Il turnover del personale è il flusso di personale che transita, in ingresso e in uscita, all’interno di un’azienda. Ogni entità aziendale sa quanto sia più conveniente mantenere personale qualificato e affiatato piuttosto che assumerne di nuovo, soprattutto quando questo avviene troppo frequentemente e non per motivi fisiologici.
Il turnover è un argomento fondamentale nell'agenda di ogni HR, imprenditore e manager. Parlarne non vuol dire solo affrontare una situazione che riguarda tutte le realtà, ma anche fare una profonda riflessione su ciò che si offre a dipendenti e collaboratori, i plus e i punti deboli dell’azienda, gli obiettivi che ci si pone e come sono stati raggiunti. Infatti, il turnover del personale ha un impatto diretto su:
- i margini di profitto e di spesa;
- la produttività;
- la coesione aziendale.
Ma come valutare se il ricambio di personale nella tua organizzazione ha raggiunto livelli preoccupanti? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza su come calcolare il tasso di turnover e ti diamo qualche consiglio su come trattenere talenti e professionisti di alto livello per la tua impresa.
- Differenze tra turnover fisiologico e patologico
- Come calcolare il tasso di turnover?
- Employee Retention: un’arma utile contro il turnover
- Strategie di riduzione del turnover
- Conclusioni
1. Differenze tra turnover fisiologico e patologico
Un eccessivo livello di turnover del personale può dire molto sul benessere di un’impresa ed è perciò fondamentale capire da cosa dipende.
In particolare, è possibile distinguere due tipi di turnover del personale:
- il turnover fisiologico rappresenta un normale livello di entrate e uscite in corrispondenza di pensionamenti, assunzioni e, in generale, persone in uscita per diversi motivi. Questo processo naturale può essere programmato il più possibile dall’azienda e interpretato secondo un’ottica di normale organizzazione del lavoro. Non influisce sulla continuità produttiva e sulla sua stabilità organizzativa se si sa prevedere e, di conseguenza, gestire e programmare con attenzione il ricambio di personale, in modo da non ritrovarsi con dei “buchi” nel sistema organizzativo aziendale.
- Il turnover patologico avviene quando il flusso di personale raggiunge livelli troppo alti. Questo è generalmente legato a errate politiche aziendali, che possono essere rappresentate, per esempio, da salari troppo bassi, da poca valorizzazione delle capacità delle risorse o da stress causato dall’ambiente di lavoro. Questo fenomeno è estremamente dannoso per l’azienda e occorre limitarlo prendendo soluzioni mirate.
Nel caso del turnover patologico, le cause più diffuse che portano all’insoddisfazione del personale, e di conseguenza al suo ricambio, sono tipicamente:
- problemi di comunicazione con i responsabili e i vari reparti;
- assenza di riconoscimenti e di carriera all’interno dell’azienda;
- cattivo rapporto tra colleghi;
- eccessivi carichi di lavoro e scarsa empatia verso i bisogni dei collaboratori;
- inascoltate richieste di flessibilità e autonomia.
Se l’aumento del turnover non è controllato attraverso adeguate politiche del personale, si corre il rischio di veder scappare i professionisti più qualificati, generando una pericolosa perdita di valore del capitale umano.
Riassumendo, la differenza tra il turnover del personale fisiologico e quello patologico, non è di natura quantitativa: un alto tasso di turnover non lo definisce automaticamente come patologico. La differenza è qualitativa, dipende dal perché i dipendenti lasciano l’azienda.
Una volta chiarito questo punto, parliamo di numeri e di come si può calcolare concretamente questo fenomeno.
2. Come calcolare il tasso di turnover?
Come si procede, nel concreto, al calcolo del tasso di turnover del personale? A questa domanda possiamo rispondere “dipende”. Nei reparti HR aziendali vengono utilizzate alcune formule specifiche per andare a formare un quadro completo dei diversi indici di turnover in azienda: li elenchiamo di seguito.
- Tasso di turnover del personale complessivo. È l’indicatore che prende in considerazione il turnover volontario (costituito dai collaboratori che autonomamente hanno deciso di lasciare l’azienda) e quello involontario (formato dai collaboratori licenziati o che non hanno avuto un rinnovo di contratto), più i nuovi ingressi. La formula è costituita da: ( N entrati + N usciti nel periodo / N organico medio del periodo) x 100
- Tasso di turnover del personale negativo. Serve per calcolare solo il turnover associato ai collaboratori che sono usciti dall’azienda e si calcola con: (N usciti nel periodo / N organico inizio periodo) x 100
- Tasso di turnover del personale positivo. A differenza di quello negativo, serve per misurare le nuove assunzioni con: (N entrati nel periodo / N organico inizio periodo) x 100
- Tasso di compensazione turnover del personale. È utile per calcolare la differenza tra nuove assunzioni e collaboratori che hanno lasciato l’azienda e la formula da usare è: (N entrati nel periodo / N usciti nel periodo) x 100
Con i risultati ottenuti, si è in grado di dare vita a una fotografia attendibile della situazione relativa al turnover. In questo modo, si può confrontare la situazione attuale con lo storico aziendale per capire se il tasso di ricambio ha subito una variazione importante nel tempo e, se opportuno, prendere provvedimenti.
Mediamente, un turnover del personale complessivo è considerato basso se inferiore al 5%. Un livello basso è generalmente sinonimo di una buona gestione delle risorse umane, ma se questo livello rasenta o è vicino allo 0, potrebbe anche nascondere sintomi di troppa staticità e di scarsa creatività. Questa situazione rischia di limitare fortemente l’innovazione, bloccando l’assunzione di nuovi talenti.
Il livello di turnover è considerato alto e patologico quando è superiore al 15%. Naturalmente, nell’analisi di questo dato è importante distinguere i settori e il tipo di professionalità, variabili che influiscono in maniera decisiva: per esempio, un ricambio elevato non è allarmante nelle aziende che assumono manodopera poco qualificata. Il turnover è uno dei fattori su cui un’azienda può lavorare, mettendo in atto diverse politiche utili ad attrarre e trattenere talenti strategici.
3. Employee Retention: un’arma utile contro il turnover
Un fenomeno che ha grande impatto sul turnover aziendale è la trasformazione del processo di ricerca e selezione delle risorse: i candidati, grazie alle tecnologie digitali, hanno a disposizione un bagaglio di offerte e opportunità di carriera ben superiore al passato. Si rivela quindi di fondamentale importanza l’Employee Retention, ovvero la capacità dell’azienda di attuare strategie e politiche per attrarre e trattenere dipendenti talentuosi, mantenendoli in organico a lungo.
Come lavorare su questa capacità?
Puntando, tra le varie cose, su iniziative di employer branding capaci di aumentare l’appeal dell’azienda come posto di lavoro desiderabile per i candidati.
Non bisogna tralasciare la fase di selezione dei candidati, che gioca un ruolo determinante. Prima di preoccuparsi di come “mantenere” le proprie risorse all’interno dell’azienda, è opportuno capire che tipo di persone si vuole assumere: trovare talenti che condividano gli obiettivi e i valori aziendali è cruciale se si vuole costruire un team di collaboratori affiatato che sia fedele alla causa aziendale. Questo è ancora più importante per i nuovi lavoratori, i Millennials, che cercano nelle realtà in cui lavorano un senso di appartenenza; anche il miglior talento, se non sente propri i valori corporate, sarà più propenso a cercare un’altra azienda che senta più “sua”.
È fondamentale che l’azienda presti la massima attenzione ai feedback di candidati e collaboratori. Saper ascoltare le loro opinioni e impressioni, e agire di conseguenza, è cruciale per abbassare i livelli di turnover: in questo modo si possono prevenire e risolvere le problematiche emerse, e allo stesso tempo valorizzare le proprie risorse, facendole sentire parte integrante dei processi aziendali.
Giocano un ruolo importante anche tutte quelle iniziative che vanno a creare affiatamento nei team, come le varie azioni di team building che si possono progettare. Saperle comunicare con efficacia all’esterno è lo step successivo per costruire una solida brand reputation e fare davvero la differenza. Inoltre, i collaboratori soddisfatti potrebbero diventare brand ambassador, pubblicando sui propri social le attività aziendali; il contributo diretto dei collaboratori crea un rapporto di fiducia con l’esterno, spingendo molti più potenziali candidati a voler far parte di una realtà in cui le risorse che ci lavorano si fanno promotrici del benessere aziendale.
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4. Strategie di riduzione del turnover
A livello generale, comunque, qualsiasi siano le iniziative messe in campo dall’azienda, bisogna tener conto di diversi aspetti chiave nella strutturazione di una buona strategia di riduzione del turnover. Ad esempio:
- Investi nella formazione dei collaboratori. L’aggiornamento e l’acquisizione di nuove competenze potranno aumentare la loro motivazione, perché offrono agli individui nuove prospettive di crescita personale e professionale.
- Ascolta le esigenze dei singoli team e di tutto il personale. Bisogna dare importanza alle opinioni delle risorse e tenere conto delle loro esigenze professionali e personali. A questo proposito, oltre all’ascolto dei feedback, è necessario prendere delle iniziative che abbiano effetto sul benessere della singola persona ma anche sul grado di produttività, per esempio: la retribuzione e gli incentivi, la sicurezza sul lavoro, benefit e welfare, la flessibilità (associata a modalità di lavoro come lo smart working) e le caratteristiche del luogo di lavoro (in termini estetici, logistici, di comodità e di funzionalità degli spazi).
- Dai importanza ai team. Ogni azienda dovrebbe mettere in atto delle iniziative volte a promuovere i rapporti e la condivisione tra colleghi; gli ambienti di “squali” in cui sono tutti contro tutti, possono generare stress e apprensione e rendere il posto di lavoro poco piacevole.
- Riconosci i traguardi raggiunti. È importantissimo riconoscere ai propri collaboratori i traguardi conseguiti e assegnare loro premi per incentivarli a mantenere alta la qualità del lavoro e la produttività.
5. Conclusioni
Il turnover è un fattore significativo da considerare e porta a porsi molte domande su come sia lavorare per un’azienda: perché un collaboratore può decidere di non voler più lavorare per la mia realtà? In cosa sbaglio? In cosa posso migliorare?
Molto spesso, il reparto HR trascura di calcolare il turnover e, ancora più frequentemente, non si ferma a indagare sul perché il tasso di ricambio del personale in azienda sia alto. Come tanti altri fenomeni che interessano l’HR, un alto tasso di turnover è sintomo di politiche aziendali che vanno migliorate e adattate alle esigenze dei propri talenti.
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