Cos'è il Change Management e come gestire il cambiamento in azienda

    I cambiamenti organizzativi sono oggi delle costanti all’interno del panorama aziendale.
    Nuovi mercati e tecnologie hanno messo in discussione tutti i vecchi modelli di business: la cultura delle imprese si confronta con l’evoluzione della società ed è per questo che diventa sempre più importante per chi si occupa di Risorse Umane saper avviare processi di Change Management all’interno della propria azienda.


    1. Cosa si intende per Change Management
    2. Stili di leadership per il cambiamento in azienda
    3. La situazione in Italia
    4. Change Management e Risorse Umane
    5. Strategie contro la resistenza al cambiamento
    6. L’innovazione digitale e il Change Management

     

    1. Cosa si intende per Change Management

    Il Change Management è l’approccio con il quale si affronta una trasformazione, tipicamente riguardante gli obiettivi aziendali, i valori, le procedure o le tecnologie. L’obiettivo delle iniziative di Change Management è l’attivazione di strategie e metodi che portino a un cambiamento efficace, supportando al meglio le persone che sono coinvolte.

    Nel mercato attuale le organizzazioni agili hanno a che fare con trasformazioni ogni giorno, permettendo una maggiore capacità di acquisizione delle migliori opportunità e di conseguenti vantaggi competitivi. Per questa ragione, essere pronti ai cambiamenti dovrebbe essere una priorità per le aziende.

    La gestione del cambiamento all’interno delle organizzazioni aziendali si rende quindi necessaria per attuare trasformazioni quali:

    • implementazione di nuove tecnologie e strumenti di lavoro;
    • adozione di una nuova cultura aziendale;
    • nomina di nuovi manager;
    • acquisizioni, fusioni e cessioni di rami d’azienda;
    • periodi di crisi aziendali o del mercato.

    Per capire in che modo si può intervenire con gli strumenti di Change Management, si possono individuare tre livelli di gestione del cambiamento:

    • gestione delle modifiche individuali: spesso, come individui, tendiamo a opporre resistenza al cambiamento. La gestione delle modifiche individuali necessita quindi di un’adeguata comprensione da parte delle persone coinvolte. Ciò avviene attraverso una serie di strumenti di transizione, come ad esempio capire quale sia il messaggio da trasmettere ai lavoratori, oppure individuare il momento ottimale per insegnare a qualcuno una nuova abilità;

    • gestione del cambiamento organizzativo: la gestione delle modifiche organizzative prevede innanzitutto di individuare i gruppi e le persone che dovranno abbracciare il cambiamento, e di capire ovviamente in che modo dovranno farlo. I metodi di transizione individuale rappresentano quindi il fulcro centrale delle attività di gestione dei cambiamenti organizzativi;

    • capacità di gestione delle modifiche aziendali: la gestione delle modifiche aziendali è quella che può davvero fare la differenza in termini di competitività e adattamento all’evoluzione del contesto. Ciò significa che il Change Management ingloba ruoli, strutture, processi, progetti e competenze della propria organizzazione: il risultato finale è che gli individui abbracciano il cambiamento in modo più rapido ed efficace e le organizzazioni sono in grado di rispondere rapidamente ai cambiamenti del mercato attraverso iniziative strategiche.


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    2. Stili di leadership per il cambiamento in azienda

    L’esercizio della leadership da parte delle figure apicali dell’organizzazione coinvolta dal cambiamento è un elemento essenziale durante tutto il processo di trasformazione. È necessario sviluppare un piano per le attività di leadership e supportare e assistere i manager nell’attuazione di tali piani, perché saranno loro i principali promotori e sostenitori del cambiamento.

    Strumenti di Change Management sono quindi anche le competenze dei manager stessi, che devono essere in grado di comunicare nuove strategie, far accogliere con fiducia nuovi metodi di lavoro o guidare i propri collaboratori nella transizione a un nuovo modello organizzativo.

    In questo senso è senz’altro importante che i manager incaricati di facilitare il processo di cambiamento adottino strategie di leadership positiva, e dunque siano in grado di guidare le persone attraverso momenti delicati coinvolgendoli e valorizzandoli per raggiungere insieme un obiettivo comune attraverso alcune buone pratiche:

    • dare l’esempio, perché i manager devono agire come modelli di comportamento nell’organizzazione. Questo implica fornire un esempio positivo e significativo di come condurre il cambiamento con successo;
    • coinvolgere, e dunque ascoltare e incoraggiare al dialogo. I manager devono iniziare a dare priorità al coinvolgimento e alla comunicazione dal momento che, se si vuole implementare con successo il cambiamento, è necessario che le persone ne comprendano l’esigenza e lo sostengano. Gli stakeholder hanno bisogno di una chiara risposta a tutti i “perché” relativi alla trasformazione in atto;
    • delegare, per responsabilizzare tutte le persone coinvolte e far sì che ognuno sia preparato e supportato nel condurre il cambiamento a ogni livello dell’organizzazione.

    Una figura che può risultare molto utile in ottica di Change Management è anche quella del Temporary Manager, in grado di aiutare a gestire le fasi di evoluzione strategica di un’azienda in tempi rapidi: una soluzione moderna ed efficace di cui l’impresa può usufruire per migliorare le proprie performance e accelerare il cambiamento.

     

    3. La situazione in Italia

    Un’importante fonte per analizzare la situazione del Change Management in Italia è senza dubbio il report dell’Osservatorio sul Change Management di Assochange, che dal 2014 restituisce un quadro molto chiaro di come i cambiamenti aziendali vengano affrontati nel nostro Paese.

    Partiamo da un dato significativo: se quattro anni fa il 17% dei rispondenti alla survey aveva in essere un solo progetto di cambiamento all’interno della propria impresa, lo scorso anno questo numero è sceso al 9%. Ed è sceso di 10 punti percentuali anche il numero delle aziende che hanno da 2 a 4 progetti (dal 53% al 43%), mentre sono aumentate al 25% le aziende che hanno più di 10 progetti di questo tipo in contemporanea.

    Questo dato si può confrontare con la tendenza ad avviare più progetti di durata e complessità inferiore: nel 2014 il 40% dei progetti aveva infatti una durata superiore ai 18 mesi mentre nel 2019 questo dato è sceso al 13%. Nel 2014 il 24% dei progetti durava tra i 7 e i 12 mesi e solo il 3% aveva una durata inferiore ai 6 mesi, mentre nel 2019 queste percentuali diventano rispettivamente il 48% e 18%. Sta di fatto che il dato restituito dal report resta indicativo dell’intraprendenza delle aziende nell’affrontare i cambiamenti richiesti dal contesto esterno.

    Per quanto riguarda l’ambito dei progetti che hanno visto l’attuarsi di strategie di Change Management, possiamo vedere stabilmente ai primi posti la voce “Struttura organizzativa/Riorganizzazione”, che per la prima volta nel 2020 è stata superata da “Tecnologia e digitalizzazione” con una percentuale del 38% per la prima parte dell’anno e del 52% da marzo in poi. Una tendenza senz’altro accelerata dal diffondersi delle pratiche di lavoro da remoto e smartworking in risposta alle restrizioni rese necessarie dalla pandemia.


    Molti cambiamenti riguardano anche la cultura aziendale, la strategia e i processi di lavoro. In ogni caso, una delle principali motivazioni che oggi spingono le aziende ad avviare un progetto di Change Management è sempre stata la riduzione dei costi e la volontà di accrescere l’efficienza, ma anche in questo caso negli ultimi due anni abbiamo assistito a un sorpasso della voce “Trasformazione digitale”, che sembrerebbe essere quindi la vera priorità delle imprese italiane in questo preciso momento storico.


    Ad ogni modo, il Covid-19 è stato ed è ancora una delle principali ragioni di cambiamento in molte organizzazioni in Italia e nel mondo.

     

    4. Change Management e Risorse Umane

    Com’è evidente, i suddetti mutamenti hanno avuto un forte impatto sulla cultura aziendale delle imprese, tanto da rendere necessario un cambiamento di mentalità per l’intera organizzazione. Ed è toccato molto spesso alla funzione HR il compito di traghettare l’azienda dal vecchio al nuovo paradigma, attraverso una politica di Change Management.

    La necessità di trasformarsi per adattarsi alla nuova realtà è di vitale importanza per le aziende, tanto che molte di queste hanno deciso di investire su questa esigenza formando ad hoc il personale HR preesistente o ricorrendo a società di consulenza esterne, o ancora assumendo in azienda una nuova figura che avesse già le competenze richieste e che fosse capace di governare il cambiamento.

    Al ruolo tradizionale di HR Business Partner si è quindi aggiunto anche quello di Innovation Partner nel processo di trasformazione d’azienda, sia nella fase di ideazione di progetti e iniziative, sia nella loro concretizzazione. Alle competenze tecniche tipiche del ruolo, si sono integrate o accentuate nuove skill come doti relazionali, di leadership e comunicazione per svolgere nell’organizzazione un ruolo trasversale di facilitazione e diffusione della cultura del cambiamento.

    Oggi l’HR deve quindi comprendere i trend del mercato e assumere una visione sistemica per attivare nuove politiche di gestione delle Risorse Umane, che possano impattare positivamente sui diversi aspetti del business. Deve disporre senz’altro di capacità decisionale e flessibilità mentale per individuare nuove opportunità, supportare il management nelle scelte strategiche e il personale nella formazione e nella valorizzazione del capitale umano. Occorre essere in grado non solo di trasmettere e far comprendere efficacemente all’organizzazione gli effetti e i vantaggi del cambiamento relativo al nuovo modo di lavorare, ma anche di comunicare in modo chiaro e trasparente gli obiettivi e le nuove strategie aziendali.

    Strumento privilegiato in questo processo di cambiamento sono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che non sono più un semplice supporto operativo, ma un facilitatore per la crescita. Le Risorse Umane devono trainare le persone al proprio interno con tutti gli strumenti a propria disposizione, attingendo sia a modelli tradizionali di formazione e sviluppo, come il coaching e il team building, sia a strumenti di innovation & digital management.

    Per attivare un processo di Change Management l’HR può far leva su cinque pilastri:

    • la pianificazione e il controllo del processo di cambiamento;
    • la predisposizione di strumenti e metodologie per la gestione e lo sviluppo del processo;
    • la collaborazione con il management per condividere le strategie di cambiamento;
    • il supporto alle persone per individuare e realizzare iniziative personali di cambiamento;
    • lo sviluppo delle competenze per la valorizzazione del cambiamento collettivo.

     

    5. Strategie contro la resistenza al cambiamento

    Il fatto che le trasformazioni di mercato, organizzative e lavorative siano praticamente una costante rendono non solo immotivata, ma del tutto controproducente la resistenza al cambiamento.

    Partiamo da un assunto: le persone, tendenzialmente, hanno paura dell’ignoto. Non per tutti è facile accettare un cambiamento sul posto di lavoro e spesso molti, in questi contesti, arrivano a temerlo per paura di perdere il proprio impiego, come spesso accade ad esempio quando si implementano nuove tecnologie.

    Per superare la resistenza al cambiamento, è richiesta una nuova mentalità orientata alla crescita e capace di riconoscere le trasformazioni come opportunità di rendere il mercato e la propria azienda maggiormente competitivi. Compito dei manager e degli addetti alle Risorse Umane è quindi aiutare i colleghi a comprendere meglio i cambiamenti in corso, per creare un ambiente di lavoro più aperto e propenso all’evoluzione

    Abbiamo visto come il ruolo della comunicazione, in questo, sia davvero fondamentale: è importante spiegare a tutti perché il cambiamento si stia verificando, come si tradurrà nelle loro attività operative e quali benefici apporterà.

    Informare tutte le persone coinvolte fin dall’inizio aiuta ovviamente a facilitare la transizione e abbreviare i tempi. Inoltre, se i colleghi sono più aperti a cambiare, saranno più coinvolti nel processo di realizzazione del cambiamento e, quando sono più coinvolti, la transizione può avvenire più rapidamente e permette di risparmiare tempo e risorse all’organizzazione. In questo modo aumenterà anche la fiducia che i dipendenti hanno nell’azienda e nelle decisioni prese dal top management.

     

    6. L’innovazione digitale e il Change Management

    Abbiamo già visto come l’epoca che stiamo vivendo sia caratterizzata da cambiamenti continui, sia dal punto di vista del mercato che delle innovazioni tecnologiche e delle competenze necessarie per integrarle e gestirle al meglio. Grazie alla tecnologia, infatti, il lavoro di tutti i giorni può notevolmente migliorare e le competenze proprie degli individui non perdono minimamente
    di valore.

    La digital transformation, secondo quanto riporta Assochange, è avviata nel 65% delle imprese partecipanti al sondaggio, conclusa nel 5% e ancora ferma per il 30% di loro. Dai dati si evince che le aziende siano certamente consapevoli delle opportunità preziose offerte dalle tecnologie digitali, ma spesso si arenano nella fase di definizione degli strumenti di change management necessari a concretizzarle.

    Il change management deve invece andare di pari passo con la digital transformation: introdurre le tecnologie senza trasformare le abitudini e i processi di lavoro è inutile e può rivelarsi uno spreco di soldi e di tempo. Il tema è già da un po’ sotto i riflettori: basti pensare che già nel 2017 la trasformazione digitale era entrata al terzo posto tra le ragioni del cambiamento sul posto di lavoro nella survey annuale dell’Osservatorio di Assochange.

    L’allora Presidente aveva sottolineato che se da un lato di innovazione tecnologica si parlava già da tempo, riferendosi a interventi isolati o specifici servizi, dall’altro gradualmente si iniziava a inquadrare il tema della trasformazione digitale intesa come un approccio più strutturato e completo, che implica una visione integrata del digitale nell’organizzazione e nel modo di gestire il business e il rapporto con fornitori e clienti. Un’affermazione sempre più valida al giorno d’oggi.

    La pandemia ha senz’altro accelerato questo processo, così come ha aumentato l’incidenza dei progetti riconducibili alla trasformazione digitale. Un dato rilevante è che le organizzazioni prevedono di continuare a lavorare su questi ambiti anche nei prossimi anni: dalla digitalizzazione, alla revisione della struttura organizzativa e sviluppo di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, come lo smart working, alla revisione dei processi di lavoro come loro conseguenza.


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    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO