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Head hunter: professione che evolve con il digitale

Scritto da Team Reverse | 24 maggio 2019 17.40.00 Z

Fattore umano e tecnologia: è fondamentale che l’Head Hunter sappia integrare questi due elementi per rendere efficiente il suo lavoro. Capiamo meglio come sta evolvendo questa figura.

 

  1. Cosa fa oggi un Head Hunter
  2. I ruoli: Head Hunter, Recruiter, HR Manager
  3. La tecnologia è un supporto per l'HR
  4. Come un Head Hunter fa ricerca di personale
  5. L'apporto umano dell'Head Hunter

1. Cosa fa oggi un Head Hunter

Se il termine “cacciatore di teste” in passato poteva essere circondato da un alone di mistero, richiamando alla mente una figura che trama nell’ombra tessendo relazioni tra manager inavvicinabili, oggi invece l’Head Hunter è un professionista smart, digitale, aggiornato e interessante.

Nell’immaginario comune di qualche anno fa c’erano robot che avrebbero sostituito l’uomo nella maggior parte delle attività lavorative, soprattutto quelle ripetitive e routinarie. Si pensi al classico del cinema “Tempi Moderni”, nel quale Charlie Chaplin viene catturato dalla tecnologia della macchina e snatura le proprie attività fino a diventare parte di essa.

Questo scenario apocalittico nel quale uomo e tecnologia si fondono - o nel quale la seconda sostituisce completamente il fattore umano - è ancora fortunatamente lontano dalla realtà odierna, ma non si può negare il fatto che la digitalizzazione stia galoppando a gran velocità verso di noi.

Il mondo del lavoro è tra i settori che stanno vivendo un cambiamento epocale dovuto alla digital transformation e i primi protagonisti dei cambiamenti aziendali devono essere gli specialisti delle risorse umane.

Le dinamiche di ricerca di personale specializzato da parte di figure come gli Head Hunter hanno cambiato pelle: siamo passati da un lavoro fondato solo ed esclusivamente sul rapporto umano, a un’attività nella quale algoritmi e intelligenza artificiale sono al servizio quotidiano dello specialista

I professionisti che ricoprono questo ruolo hanno background molto diversi tra loro. E’ recente infatti il proliferare di corsi e master specifici, soprattutto post lauream. Chi è Head Hunter già da qualche tempo viene in molti casi da percorsi umanistici, a cui si affiancano figure che hanno abbandonato l’esperienza sul field per avvicinarsi al mondo della ricerca e selezione nella Industry in cui hanno esperienza. 

Lo stravolgimento del mondo del lavoro che stiamo vivendo sta contribuendo ad arricchire ancor di più l’universo dell'Headhunting: ormai è comune trovare consulenti esperti di nuove tecnologie, di data analysis, di privacy e di molte altre nuove aree di interesse.

Inoltre, come vedremo più avanti nell’articolo, sono molti i giovanissimi che si stanno avvicinando a questa professione, attratti dalla commistione tra digitale e relazione umana.

Nel complesso l’Head Hunter è sempre di più una figura con cui le aziende e i candidati hanno piacere di confrontarsi, certi di trovare un interlocutore di valore.

Come si è sviluppata negli anni questa professione?

 

2. I ruoli: Head Hunter, Recruiter, HR Manager

Come primo driver del cambiamento troviamo anche in questo caso, come in molti aspetti di business, la digitalizzazione che ha portato e sta portando una ventata di innovazione. Innovazione che viene presa con entusiasmo da chi lavora con approccio agile e con meno energia da chi ancora si aggrappa a vecchi modelli. 

Ecco quindi una prima caratteristica dell’Head Hunter di oggi: è una figura altamente digitalizzata e che ama l‘innovazione, è un trend setter e non un follower, apprezza il cambiamento senza temerlo.

L’Head Hunter infatti utilizza molta tecnologia e molti software, ma attenzione: l’Head Hunter non deve mai subire la tecnologia, non deve farsene sopraffare. Muovendoci in un ambito delicato come le Risorse Umane dobbiamo essere utilizzatori esperti del digitale per poter capire quando farne uso e quando invece lasciare spazio all’apporto umano. Torneremo su questo punto più avanti.

Come abbiamo detto sono sempre di più i giovani che si avvicinano alle professioni delle Risorse Umane, ma spesso non sono chiare le differenze tra i diversi ruoli:

  • Recruiter: la principale caratteristica del lavoro di un Recruiter è la ricerca e selezione di persone che sono attivamente in cerca di lavoro, dedicandosi allo screening dei cv, spesso con il supporto di software. Il Recruiter che lavora in azienda spesso si occupa anche di altre attività, come l'onboarding e l'employee engagament.
  • Head Hunter: l'Head Hunter ricerca i professionisti con l’esperienza e la qualifica richieste anche se non sono in ricerca attiva, ma sono i cosiddetti candidati passivi. Solitamente l'Head Hunter non è interno all'azienda ma lavora in società specializzate in questo tipo di attività. L'aspetto relazionale è particolarmente strategico per l'Head Hunter, rispetto a quello di un Recruiter, e spesso porta a stringere con i candidati relazioni durature negli anni.

  • HR Manager: l'HR Manager è la figura interna all'azienda che tiene le fila di tutti i processi relativi alle Risorse Umane, di cui è responsabile. Collaborando strettamente con la proprietà o la direzione, delinea le strategie che l'azienda vuole tenere in merito, principalmente, ad assunzioni e gestione del personale. E' lui a decidere in quali casi affidarsi a società esterne di recruiting ed Headhunting e quando invece dotarsi di un team interno.


3. La tecnologia è un supporto per l'HR

Come abbiamo accennato, utilizzare degli strumenti di eRecruitment non vuol dire prescindere dalla relazione umana - che continua ad essere fondamentale nel mondo della selezione - bensì significa sfruttare a proprio vantaggio le potenzialità degli strumenti a nostra disposizione. Le nuove tecnologie, infatti, rappresentano un’opportunità di evoluzione dei processi di ricerca del personale.

Nella maggior parte dei casi, l’utilizzo di software HR permette di automatizzare tediosi e lunghi processi che non rappresentano il core della professione di Head Hunting, bensì si rivelano essere dei task ripetitivi in cui l’apporto del professionista non è strettamente determinante per la loro buona riuscita.

Un esempio su tutti: algoritmi semantici e intelligenza artificiale permettono di avere a disposizione in pochi minuti un buon numero di profili che corrispondono alla posizione ricercata solo analizzando il percorso professionale e le competenze scritte nel curriculum vitae.

L’automazione aiuta a risparmiare tempo e risorse aumentando, allo stesso tempo, accuratezza, oggettività e precisione.

Questo permette all’Head Hunter e al Recruiter di dedicare più tempo al dialogo con i singoli candidati: quindi al momento più importante e strategico dove sarà decisivo utilizzare la propria sensibilità per scegliere tra profili professionali simili.

I processi di digitalizzazione del recruiting hanno portato altresì numerosi vantaggi a livello di privacy: tutti i candidati, oggi, caricano i propri curricula insieme al dettaglio dei profili personali su portali online autorizzando, così, il Recruiter all’utilizzo dei propri dati di contatto. In questo modo è possibile avere maggiori tutele a livello legale e rispettare, allo stesso tempo, i criteri legislativi in materia di privacy.

 

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4. Come un Head Hunter fa ricerca di personale

Oggi nuove figure strategiche reclamano l'attenzione dell'Head Hunter, che sta quindi adattando il suo modo di lavorare al nuovo mondo del lavoro.

Infatti, oltre alla tecnologia, un secondo aspetto che ha trasformato profondamente questa professione è il fatto che oggi opera anche per la ricerca e selezione di Middle Manager e non più solo di Executive. A cosa è dovuto questo passaggio?

Principalmente all’evoluzione del mercato del lavoro a cui stiamo assistendo. Negli scorsi decenni per selezionare un C-Level erano necessarie le attenzioni e l’intermediazione di un Head Hunter mentre per i livelli inferiori era sufficiente l’intervento del reparto HR col supporto di Recruiter esterni: queste figure infatti erano perfettamente in grado di comprendere le dinamiche e parlare la stessa lingua delle figure di Middle Management.

Oggi lo scenario è completamente diverso: i profili con 8/10 anni di esperienza sono tanto strategici quanto difficili da ingaggiare. Per capire meglio abbiamo parlato con Claudia Neuhoff, Reverse Delivery Manager, che ha evidenziato questi punti:

  • Middle Manager, portatori sani di innovazione: sono considerate figure strategiche perché è grazie a loro se l’innovazione e il cambiamento vengono trasmessi correttamente dalla dirigenza ai team operativi. Anche le aziende più virtuose e con management illuminato devono fare i conti con la resistenza al cambiamento che può serpeggiare tra le scrivanie. Collaboratori con qualche anno in più all’anagrafe o giovani ancorati ai primi insegnamenti ricevuti possono essere pessimi amplificatori dell’innovazione, e il ruolo importantissimo dei Middle Manager è quindi quello di veicolare correttamente l’innovazione, diffondendo entusiasmo e non timore nei confronti del cambiamento. Anche la più grande rivoluzione può essere frenata da chiacchiere negative alla macchinetta del caffè.
  • Le skill, molto soft, e i valori del Middle Manager: abbiamo detto che sono figure difficili da ingaggiare perchè possiedono competenze sempre più specifiche, hanno chiaro quello che desiderano, e sono un ibrido non semplice da comprendere per chi ha qualche anno in più. I Millennials, tutti coloro che nel 2021 hanno tra i 25 e i 40 anni, sono una generazione con un piede nell’analogico e uno nel digitale (forse solo qualche dito nell’analogico per quanto riguarda gli under 30); sono cresciuti in un’era e sono diventati adulti in un’altra; hanno fatto lo stage inviando fax e oggi gestiscono progetti interamente in cloud. Queste esperienze li hanno portati ad essere da un lato molto flessibili e dall’altro molto esigenti. Flessibili proprio grazie alle evoluzioni che hanno vissuto sulla propria pelle, ed esigenti perché consci della necessità di essere sempre un passo avanti per non trovarsi due passi indietro in un battito di ciglia. Cosa c’entra tutto ciò con l’Head Hunter? Ingaggiare il Middle Manager corretto per ogni azienda è un’impresa molto più ardua che in passato, e il focus più che sulle competenze è sulle soft skill e sui valori. Se le soft skill dei manager è un tema di cui si parla già da tempo, l’aspetto valoriale è una novità di questi anni. Hanno cominciato le grandi aziende multinazionali facendosi portavoce di cause sociali (si pensi a Patagonia e le tematiche ambientali) e poi tutte le aziende, anche quelle familiari, sono state contagiate dalla necessità di sposare dei valori e delle missioni in cui i dipendenti possano riconoscersi. E questo aspetto è diventato una leva chiave nelle scelte dei candidati, che dimostrano di preferire nettamente le aziende di cui condividono le ideologie, rimanendo più fedeli nel tempo. L’Head Hunter di oggi si destreggia abilmente su questo scenario.

E' chiaro quindi come in questo scenario le strategie per fare ricerca e selezione siano sempre più agili e all'avanguardia. alcuni aspetti chiave del lavoro di un Head Hunter:

  • i social media, che hanno stravolto i processi pochissimi anni fa, sono ormai strumenti quotidiani;
  • il network e la relazione sono spesso digitali, e non per questo meno efficaci;
  • la conoscenza del settore dell'azienda che assume (aspetto su cui qui in Reverse collaboriamo con una rete di Scout esterni) è più facilmente ampliabile grazie al web;
  • la possibilità di incontrare i candidati in video call dà modo di stringere un rapporto più assiduo con loro, non limitandosi agli incontri in presenza;
  • la responsabilità di essere il primo touch point, il primo punto di contatto, tra l'azienda e il candidato è diventata un aspetto ricco di spunti e iniziative online e offline che ogni Head Hunter può personalizzare.

 

5. L'apporto umano dell'Head Hunter

Concludiamo con un focus sul fattore umano nel lavoro dell’Head Hunter, che da sempre è un asset strategico capace di creare e determinare gran parte del vantaggio competitivo ricercato dall’azienda.

L’elemento distintivo di questa professione è (e deve rimanere) la capacità di capire i contesti e i momenti e di instaurare e mantenere relazioni a più livelli.

Di quali relazioni stiamo parlando?

  1. In primis con il mercato del lavoro: un Head Hunter deve essere informato sull’andamento dei propri settori di interesse attraverso una continua ricerca approfondita.
  2. In secondo luogo con il contesto lavorativo dell’azienda cliente: la conoscenza della cultura, del clima e dello specifico ufficio nel quale la persona andrà ad operare sono tutti elementi chiave che possono essere acquisiti solo stabilendo una relazione umana tra specialista della selezione e il management dell’azienda cliente.
  3. Infine, ultima ma non per importanza, esiste la relazione che l’Head Hunter deve costruire e mantenere con i candidati. Tutto questo ha un duplice scopo: da un lato va a lavorare sull’employer branding dell’azienda cliente e ne migliora la percezione, dall’altro cerca di garantire ad ogni candidato un’esperienza di recruiting positiva fungendo da primo touchpoint dell’azienda cliente.

Tutto inizia e finisce con le persone. Spesso le resistenze dei professionisti del settore nei confronti della digitalizzazione sono legate alla paura di snaturare l’autenticità della propria professione; tuttavia, come abbiamo detto, si tratta solo di decentralizzare certe attività grazie alla tecnologia.

Empatia, gentilezza, creatività e tutte quelle sfumature che distinguono un essere umano da una macchina rimangono il fattore centrale nel lavoro di selezione. Questo non avviene solo per questioni “etiche”, bensì anche perché la tecnologia presenta alcune limitazioni a livello di normative.

Lo stesso legislatore europeo, con il regolamento 679 del 2016, ha limitato l’operatività della cosiddetta “profilazione automatizzata” - ovvero quella degli algoritmi - e, all’articolo 22, contempla il diritto dell’interessato di “non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato” ma anche quello di ottenere l’intervento umano e poter contestare la decisione fondata su tale profilazione.

 

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