Nel mondo HR si parla molto di OKR: facciamo chiarezza tra i diversi modelli per definire, sviluppare e raggiungere gli obiettivi aziendali.
- Introduzione
- Cosa sono gli OKR?
- Cosa sono invece i KPI?
- Cosa si intende per MBO
- Gli ambiti di applicazione
- Esempi
1. Introduzione
Per avere successo nel business, in qualsiasi settore si operi, gli indicatori e l’attività di monitoraggio hanno un ruolo essenziale e consentono di impostare una strategia e una metodologia di lavoro efficaci.
Ogni azienda può scegliere un approccio diverso per svolgere questa attività, e dunque può capitare di imbattersi in molti acronimi che rappresentano altrettante metodologie di management e definizione degli obiettivi.
Negli ultimi tempi abbiamo importato dall’America la metodologia OKR, Objectives and Key Results, che sta regalando non poche soddisfazioni a diverse aziende italiane di tutte le dimensioni.
Rimangono però alcune perplessità sulla differenza tra OKR, KPI, MBO e su quale sia il sistema più corretto da adottare in ogni situazione. Andiamo a fondo dell’argomento.
2. Cosa sono gli OKR?
Nel 1999 l’ingegnere e imprenditore Andy Grove, CEO di Intel, introduce nel suo libro “High Output Management” un nuovo metodo di gestione del lavoro per obiettivi che negli anni a seguire sarebbe stato adottato da Google, di cui lui è parte del board, e avrebbe conosciuto una sempre maggiore diffusione all’interno di svariate imprese di successo.
Objective and Key Results, espressione inglese riassunta dall’acronimo OKR, indica una metodologia organizzativa che si basa da un lato sull’objective, cioè lo scopo che si vuole raggiungere, e dall’altro sui key results, ovvero le azioni da intraprendere per raggiungere il suddetto obiettivo. In altri termini, l’objective è il “what”, il “cosa” vogliamo ottenere, mentre i key results sono il “how”, il “come” arriviamo a destinazione.
Gli OKR rispondono quindi alle domande fondamentali di ogni metodo di lavoro: “cosa devo fare?”, “quali sono le mie priorità?”, “quanto sono lontano dal mio obiettivo?” e lo fanno partendo proprio dal termine ultimo della strategia, ovvero la meta finale, l’obiettivo, sulla base del quale definiamo poi i key results da monitorare e quindi le azioni da mettere in campo. E se la meta, l’obiettivo che l’azienda nel suo complesso si pone in un dato periodo, viene indicata dai vertici dell’azienda in modo chiaro e soprattutto misurabile, ci sarà poi meno bisogno di controllare nel dettaglio l'operatività di ogni team: ognuno concorrerà per raggiungere lo scopo concordato, e sarà più semplice dare maggiore libertà alle persone di scegliere il proprio metodo di lavoro.
Proprio per questo gli OKR rappresentano l’approccio ideale per le aziende che lavorano con metodologie agili e stanno acquisendo sempre più successo anche in quest’ultimo periodo in cui, operando a distanza, diventa sempre più strategico saper gestire correttamente il lavoro per obiettivi.
Una volta definiti gli objectives e i key results dell’intera organizzazione, vanno poi individuati gli OKR di ogni gruppo di lavoro e infine, in alcuni casi, anche di ogni collaboratore, condividendoli con tutti gli altri colleghi in un’ottica di massima trasparenza organizzativa: generalmente questo allineamento viene effettuato all’inizio di ogni trimestre, e poi la gestione del lavoro avviene in maniera autonoma, al netto dei vari momenti di follow-up intermedi. Questo fa sì che ogni individuo si senta maggiormente coinvolto all’interno del processo in quanto responsabile del raggiungimento degli obiettivi individuali e di business.
Alcuni aspetti chiave degli OKR:
- Non sono collegati ad obiettivi economici, come invece avviene per gli MBO;
- Devono essere ambiziosi tanto da considerare ottimo un obiettivo raggiunto all’80%: se si raggiunge il 100 significa che l’obiettivo era troppo vicino, troppo facilmente raggiungibile e quindi non sfidante;
- I numeri di ognuno sono condivisi in totale trasparenza con tutta l’azienda.
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3. Cosa sono invece i KPI
Un sistema di valutazione delle performance e di gestione del lavoro per obiettivi forse più noto rispetto al precedente è quello che si basa sui KPI, acronimo di Key Performance Indicators.
I KPI sono metriche utilizzate per valutare le prestazioni e determinare il progresso nel conseguimento degli obiettivi. Ogni buon KPI aziendale presenta alcune caratteristiche fondamentali:
- misurabilità: solo i KPI effettivamente quantificabili hanno un valore;
- rilevanza: se non ha alcun legame con gli obiettivi di business, allora non è un vero KPI aziendale;
- utilità: ogni KPI deve saper fornire un’indicazione utile per decidere le azioni da intraprendere;
- funzionalità: un buon KPI deve essere calcolabile rapidamente per consentire di prendere decisioni immediate.
Un errore comune da parte di alcune imprese può essere quello di adottare alcuni KPI generalmente utilizzati nel proprio settore di riferimento, salvo poi accorgersi che quegli indicatori non sono realmente significativi per la propria azienda.
Per stabilire dei KPI davvero efficaci occorre quindi guardare consapevolmente ai reali obiettivi dell’organizzazione, come si pensa di raggiungerli e chi può agire per ottenere il risultato auspicato. Si tratta di un lavoro che può essere svolto sia da analisti sia da manager e capi reparto, che devono scegliere quali processi aziendali vanno misurati e con chi condividere queste informazioni.
Un buon metodo per valutare la rilevanza di un KPI è il metodo SMART, che in questo caso è l’acronimo di specific (specifico), measurable (misurabile), attainable (realistico), relevant (rilevante) e time-bound (con una limitazione temporale, e dunque raggiungibile entro un determinato arco di tempo a mia scelta).
Possiamo notare quindi che KPI e OKR non si escludono affatto a vicenda, anzi sono complementari: se attraverso un’analisi dei KPI possiamo valutare le performance e identificare eventuali problematiche, grazie agli OKR siamo in grado di orientarci per migliorare i processi, trovare una strategia per risolvere i problemi individuati e promuovere il cambiamento.
Mentre i KPI misurano le performance e i risultati dei processi in essere, gli OKR ci consentono di prendere in considerazione obiettivi futuri in modo flessibile.
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4. Cosa si intende per MBO
Terzo approccio, terzo acronimo: MBO sta per Management By Objectives e, come indica il nome, è un metodo di valutazione delle risorse che si basa sui risultati raggiunti a fronte degli obiettivi comuni che sono stati prefissati dall’azienda.
È una metodologia teorizzata nel 1954 da Peter Drucker nella sua opera “The practice of management” e prevede che, partendo dagli obiettivi strategici dell’organizzazione, si passi a individuare quelli più operativi per ciascuna area di business, che saranno a loro volta declinati in piani d’azione e, in ultima istanza, in obiettivi individuali.
Vi è dunque innanzitutto una prima fase di pianificazione, in cui vengono definiti con chiarezza gli obiettivi aziendali e i criteri di gestione che vanno compresi e assimilati da tutti i gruppi di lavoro. In questo ha un ruolo importante anche la formazione dei lavoratori, a cui bisogna fornire gli strumenti e le conoscenze utili al conseguimento degli obiettivi.
Compito del responsabile del personale è non solo la formazione, ma anche l’attuazione delle verifiche da svolgere durante il percorso per assicurarsi che ogni collaboratore sia orientato verso il risultato atteso, così da mantenere sotto controllo la quantità e l’efficacia del lavoro di ognuno.
Infine vi è il momento della valutazione, che può essere ovviamente sia negativa che positiva e, in quest’ultimo caso, premiata con un riconoscimento alla persona che risulta meritevole (spesso un premio in denaro) per ripagarla dell’impegno e degli sforzi fatti per il raggiungimento del risultato.
Gli obiettivi da raggiungere possono essere suddivisi in due categorie:
- quantitativi: misurabili attraverso indicatori specifici;
- qualitativi: valutati con un giudizio del responsabile, che si basa comunque su criteri oggettivi e dimostrabili anche senza indicatori specifici come nel caso degli obiettivi quantitativi.
Per fare in modo che il risultato sia chiaro e valutabile è importante fornirne una descrizione semplice, indicare il parametro a cui fare riferimento per la misurazione e stabilirne un peso che definisca il valore dell’obiettivo: a seconda dell’importanza dell’obiettivo e del risultato raggiunto, è possibile definire obiettivamente il premio da conferire all’individuo in base alle sue performance.
5. Gli ambiti di applicazione
I diversi approcci che abbiamo visto sono impiegati per organizzare il lavoro nel modo più efficiente possibile così da raggiungere gli obiettivi prefissati, sia a livello aziendale che individuale e di team.
Le aziende che utilizzano il modello MBO, ad esempio, solitamente valutano le prestazioni con una frequenza annuale perché tendenzialmente non prevedono grandi cambiamenti nel proprio settore di mercato: per questo gli obiettivi indicati sono validi per tutto il periodo considerato e quindi possono essere piuttosto ampi e generici.
Al contrario, abbiamo visto come gli OKR prevedano cicli di revisione molto più brevi, che consentono eventuali cambi di rotta in tempi stretti e portano alla scelta di obiettivi più definiti. Questi possono essere utili in contesti fortemente versatili, soprattutto in un periodo come quello che viviamo oggi.
Gli OKR potrebbero risultare più indicati anche per quelle aziende fortemente votate al digitale e quindi anche al lavoro a distanza: una tendenza sempre più diffusa nell’ultimo anno e mezzo a causa di contingenze esterne, che stanno velocizzando un trend già in forte crescita nell’ultimo decennio.
I collaboratori si ritrovano a gestire il proprio lavoro in maniera autonoma, da casa o in altri luoghi rispetto all’ufficio, organizzandosi in ottica di raggiungimento degli obiettivi comuni e individuali assegnati dal proprio responsabile.
Se quindi da un lato gli approcci KPI e MBO sono storicamente più utilizzati, dall’altro gli OKR si rivelano particolarmente utili per adattarsi alle rapide evoluzioni del mercato moderno.
Spetta comunque a ogni organizzazione identificare quale approccio può essere il migliore per soddisfare i propri bisogni, tenendo sempre conto della fondamentale importanza di un’attenta pianificazione dei momenti di revisione e feedback al fine di migliorare le performance e rendere il lavoro più efficace.
6. Esempi
Per capire meglio come avviene l’implementazione dei diversi sistemi di gestione e del lavoro, consideriamo alcuni esempi.
Prendiamo il caso di un’azienda che utilizza gli OKR. Un team all’inizio del trimestre si riunisce con il proprio manager e identifica un objective misurabile, allineato con gli obiettivi aziendali, e identifica poi i key results da misurare.
L’obiettivo è il lancio di un nuovo servizio di customer care, migliorato rispetto al precedente: il risultato sarà raggiunto se per la fine del periodo in esame i feedback degli utenti saranno migliorati del 30%.
I risultati chiave correlati potrebbero essere l’elaborazione di due case study utili allo sviluppo del progetto, l’erogazione di almeno cinque lezioni di un corso di formazione per gli addetti all’attività e la presentazione del nuovo servizio ad almeno due dei clienti principali dell’azienda.
Il documento con gli OKR ben descritti e con tutti i numeri ben chiari (da che numeri si parte e dove si vuole arrivare) viene quindi condiviso con il management e poi tutta l’azienda e al termine del trimestre ci si riunirà ancora una volta per valutarne l’andamento su una scala da 1 a 10 o da 1 a 100, per fissare nuovi OKR ed eventualmente cambiare e riproporre gli obiettivi non ancora raggiunti.
È evidente che, in contesti in continua evoluzione come quello che viviamo, fissare degli obiettivi “rigidi” a medio o lungo termine sarebbe obsoleto: gli OKR, invece, in quanto flessibili e valutati trimestralmente permettono di essere più reattivi e di intercettare le nuove esigenze del mercato.
In alcuni casi i KPI possono anche coincidere con gli OKR, ma non è la regola. Se l’obiettivo dell’azienda è, ad esempio, quello di chiudere l’anno a 500.000 euro di fatturato, i manager valuteranno i propri venditori in base ai ricavi generati nel periodo considerato, con l’obiettivo di 100.000 euro di fatturato a testa: questo sarà il KPI degli addetti alle vendite per l’anno fiscale.
Allo stesso tempo, potrebbero essere impostati anche degli OKR da monitorare trimestralmente per aiutarsi a raggiungere l’obiettivo annuale, con le attività chiave correlate che potrebbero essere la generazione di nuovi prospect, l’organizzazione di un certo numero di incontri di presentazione dei nuovi prodotti o la realizzazione di campagne di marketing mirate al target di riferimento.
Un’azienda che lavora seguendo l’approccio basato sugli MBO partirebbe invece dall’obiettivo strategico dell’ampliamento della propria fetta di mercato: da qui deriverà il focus del team di vendita, che dovrà raggiungere l’obiettivo di generare 500.000 euro di fatturato all’anno, con i suddetti obiettivi individuali per ogni singolo venditore.
Durante il percorso saranno svolte delle verifiche per accertare il corretto andamento delle attività, fino al momento della valutazione: il responsabile valuterà le performance dei lavoratori sulla base del fatturato generato, del numero di nuovi clienti acquisiti e di prodotti venduti, e assegnerà a ciascuno di loro un aumento della percentuale di guadagno sulle commissioni in maniera proporzionale agli obiettivi raggiunti.
In tutti questi casi notiamo come vi siano delle similitudini tra i diversi approcci di misurazione e orientamento in base agli obiettivi del lavoro, ma anche delle differenze sostanziali, sia a livello strategico che metodologico.
Abbiamo detto di come la misurazione nel modello MBO non sia necessariamente standard, ma possa variare in base ai requisiti e alla tipologia di obiettivo, mentre gli OKR prevedono criteri di valutazione molto precisi quantitativamente.
Un’altra differenza è a livello di chiarezza e trasparenza degli obiettivi, che nel modello OKR sono condivisi a qualsiasi livello aziendale, mentre la metodologia MBO prevede che gli obiettivi delle singole persone siano confidenziali.
Si tratta di una vera e propria differenza di approccio, perché nelle aziende che adottano gli OKR è importante che tutte le persone siano allineate per raggiungere uno scopo comune, rendendo espliciti gli obiettivi strategici, i risultati chiave e il metodo di misurazione.
Un elemento non necessariamente previsto negli altri approcci, che è invece fondamentale per gli MBO, è poi la determinazione di un premio per i colleghi in base alle loro performance. Per questo motivo è lecito attendersi che la persona raggiunga il 100% dell’obiettivo prefissato, altrimenti si ottengono premi inferiori o non se ne ricevono affatto. E questa è una differenza sostanziale rispetto agli OKR, secondo cui il raggiungimento in senso assoluto di un obiettivo non è affatto realistico e, anzi, nemmeno auspicabile, perché verrebbe considerato un errore in fase di pianificazione e valutazione dell’obiettivo stesso.
Il metodo OKR prevede di focalizzarsi su obiettivi ambiziosi, in grado di motivare le persone e guidarne l’approccio innovativo, e per questo anche un risultato del 70% viene considerato in maniera positiva.
Se negli approcci orientati sui KPI e gli MBO il mancato raggiungimento degli obiettivi è un fallimento, gli OKR pongono l’attenzione su macro-obiettivi, con meno “ansia della performance”, ma inducendo il piacere di lavorare per un obiettivo di squadra.
Se vuoi approfondire il tema compila il form e riceverai un breve ciclo di quattro e-mail settimanali in cui il nostro CEO Alessandro Raguseo ti porta con sè nel viaggio dell'introduzione degli OKR in azienda, con spunti pratici e consigli per portare questa iniziativa al successo.