Il turnover del personale è il flusso di personale che transita, in ingresso e in uscita, all’interno di un’azienda. Ogni entità aziendale sa quanto sia più conveniente mantenere personale qualificato e affiatato piuttosto che assumerne di nuovo, soprattutto quando questo avviene troppo frequentemente e non per motivi fisiologici.
Il turnover è un argomento fondamentale nell'agenda di ogni HR, imprenditore e manager. Parlarne non vuol dire solo affrontare una situazione che riguarda tutte le realtà, ma anche fare una profonda riflessione su ciò che si offre a dipendenti e collaboratori, i plus e i punti deboli dell’azienda, gli obiettivi che ci si pone e come sono stati raggiunti. Infatti, il turnover del personale ha un impatto diretto su:
Ma come valutare se il ricambio di personale nella tua organizzazione ha raggiunto livelli preoccupanti? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza su come calcolare il tasso di turnover e ti diamo qualche consiglio su come trattenere talenti e professionisti di alto livello per la tua impresa.
Un eccessivo livello di turnover del personale può dire molto sul benessere di un’impresa ed è perciò fondamentale capire da cosa dipende.
In particolare, è possibile distinguere due tipi di turnover del personale:
Nel caso del turnover patologico, le cause più diffuse che portano all’insoddisfazione del personale, e di conseguenza al suo ricambio, sono tipicamente:
Se l’aumento del turnover non è controllato attraverso adeguate politiche del personale, si corre il rischio di veder scappare i professionisti più qualificati, generando una pericolosa perdita di valore del capitale umano.
Riassumendo, la differenza tra il turnover del personale fisiologico e quello patologico, non è di natura quantitativa: un alto tasso di turnover non lo definisce automaticamente come patologico. La differenza è qualitativa, dipende dal perché i dipendenti lasciano l’azienda.
Una volta chiarito questo punto, parliamo di numeri e di come si può calcolare concretamente questo fenomeno.
Come si procede, nel concreto, al calcolo del tasso di turnover del personale? A questa domanda possiamo rispondere “dipende”. Nei reparti HR aziendali vengono utilizzate alcune formule specifiche per andare a formare un quadro completo dei diversi indici di turnover in azienda: li elenchiamo di seguito.
Con i risultati ottenuti, si è in grado di dare vita a una fotografia attendibile della situazione relativa al turnover. In questo modo, si può confrontare la situazione attuale con lo storico aziendale per capire se il tasso di ricambio ha subito una variazione importante nel tempo e, se opportuno, prendere provvedimenti.
Mediamente, un turnover del personale complessivo è considerato basso se inferiore al 5%. Un livello basso è generalmente sinonimo di una buona gestione delle risorse umane, ma se questo livello rasenta o è vicino allo 0, potrebbe anche nascondere sintomi di troppa staticità e di scarsa creatività. Questa situazione rischia di limitare fortemente l’innovazione, bloccando l’assunzione di nuovi talenti.
Il livello di turnover è considerato alto e patologico quando è superiore al 15%. Naturalmente, nell’analisi di questo dato è importante distinguere i settori e il tipo di professionalità, variabili che influiscono in maniera decisiva: per esempio, un ricambio elevato non è allarmante nelle aziende che assumono manodopera poco qualificata. Il turnover è uno dei fattori su cui un’azienda può lavorare, mettendo in atto diverse politiche utili ad attrarre e trattenere talenti strategici.
Un fenomeno che ha grande impatto sul turnover aziendale è la trasformazione del processo di ricerca e selezione delle risorse: i candidati, grazie alle tecnologie digitali, hanno a disposizione un bagaglio di offerte e opportunità di carriera ben superiore al passato. Si rivela quindi di fondamentale importanza l’Employee Retention, ovvero la capacità dell’azienda di attuare strategie e politiche per attrarre e trattenere dipendenti talentuosi, mantenendoli in organico a lungo.
Come lavorare su questa capacità?
Puntando, tra le varie cose, su iniziative di employer branding capaci di aumentare l’appeal dell’azienda come posto di lavoro desiderabile per i candidati.
Non bisogna tralasciare la fase di selezione dei candidati, che gioca un ruolo determinante. Prima di preoccuparsi di come “mantenere” le proprie risorse all’interno dell’azienda, è opportuno capire che tipo di persone si vuole assumere: trovare talenti che condividano gli obiettivi e i valori aziendali è cruciale se si vuole costruire un team di collaboratori affiatato che sia fedele alla causa aziendale. Questo è ancora più importante per i nuovi lavoratori, i Millennials, che cercano nelle realtà in cui lavorano un senso di appartenenza; anche il miglior talento, se non sente propri i valori corporate, sarà più propenso a cercare un’altra azienda che senta più “sua”.
È fondamentale che l’azienda presti la massima attenzione ai feedback di candidati e collaboratori. Saper ascoltare le loro opinioni e impressioni, e agire di conseguenza, è cruciale per abbassare i livelli di turnover: in questo modo si possono prevenire e risolvere le problematiche emerse, e allo stesso tempo valorizzare le proprie risorse, facendole sentire parte integrante dei processi aziendali.
Giocano un ruolo importante anche tutte quelle iniziative che vanno a creare affiatamento nei team, come le varie azioni di team building che si possono progettare. Saperle comunicare con efficacia all’esterno è lo step successivo per costruire una solida brand reputation e fare davvero la differenza. Inoltre, i collaboratori soddisfatti potrebbero diventare brand ambassador, pubblicando sui propri social le attività aziendali; il contributo diretto dei collaboratori crea un rapporto di fiducia con l’esterno, spingendo molti più potenziali candidati a voler far parte di una realtà in cui le risorse che ci lavorano si fanno promotrici del benessere aziendale.
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A livello generale, comunque, qualsiasi siano le iniziative messe in campo dall’azienda, bisogna tener conto di diversi aspetti chiave nella strutturazione di una buona strategia di riduzione del turnover. Ad esempio:
Il turnover è un fattore significativo da considerare e porta a porsi molte domande su come sia lavorare per un’azienda: perché un collaboratore può decidere di non voler più lavorare per la mia realtà? In cosa sbaglio? In cosa posso migliorare?
Molto spesso, il reparto HR trascura di calcolare il turnover e, ancora più frequentemente, non si ferma a indagare sul perché il tasso di ricambio del personale in azienda sia alto. Come tanti altri fenomeni che interessano l’HR, un alto tasso di turnover è sintomo di politiche aziendali che vanno migliorate e adattate alle esigenze dei propri talenti.
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