Cosa sono gli OKR e perchè possono dare la svolta al tuo metodo di gestione del lavoro per obiettivi?
In questo periodo in cui tutti, volenti o nolenti, stanno comprendendo le potenzialità dello smart working, è ancora più strategico saper gestire correttamente il lavoro per obiettivi.
Infatti ogni manager deve essere in grado di guidare con facilità il lavoro del proprio team da remoto, e le aziende devono dotarsi della struttura migliore per agevolare questo processo.
In questo articolo trovi i primi spunti su come e perchè gli OKR sono un'ottima risposta a questo nuovo mondo che abbiamo appena cominciato e vivere e a scoprire.
Se vuoi approfondire il tema compila il form e riceverai un breve ciclo di quattro e-mail settimanali in cui il nostro CEO Alessandro Raguseo ti porta con sè nel viaggio dell'introduzione degli OKR in azienda, con spunti pratici e consigli per portare questa iniziativa al successo.
Cominciamo ora a scoprire gli OKR.
OKR (Objective and Key Results) è una metodologia di management per obiettivi che si basa su due elementi ben distinti: il primo è l’objective, cioè il macro obiettivo che si vuole raggiungere, e il secondo sono i key results, le azioni da intraprendere per raggiungere l’obiettivo prefissato.
Nell’ultimo periodo sempre più aziende stanno adottando la metodologia OKR nei loro processi di valutazione. Questo accade perché rispetto ai metodi tradizionali in cui il modello organizzativo sembra “schiacciare” il singolo lavoratore, gli OKR riescono a stimolare senza l’ansia da numero, incentivano la collaborazione tra persone e team e permettono all’azienda di raggiungere obiettivi molto più alti.
Scopriamo di più su questa metodologia, indagando su cosa la distingue dai metodi più diffusi e analizzando i vantaggi e gli ostacoli che un’azienda può riscontrare nella sua implementazione.
Rispetto ai KPI e agli MBO, gli OKR sono più flessibili e permettono di collaborare in modo più efficace e trasparente in azienda.
Come abbiamo già accennato, i metodi tradizionali rischiano di schiacciare il collaboratore che “subisce” la valutazione delle sue performance. Per esempio, un sales a fine anno sarà disposto a tutto pur di raggiungere i numeri che gli sono stati prefissati un anno prima. Eccessivo individualismo, ansia e poca elasticità sono solo alcuni dei problemi che nascono con i vecchi metodi.
Ma quali sono nel dettaglio le differenze con gli OKR e come possono superare i limiti dei metodi di valutazione tradizionali?
Il tema è complesso e dipende molto da azienda ad azienda, ma queste sono le principali differenze tra OKR, KPI e MBO:
I vantaggi degli OKR sono strettamente collegati a quelli del lavoro per obiettivi: in questo senso, la loro implementazione in azienda fallisce quando si è ancora legati a modelli di lavoro retrogradi, dove l’amministratore delegato vuole vedere tutti i giorni i propri collaboratori seduti alla scrivania per otto ore al giorno.
L’azienda non solo deve avere una cultura dell’obiettivo, ma deve anche averne uno proprio ben chiaro a lungo termine: solo se tutti i collaboratori hanno chiaro e interiorizzato quale sia il macro obiettivo dell’azienda e dove si sta andando tutti insieme (c’è chi la chiama “mission”, altri “purpose”) si potranno includere gli OKR nei processi aziendali.
Quando la direzione è chiara si tratta, di quarter in quarter, di stabilire le priorità potendo usufruire di una serie di vantaggi sia per i collaboratori che per l’organizzazione: vediamo i principali.
Gli OKR di ogni collaboratore o di un team vengono concordati trimestralmente con l’owner del progetto, che può essere il CEO, il manager, o il team leader.
Una volta fissato l’objective, si decide insieme quali key results adottare per raggiungere l’obiettivo.
Nel periodo successivo seguono dei follow-up di allineamento, ma le persone sono sostanzialmente autonome.
Alla fine del periodo si arriva alla fase di valutazione. Quello che viene misurato è il raggiungimento dell'objective, non dei singoli key results (nulla vieta un ulteriore approfondimento per valutare com’è andato ogni aspetto operativo).
Gli OKR vengono valutati su una scala da 1 a 10 o da 1 a 100.
Non è richiesto ottenere il pieno raggiungimento degli obiettivi: se si prende 10 o 100 vuol dire che l’obiettivo non era abbastanza ambizioso. D’altra parte, se il punteggio raggiunto è troppo basso, l’obiettivo era inadeguato rispetto alle capacità del collaboratore. Secondo John Doerr, che ha portato gli OKR in Google, la media ideale è quella del 70%: il punto non è conquistare un punteggio perfetto, ma spingere verso il miglioramento continuo il team e le persone in azienda.
Facciamo un esempio pratico.
Un obiettivo ambizioso, quasi una missione, per un HR Manager di una media impresa del settore tech potrebbe essere: diventare l’azienda più ambita dagli ingegneri informatici under 30. Non è impossibile, ma sfidante.
Alla domanda “Come raggiungo questo obiettivo?” vengono in soccorso i key results, solitamente dai tre ai cinque per ogni objective, che ”spezzettano” l’obiettivo in modo da avvicinarsi il più possibile al risultato desiderato. Quindi, in questo caso, alla domanda “Come posso diventare l’azienda più ambita dagli ingegneri informatici under 30?” si potrebbe cercare di rispondere con i seguenti key results:
Probabilmente l'HR Manager non riuscirà ad organizzare due eventi ma soltanto uno, e non otterrà cinque video feedback ma solo tre. Quindi analizzando in ottica KPI avrebbe mancato l’obiettivo, mentre l’OKR si può considerare preso al 70%, ed esserne soddisfatti.
Infatti ci si è posti un obiettivo altissimo e si sono fatti passi enormi verso il suo raggiungimento, intraprendendo attività che proseguiranno anche in futuro e non si chiudono con la fine del periodo in valutazione. L’azienda ha quindi ottenuto di aprirsi possibilità molto più interessanti, e l’HR Manager ha lavorato per una missione sfidante invece che per il semplice adempimento di task.
Come abbiamo visto quindi gli OKR possono migliorare in maniera unica i processi aziendali, ma implementarli in azienda non è immediato. Specie se si viene da un’organizzazione tradizionale, non si può sperare che l’introduzione degli OKR sia il primo passo per portare l’innovazione in azienda poiché questa metodologia ha bisogno di un terreno fertile.
Dunque, prima della loro adozione, bisogna considerare un insieme di fattori, per cui ogni azienda deve:
Un ultimo aspetto di primaria importanza: uno degli argomenti che genera molta confusione su questo tema riguarda il rapporto tra gli incentivi economici e il raggiungimento degli obiettivi: negli OKR non esiste questa correlazione.
Premiare i migliori collaboratori in base alle performance è inevitabile e anche naturale, per questo si fissano degli obiettivi raggiungibili; ma se l’azienda vuole fare dei passi importanti e far crescere i collaboratori, spingendoli verso sfide ambiziose, entrano in gioco gli OKR.
Bisogna, insomma, distinguere questi due tipi di obiettivi: uno serve per premiare il collaboratore che li raggiunge, l’altro è funzionale alla crescita personale e comunitaria. Quindi è possibile affiancare MBO o altri metodi di incentivazione agli OKR, ma senza legare il raggiungimento di questi ultimi al premio economico.
In Reverse usiamo la metodologia OKR con grandi risultati. Sappiamo bene che l’adozione non è così semplice e intuitiva come può sembrare: all’inizio succede di sbagliare, di non dare gli obiettivi giusti, di non riuscire a valutare efficacemente i risultati. Quello che aiuta è leggere molto sul tema, informarsi con le aziende che hanno già intrapreso questo percorso e soprattutto aprire un dialogo con i propri collaboratori.
Ci sono anche altri punti che ci hanno aiutato a introdurre con successo gli OKR nei nostri processi:
Nel 1999, Andy Grove, il fondatore di Intel, introdusse per la prima volta l’idea degli OKR: nel suo libro “High Output Management” spiega che aveva bisogno di collegare i key results a un obiettivo perché solo attraverso l’analisi di essi si può capire se un’azienda ha effettivamente raggiunto o meno il suo obiettivo. Quindi, per esempio, un obiettivo di un anno può essere suddiviso in un elenco di key results da raggiungere in dodici mesi o trimestralmente. Questo approccio era molto importante per la Intel in quel momento, perché l’azienda era cresciuta enormemente e aveva bisogno di convertire la pianificazione strategica in obiettivi e target intermedi attuabili.
Questa idea fu perfezionata da John Doerr, all’epoca salesperson di Intel sotto la guida di Grove, che la portò poi in Google, dove divenne membro del board. È proprio a Mountain View che gli OKR hanno preso vita nella loro definizione attuale, e oggi tutte le aziende più all’avanguardia del mondo li usano o li hanno usati: tra di esse LinkedIn, Spotify e Zynga.
Larry Page, co-founder di Google, ha dato il suo pieno appoggio a questa metodologia nella sua prefazione al libro di Doerr, “Measure what matters”, bibbia sull’argomento OKR, dove dice:
"OKRs have helped lead us to 10× growth, many times over. They’ve helped make our crazily bold mission of 'organizing the world’s information' perhaps even achievable. They’ve kept me and the rest of the company on time and on track when it mattered the most."
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