Le ospiti di questa puntata della nostra rubrica La Parola all’HR sono due: Valentina Mainetti, Wellbeing, Employer Branding & Talent Acquisition Coordinator e Elisabetta Boldrini, Recruiting &, Employer Branding Professional in Fastweb.
Intervistate da Lara Torres, ci hanno condotti in una riflessione su cosa significhi mettere in piedi una strategia strutturata di Employer Branding: attraverso il caso virtuoso di Fastweb, ci hanno raccontato le best practices e le tematiche da tenere in considerazione per tutte le aziende che desiderano intraprendere un simile percorso.
Che cosa si intende per Employer Branding Purpose Driven? Quali sono gli step pratici da mettere in campo per il proprio percorso di Employer Branding? Come attrarre e trattenere i giovani talenti?
Sono solo alcune delle tematiche che abbiamo affrontato insieme a loro.
Trovi il video completo dell’intervista in fondo all'articolo: clicca qui.
Due temi che stanno sempre più a cuore agli HR manager e di cui si sente parlare sempre più spesso sono: Employer Branding e Purpose.
Ma che cosa nasce se proviamo a mixarli tra loro?
Ne abbiamo parlato con Valentina Mainetti, cominciando da una doverosa premessa: il concetto di Employer Branding Purpose Driven si basa sul fatto che sia il brand a guidare il piano di Employer Branding, che quindi deriverà necessariamente da una strategia più ampia a livello aziendale.
Il Purpose, lo sappiamo, è ormai la stella polare che guida le scelte di ogni impresa e in cui le risorse hanno bisogno di riconoscersi ogni giorno.
Le nuove generazioni, soprattutto, sentono sempre più forte la necessità di lavorare in un'azienda che rispecchi i loro stessi principi e che lo dimostri con azioni concrete. Nella fase di awareness e di recruiting è quindi fondamentale saper comunicare in modo efficace ai talenti da attrarre il proprio corpus aziendale e di conseguenza i valori che si vogliono veicolare.
Alla luce di tutto questo, la prima cosa da fare per costruire un piano di Employer Branding realmente strutturato è chiedersi: qual è il mio Purpose? Quali sono i valori che guidano la mie scelte aziendali? La risposta a queste domande costituirà il cuore dell’intera strategia successiva e di tutte le iniziative che si deciderà di mettere in atto.
Dopo essersi posta la stessa domanda, Fastweb ha deciso innazitutto di diventare una Company Benefit, ovvero una società che affianca obiettivi di business a obiettivi che sono a beneficio della comunità.
E intorno a questo principio di base ha costruito la sua strategia di Employer Branding Purpose Driven, che si basa essenzialmente su 3 principi:
L'Employer Branding si modella sulle nuove esigenze della società.
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Come anticipato, oggi i più sensibili ai valori aziendali sono sicuramente i giovani e giovanissimi. Sempre più evidente è la tendenza tra le nuove generazioni a ricercare aziende in cui non solo si lavori in un clima positivo e ci siano ottime possibilità di crescita, ma in cui si dimostri anche un impegno concreto verso tematiche di sensibilità comune.
In definitiva quello che cercano i giovani è il senso di appartenenza a una realtà in cui credono fermamente e nella quale sentono di poter apportare un contributo significativo.
Una strategia di Employer Branding strutturata non può assolutamente prescindere da questo aspetto e come abbiamo visto deve puntare su valori concreti.
Ma questo non basta. Per rendere davvero partecipi i più giovani è necessario coinvolgerli attivamente in iniziative che abbiano l’obiettivo sia di attrarli che di trattenerli poi sul lungo periodo.
Come fare?
Il primo esempio proposto da Elisabetta Boldrini di Fastweb è quello di promuovere iniziative volte all’orientamento professionale degli studenti, i percorsi PCTO per le competenze trasversali e l’orientamento destinati alle scuole secondarie.
Intervenire fin da subito sull’orientamento ha due principali vantaggi:
A questo si vanno ad aggiungere iniziative volte a rendere partecipi le giovani risorse all’interno della vita aziendale: tra le più importanti e più richieste ci sono sicuramente quelle dedicate alla formazione.
Sentirsi parte di un’azienda che investa sulla loro istruzione e sul loro futuro è un forte magnete motivazionale per tutte le risorse e soprattutto per quelle più junior.
La gratificazione che ne traggono è a sua volta un motore propulsore per migliorare costantemente le proprie performance.
Promuovere Academy aperte al pubblico, come la Fastweb Digital Academy a cui abbiamo accennato prima, e corsi di upskilling e reskilling interni è un elemento molto interessante da introdurre all’interno del proprio piano di Employer Branding.
A questo proposito il caso di Fastweb ci propone l’esempio di programmi virtuosi che si possono intraprendere e che possono rappresentare uno spunto per le aziende all’inizio del loro percorso di Employer Branding.
Uno su tutti è l’All in the Game, un programma di Change management che promuove la formazione delle risorse attraverso la creazione di nuove competenze all’interno dell’azienda e l’upgrade delle competenze già acquisite. Un’iniziativa questa che è stata riconosciuta da HRC, la community più importante a livello di Human Resources.
Tra le certificazioni più interessanti che si possono ricevere per attestare il buon clima aziendale c’è poi il Great Place To Work. Attraverso un’indagine di clima interna, sono gli stessi collaboratori a esprimere il loro gradimento per le iniziative messe in atto e per la gestione delle risorse all’interno della loro impresa.
Inutile dire che ricevere certificazioni che attestino il valore positivo e il gradimento delle iniziative messe in atto è una forte leva attrattiva per i potenziali candidati.
Partecipare quindi a programmi di questo genere aiuta fortemente a posizionare l'azienda in fase di awareness e favorisce molto la Talent Attraction.
Ma, entrando ulteriormente nel dettaglio, quali sono i punti indispensabili da cui partire quando si vuole intraprendere un piano di Employer Branding?
Secondo quanto ci ha raccontato Elisabetta Boldrini sono essenzialmente 4:
L’Employer Branding è a tutti gli effetti un ramo del marketing strategico, rivolto all’acquisizione e alla retention dei talenti. Viene da sè quindi che, per facilitare l’intero processo di recruiting, siano da comprendere nella propria strategia anche una serie di espedienti volti a far conoscere i propri Workplaces e a mettere in evidenza gli elementi distintivi della vita in azienda.
Vale quindi la pena di sperimentare l’utilizzo di canali di recruiting non tradizionali, come ad esempio il social recruiting. Attraverso i canali social è possibile narrare la vita aziendale in una vera e propria forma di storytelling, per entrare all’interno della vita lavorativa, condividere in tempo reale le iniziative organizzate e mostrare l’aria che si respira in ufficio. Parallelamente si può usare il canale social anche per pubblicare le job position aperte, andando quindi a implementare i mezzi utilizzati per fare recruiting.
Creare un vero e proprio piano editoriale social, anche multicanale (Linkedin, Facebook, Instagram…) permette di comunicare su due livelli:
Ovviamente esporre la propria immagine aziendale al pubblico ampio e trasversale offerto dai social comporta una maggiore visibilità, ma anche le criticità connesse ad essa. Ci si espone infatti a un’ampia fetta di candidati, ma non solo e questo incide inevitabilmente sulla reputazione del brand.
Si apre quindi una domanda necessaria: quali sono i vantaggi di monitorare la reputazione aziendale?
Fare un'azione di monitoraggio permette, nel corso del tempo, di comprendere il ritorno di investimento rispetto alle attività che sono state messe in campo. Consente quindi di capire quali possono essere eventuali future leve da applicare e quali i margini di miglioramento: in poche parole, mantenere monitorata la propria reputation è necessario per capire cosa può essere potenziato e cosa può essere modificato a livello strategico.
In questo contesto si inserisce sicuramente la valenza positiva dei Brand ambassador, a cui abbiamo accennato in precedenza: quando le valutazioni positive condivise sui social e attraverso il passaparola arrivano direttamente dalle persone che lavorano all’interno dell'azienda, la reputation dell’impresa gode di un beneficio notevole.
I racconti autentici dei collaboratori avranno sempre un valore privilegiato per gli utenti che vengono a contatto con il nostro brand. Si tratta di un passaparola virtuoso.
In definitiva possiamo considerare l’Employer Branding come un vero e proprio tessuto connettivo che mette in comunicazione diversi dipartimenti, interconnettendo tra loro moltissime aree aziendali.
Due concetti realmente importanti quando si progetta di mettere i piedi un piano di Employer Branding sono: trasversalità e collaborazione.
Certo per arrivare a una piena trasversalità tra tutti i reparti c’è bisogno di tempo e soprattutto di un cambio di paradigma. E’ un percorso che va pianificato e portato avanti costantemente, passo per passo.
“Quello che abbiamo messo in atto in Fastweb è un un percorso di change management strutturato, che ci ha portato a mettere in piedi delle pratiche virtuose per rendere più coerente e sinergica la comunicazione.
Abbiamo ad esempio istituito un piano editoriale condiviso che prevede una programmazione periodica in cui coinvolgiamo tutti i team aziendali per condividere eventi e organizzare iniziative. La connessione fra i vari reparti aziendali fa sì che la nostra comunicazione sia sempre più coerente e sinergica e di conseguenza più strutturata ed efficace.
E’ la comunicazione del purpose che guida il brand ed è quindi necessario che il proprio piano di Employer Branding presenti una forte trasversalità.”, Valentina Mainetti.
Guarda l'intervista integrale:
L'Employer Branding si modella sulle nuove esigenze della società.
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