperto e propenso all’evoluzione.
Abbiamo visto come il ruolo della comunicazione, in questo, sia davvero fondamentale: è importante spiegare a tutti perché il cambiamento si stia verificando, come si tradurrà nelle loro attività operative e quali benefici apporterà.
Informare tutte le persone coinvolte fin dall’inizio aiuta ovviamente a facilitare la transizione e abbreviare i tempi. Inoltre, se i colleghi sono più aperti a cambiare, saranno più coinvolti nel processo di realizzazione del cambiamento e, quando sono più coinvolti, la transizione può avvenire più rapidamente e permette di risparmiare tempo e risorse all’organizzazione. In questo modo aumenterà anche la fiducia che i dipendenti hanno nell’azienda e nelle decisioni prese dal top management.
Abbiamo già visto come l’epoca che stiamo vivendo sia caratterizzata da cambiamenti continui, sia dal punto di vista del mercato che delle innovazioni tecnologiche e delle competenze necessarie per integrarle e gestirle al meglio. Grazie alla tecnologia, infatti, il lavoro di tutti i giorni può notevolmente migliorare e le competenze proprie degli individui non perdono minimamente
di valore.
La digital transformation, secondo quanto riporta Assochange, è avviata nel 65% delle imprese partecipanti al sondaggio, conclusa nel 5% e ancora ferma per il 30% di loro. Dai dati si evince che le aziende siano certamente consapevoli delle opportunità preziose offerte dalle tecnologie digitali, ma spesso si arenano nella fase di definizione degli strumenti di change management necessari a concretizzarle.
Il change management deve invece andare di pari passo con la digital transformation: introdurre le tecnologie senza trasformare le abitudini e i processi di lavoro è inutile e può rivelarsi uno spreco di soldi e di tempo. Il tema è già da un po’ sotto i riflettori: basti pensare che già nel 2017 la trasformazione digitale era entrata al terzo posto tra le ragioni del cambiamento sul posto di lavoro nella survey annuale dell’Osservatorio di Assochange.
L’allora Presidente aveva sottolineato che se da un lato di innovazione tecnologica si parlava già da tempo, riferendosi a interventi isolati o specifici servizi, dall’altro gradualmente si iniziava a inquadrare il tema della trasformazione digitale intesa come un approccio più strutturato e completo, che implica una visione integrata del digitale nell’organizzazione e nel modo di gestire il business e il rapporto con fornitori e clienti. Un’affermazione sempre più valida al giorno d’oggi.
La pandemia ha senz’altro accelerato questo processo, così come ha aumentato l’incidenza dei progetti riconducibili alla trasformazione digitale. Un dato rilevante è che le organizzazioni prevedono di continuare a lavorare su questi ambiti anche nei prossimi anni: dalla digitalizzazione, alla revisione della struttura organizzativa e sviluppo di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, come lo smart working, alla revisione dei processi di lavoro come loro conseguenza.
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