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OKR: come e perché adottarli in azienda

Scritto da Team Reverse | 27 novembre 2020 11.38.54 Z

Cosa sono gli OKR e perchè possono dare la svolta al tuo metodo di gestione del lavoro per obiettivi?

In questo periodo in cui tutti, volenti o nolenti, stanno comprendendo le potenzialità dello smart working, è ancora più strategico saper gestire correttamente il lavoro per obiettivi.

Infatti ogni manager deve essere in grado di guidare con facilità il lavoro del proprio team da remoto, e le aziende devono dotarsi della struttura migliore per agevolare questo processo.

In questo articolo trovi i primi spunti su come e perchè gli OKR sono un'ottima risposta a questo nuovo mondo che abbiamo appena cominciato e vivere e a scoprire.

Se vuoi approfondire il tema compila il form e riceverai un breve ciclo di quattro e-mail settimanali in cui il nostro CEO Alessandro Raguseo ti porta con sè nel viaggio dell'introduzione degli OKR in azienda, con spunti pratici e consigli per portare questa iniziativa al successo.

Cominciamo ora a scoprire gli OKR.


  1. Cosa sono gli OKR?
  2. Differenza tra OKR, KPI e MBO
  3. I vantaggi degli OKR
  4. Come funzionano gli OKR e un esempio pratico
  5. Quali sono i maggiori ostacoli nell’adozione degli OKR?
  6. Qualche consiglio per introdurli in azienda
  7.  Un po’ di storia sugli OKR

 

1. Cosa sono gli OKR?

OKR (Objective and Key Results) è una metodologia di management per obiettivi che si basa su due elementi ben distinti: il primo è l’objective, cioè il macro obiettivo che si vuole raggiungere, e il secondo sono i key results, le azioni da intraprendere per raggiungere l’obiettivo prefissato.

  • L’objective è il risultato che si vuole cogliere, un obiettivo di ampio respiro che risponde alla domanda “What”.
  • I key results indicano come arrivare a destinazione e hanno una natura più quantitativa: possono e devono essere misurabili, rispondendo alla domanda “How”. 

Nell’ultimo periodo sempre più aziende stanno adottando la metodologia OKR nei loro processi di valutazione. Questo accade perché rispetto ai metodi tradizionali in cui il modello organizzativo sembra “schiacciare” il singolo lavoratore, gli OKR riescono a stimolare senza l’ansia da numero, incentivano la collaborazione tra persone e team e permettono all’azienda di raggiungere obiettivi molto più alti.

Scopriamo di più su questa metodologia, indagando su cosa la distingue dai metodi più diffusi e analizzando i vantaggi e gli ostacoli che un’azienda può riscontrare nella sua implementazione. 

 

2. Differenza tra OKR, KPI e MBO

Rispetto ai KPI e agli MBO, gli OKR sono più flessibili e permettono di collaborare in modo più efficace e trasparente in azienda.

Come abbiamo già accennato, i metodi tradizionali rischiano di schiacciare il collaboratore che “subisce” la valutazione delle sue performance. Per esempio, un sales a fine anno sarà disposto a tutto pur di raggiungere i numeri che gli sono stati prefissati un anno prima. Eccessivo individualismo, ansia e poca elasticità sono solo alcuni dei problemi che nascono con i vecchi metodi.

Ma quali sono nel dettaglio le differenze con gli OKR e come possono superare i limiti dei metodi di valutazione tradizionali?

  • Più che il raggiungimento del risultato, nella metodologia OKR è importante come lo si raggiunge. 
  • L’obiettivo non è un diktat ma una missione di cui il lavoratore si sente parte attiva, ed è un risultato ambizioso che può anche non essere raggiunto al 100%: se nelle metodologie KPI e MBO il mancato raggiungimento degli obiettivi è considerato un fallimento, non vale la stessa cosa per gli OKR: raggiungere il proprio obiettivo al 70% può comunque essere un buon risultato, perchè ciò che ci si era prefissati era - magari - straordinariamente ambizioso. Allo stesso tempo, raggiungere un obiettivo al 100% potrebbe significare che l’obiettivo era fin troppo facile da raggiungere. O che la performance è da incorniciare. Vediamo nel dettaglio questo aspetto nei prossimi paragrafi.
  • Gli OKR non si adattano a un metodo di lavoro tradizionale, bensì a uno per obiettivi: bisogna avere fiducia nell’autonomia dei propri collaboratori e allo stesso tempo incentivare alla cooperazione dei team per il raggiungimento dell’obiettivo unico aziendale.
  • In un mondo in continuo cambiamento, fissare degli obiettivi annuali è ormai obsoleto. Il mercato si evolve velocemente, così come le aziende che vogliono essere competitive: è impensabile, dunque, fissare degli obiettivi “rigidi” a così lungo termine. Gli OKR con la loro natura trimestrale permettono di stare al passo con le nuove esigenze e le nuove sfide di mercato.

"I KPI sono come delle spie nel cruscotto di una macchina: se sono spente, segnalano che sta andando tutto bene e che l’auto sta funzionando, ma non impediscono che la macchina vada a sbattere contro un muro. Con gli OKR, specialmente con i key results, è possibile - una volta che si è intravisto un ostacolo - sterzare prima del crash." Alessandro Raguseo, CEO Reverse

 

 

Il tema è complesso e dipende molto da azienda ad azienda, ma queste sono le principali differenze tra OKR, KPI e MBO:

 

 

3. I vantaggi degli OKR

I vantaggi degli OKR sono strettamente collegati a quelli del lavoro per obiettivi: in questo senso, la loro implementazione in azienda fallisce quando si è ancora legati a modelli di lavoro retrogradi, dove l’amministratore delegato vuole vedere tutti i giorni i propri collaboratori seduti alla scrivania per otto ore al giorno.

L’azienda non solo deve avere una cultura dell’obiettivo, ma deve anche averne uno proprio ben chiaro a lungo termine: solo se tutti i collaboratori hanno chiaro e interiorizzato quale sia il macro obiettivo dell’azienda e dove si sta andando tutti insieme (c’è chi la chiama “mission”, altri “purpose”) si potranno includere gli OKR nei processi aziendali.

Quando la direzione è chiara si tratta, di quarter in quarter, di stabilire le priorità potendo usufruire di una serie di vantaggi sia per i collaboratori che per l’organizzazione: vediamo i principali.

  • Si pone maggiore attenzione sui macro obiettivi: dovendo stabilire quali sono gli obiettivi individuali di ogni collaboratore o team, la direzione ha modo di riflettere su quale sia il macro obiettivo dell’azienda. Si tratta di una cosa affatto banale visto che in un mondo in cui le cose cambiano velocemente il macro obiettivo può venire lasciato indietro: con gli OKR il focus torna sulla direzione da prendere.
  • Si incentiva l’indipendenza del singolo: gli OKR sono obiettivi meno “subiti” rispetto ad altri metodi di valutazione perché permettono al singolo collaboratore (magari all’interno del suo team) di proporre le key action necessarie per raggiungere l’obiettivo, anch’esso concordato e non imposto. Quindi non si vive con l’ansia della performance ma col piacere di lavorare per un obiettivo in cui si crede.
  • Si incoraggia il lavoro di squadra: per implementare gli OKR in azienda è necessario avere una natura trasparente e collaborativa. Gli OKR devono essere visibili a tutti i collaboratori e questo comporta maggiore chiarezza: ognuno sa a cosa sta lavorando il proprio collega e sa anche perché lo fa. In questo modo, tutti sono a conoscenza dello sforzo altrui e c’è un coinvolgimento totale nel raggiungimento del macro-obiettivo aziendale.
  • Si incentiva l’audacia: visto che non sono collegati a premi economici come gli MBO, ogni collaboratore è libero dal legame con i numeri. Essendo costruiti dal basso, ognuno cerca di raggiungere il proprio obiettivo seguendo un proprio metodo, e si sente coinvolto nella sfida ambiziosa che gli viene presentata.
  • Si aumenta la reattività: l’abbiamo già detto in precedenza e in diverse occasioni, il mondo del lavoro si evolve in continuazione. Gli OKR, grazie alla loro flessibilità e alla cadenza trimestrale, si adattano perfettamente ai business in continuo cambiamento, con le sfide e gli obiettivi sempre nuovi che si presentano.

 

4.Come funzionano gli OKR e un esempio pratico

Gli OKR di ogni collaboratore o di un team vengono concordati trimestralmente con l’owner del progetto, che può essere il CEO, il manager, o il team leader.

Una volta fissato l’objective, si decide insieme quali key results adottare per raggiungere l’obiettivo.

Nel periodo successivo seguono dei follow-up di allineamento, ma le persone sono sostanzialmente autonome.

Alla fine del periodo si arriva alla fase di valutazione. Quello che viene misurato è il raggiungimento dell'objective, non dei singoli key results (nulla vieta un ulteriore approfondimento per valutare com’è andato ogni aspetto operativo).

Gli OKR vengono valutati su una scala da 1 a 10 o da 1 a 100.

Non è richiesto ottenere il pieno raggiungimento degli obiettivi: se si prende 10 o 100 vuol dire che l’obiettivo non era abbastanza ambizioso. D’altra parte, se il punteggio raggiunto è troppo basso, l’obiettivo era inadeguato rispetto alle capacità del collaboratore. Secondo John Doerr, che ha portato gli OKR in Google, la media ideale è quella del 70%: il punto non è conquistare un punteggio perfetto, ma spingere verso il miglioramento continuo il team e le persone in azienda.

Facciamo un esempio pratico.

Un obiettivo ambizioso, quasi una missione, per un HR Manager di una media impresa del settore tech potrebbe essere: diventare l’azienda più ambita dagli ingegneri informatici under 30. Non è impossibile, ma sfidante.

Alla domanda “Come raggiungo questo obiettivo?” vengono in soccorso i key results, solitamente dai tre ai cinque per ogni objective, che ”spezzettano” l’obiettivo in modo da avvicinarsi il più possibile al risultato desiderato. Quindi, in questo caso, alla domanda “Come posso diventare l’azienda più ambita dagli ingegneri informatici under 30?” si potrebbe cercare di rispondere con i seguenti key results:

  • inizio una partnership con l’Università e organizzo due eventi;
  • intraprendo una serie di iniziative volte a migliorare l’employee experience (definisco quali iniziative);
  • collaboro con il Marketing per girare cinque video feedback dei miei collaboratori.

Probabilmente  l'HR Manager non riuscirà ad organizzare due eventi ma soltanto uno, e non otterrà cinque video feedback ma solo tre. Quindi analizzando in ottica KPI avrebbe mancato l’obiettivo, mentre l’OKR si può considerare preso al 70%, ed esserne soddisfatti.

Infatti ci si è posti un obiettivo altissimo e si sono fatti passi enormi verso il suo raggiungimento, intraprendendo attività che proseguiranno anche in futuro e non si chiudono con la fine del periodo in valutazione. L’azienda ha quindi ottenuto di aprirsi possibilità molto più interessanti, e l’HR Manager ha lavorato per una missione sfidante invece che per il semplice adempimento di task.

 

5. Quali sono i maggiori ostacoli nell’adozione degli OKR?

Come abbiamo visto quindi gli OKR possono migliorare in maniera unica i processi aziendali, ma implementarli in azienda non è immediato. Specie se si viene da un’organizzazione tradizionale, non si può sperare che l’introduzione degli OKR sia il primo passo per portare l’innovazione in azienda poiché questa metodologia ha bisogno di un terreno fertile.

Dunque, prima della loro adozione, bisogna considerare un insieme di fattori, per cui ogni azienda deve:

  • avere ben chiara la visione aziendale, cioè l’ambizione principale;
  • essere trasparente, condividere le performance e gli obiettivi di tutti senza vergogna;
  • coltivare la cultura del feedback, necessaria per la giusta implementazione degli OKR;
  • avere parametri facilmente misurabili;
  • avere il CEO committed al progetto: non è qualcosa che si può fare se l'iniziativa non nasce o almeno non è fortemente appoggiata dal vertice.

Un ultimo aspetto di primaria importanza: uno degli argomenti che genera molta confusione su questo tema riguarda il rapporto tra gli incentivi economici e il raggiungimento degli obiettivi: negli OKR non esiste questa correlazione.

Premiare i migliori collaboratori in base alle performance è inevitabile e anche naturale, per questo si fissano degli obiettivi raggiungibili; ma se l’azienda vuole fare dei passi importanti e far crescere i collaboratori, spingendoli verso sfide ambiziose, entrano in gioco gli OKR.

Bisogna, insomma, distinguere questi due tipi di obiettivi: uno serve per premiare il collaboratore che li raggiunge, l’altro è funzionale alla crescita personale e comunitaria. Quindi è possibile affiancare MBO o altri metodi di incentivazione agli OKR, ma senza legare il raggiungimento di questi ultimi al premio economico.

 

6. Qualche consiglio per introdurli in azienda

In Reverse usiamo la metodologia OKR con grandi risultati. Sappiamo bene che l’adozione non è così semplice e intuitiva come può sembrare: all’inizio succede di sbagliare, di non dare gli obiettivi giusti, di non riuscire a valutare efficacemente i risultati. Quello che aiuta è leggere molto sul tema, informarsi con le aziende che hanno già intrapreso questo percorso e soprattutto aprire un dialogo con i propri collaboratori.

Ci sono anche altri punti che ci hanno aiutato a introdurre con successo gli OKR nei nostri processi:

  • Definire il macro obiettivo aziendale: qual è la missione dell’azienda? Lo ribadiamo: il CEO deve avere ben chiara la direzione che l’azienda vuole prendere, qual è l’obiettivo non solo del quarter, ma a lungo termine.
  • Iniziare con calma: è impensabile introdurre “a bomba” gli OKR in azienda. Meglio iniziare con dei piccoli team, vedere come un gruppo ristretto di collaboratori reagisce a un metodo così radicalmente diverso da quello a cui era abituato.
  • Testare ogni step: prima di estendere gli OKR a tutta l’azienda, è necessario fare diversi test per capire cosa funziona e cosa no.
  • Abbracciare la cultura del fallimento: gli OKR si concentrano di più su come si cerca di arrivare a un obiettivo che al centramento dello stesso. Bisogna imparare ad accettare l’errore e ad apprezzare il processo.
  • Definire le metriche corrette per valutare il raggiungimento di ogni obiettivo: bisogna capire quali dati sono necessari per poter mettere a paragone il “prima” con i miglioramenti avvenuti.

 

7. Un po’ di storia sugli OKR

Nel 1999, Andy Grove, il fondatore di Intel, introdusse per la prima volta l’idea degli OKR: nel suo libro High Output Management” spiega che aveva bisogno di collegare i key results a un obiettivo perché solo attraverso l’analisi di essi si può capire se un’azienda ha effettivamente raggiunto o meno il suo obiettivo. Quindi, per esempio, un obiettivo di un anno può essere suddiviso in un elenco di key results da raggiungere in dodici mesi o trimestralmente. Questo approccio era molto importante per la Intel in quel momento, perché l’azienda era cresciuta enormemente e aveva bisogno di convertire la pianificazione strategica in obiettivi e target intermedi attuabili.

Questa idea fu perfezionata da John Doerr, all’epoca salesperson di Intel sotto la guida di Grove, che la portò poi in Google, dove divenne membro del board. È proprio a Mountain View che gli OKR hanno preso vita nella loro definizione attuale, e oggi tutte le aziende più all’avanguardia del mondo li usano o li hanno usati: tra di esse LinkedIn, Spotify e Zynga.

Larry Page, co-founder di Google, ha dato il suo pieno appoggio a questa metodologia nella sua prefazione al libro di Doerr, “Measure what matters”, bibbia sull’argomento OKR, dove dice:

 "OKRs have helped lead us to 10× growth, many times over. They’ve helped make our crazily bold mission of 'organizing the world’s information' perhaps even achievable. They’ve kept me and the rest of the company on time and on track when it mattered the most."

 

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