Cominciamo dalla definizione: cos'è l'onboarding aziendale? L'onboarding aziendale è un processo strutturato che trasforma un neo-assunto da semplice firmatario di contratto a soggetto attivo dell'organizzazione, coinvolgendo il "saper fare" (competenze operative) e il "saper essere" (cultura aziendale). Rappresenta l'ultima fase del recruiting e la prima della retention.
Trattenere le persone, sin da subito. Anzi, ancor prima che inizino a lavorare effettivamente in azienda. È questo il grande dilemma di oggi.
Parliamo sempre di come trattenere i talenti sul lungo periodo, ma se il problema stesse all’origine? Se, invece, avessimo bisogno che i candidati, anzi i neo-assunti, non ci sfuggano già dai primissimi tempi del loro inserimento nell’organizzazione?
Come società di headhunting, sappiamo bene che il nostro lavoro non si conclude nel momento in cui il candidato firma il contratto. Quella firma rappresenta solo l'inizio di un percorso più complesso che determinerà il successo dell'intero processo di recruiting. L'onboarding è infatti diventato un elemento cruciale di ogni strategia di employee engagement e retention
È qui che entra in gioco l’onboarding: un processo che non può essere lasciato al caso, che ha bisogno di un piano strutturato per coinvolgere la persona appena assunta, sin da quando ci dice “sì” e firma la lettera d’impegno.
Da quel momento inizia un viaggio che necessita della collaborazione tra diversi team e degli strumenti presi in prestito da altri dipartimenti.
Un percorso che andremo ad affrontare tappa per tappa in modo pratico.
Cominciamo.
Quando inizia davvero l'onboarding aziendale? L'onboarding inizia dal momento della firma del contratto, non dal primo giorno di lavoro. Questo periodo "limbo" è cruciale per evitare che i neo-assunti accettino altre offerte prima dell'inizio effettivo.
Partiamo da una definizione che forse può sembrare insolita: quella di “rito di passaggio”. L’Enciclopedia Treccani ci dice che i riti di passaggio sono “tutte quelle cerimonie pubbliche che celebrano un cambiamento di status, ovvero un mutamento nella posizione che un individuo occupa nella società, una variazione dei compiti che egli svolge.”
Notate qualche somiglianza? L’onboarding aziendale è esattamente questo: il momento in cui il neo-assunto passa dall’essere una persona che ha appena firmato un contratto, all’essere un soggetto attivo all’interno dell’organizzazione.
È, per la precisione, proprio un cambio di status.
Questo “rito di passaggio” coinvolge due sfere della persona e dell’azienda di cui entra a far parte:
È evidente che un processo di tale portata non può avvenire in un giorno, e nemmeno in una settimana.
Quello che serve è una pianificazione solida e strutturata, pensata nel minimo dettaglio(se vuoi andare direttamente agli step pratici da mettere in campo, li trovi al paragrafo 3).
Ma per “portare a bordo” senza perdere i talenti per strada, abbiamo bisogno di un processo di onboarding memorabile, che accompagni il passeggero sulla nave nel modo più coinvolgente possibile, facendolo sentire accolto fin dai primi passi sulla banchina del porto e poi sul ponticello dell’imbarcazione.
Non basta quindi accogliere la persona il primo giorno in ufficio, bisogna partire prima, quando sta ancora aspettando sulla banchina con i biglietti in mano.
Stiamo parlando dell’ultima fase del recruiting.
Perché molti candidati si ritirano tra firma e primo giorno? Il periodo tra firma del contratto e inizio lavoro è un "limbo" psicologico dove il neo-assunto non è ancora ingaggiato nell'organizzazione. Senza strutturazione, rischia di accettare altre offerte più vantaggiose.
Un nostro recente articolo cominciava così: “Aspettare il primo giorno di lavoro del neo-assunto per coinvolgerlo significa essere già indietro sulla tabella di marcia.” Provocatorio? Sì forse, ma vero.
Succede sempre più spesso che i candidati si dileguino nel tempo che intercorre tra il momento in cui firmano la lettera d’impegno e il primo giorno effettivo di inserimento in azienda. "Lettera d'impegno" è un nome bellissimo se ci pensiamo: denota l'esistenza di una parola data, che ci si impegna, appunto, a mantenere.
Eppure, se sei HR, purtroppo potrebbe esserti capitato di perdere un talento proprio in questo lasso di tempo dell'inserimento aziendale.
Come Head Hunter, questo è uno dei nostri incubi peggiori: perdere un candidato in questa fase significa vanificare tutto l'investimento fatto nel processo di recruiting, deludendo sia il cliente che il candidato stesso.
Il perché ciò accada è presto detto: il candidato non è ancora realmente ingaggiato all’interno dell’organizzazione e quindi, se si trova ad avere altre offerte tra le mani, non si farà troppi scrupoli ad accettarne una che gli sembra più vantaggiosa.
“Mi piace denominare questo lasso di tempo “limbo”: esattamente come il limbo dantesco, anche in questo caso si tratta di un momento di “sospensione”, in cui la persona è già stata assunta, ma al contempo non è ancora soggetto attivo dell’organizzazione.
Non ha quindi ancora iniziato ad "agire” e soprattutto ad “essere” in azienda.
E quindi, come fare? Bisogna coinvolgerla in modo strutturato. L'onboarding ha inizio già nell'ultima fase del processo di recruiting. Un concetto questo che non è sempre emerso in passato, ma che oggi è essenziale.
Non può esistere strategia di recruiting efficace che abbandoni la spugna proprio in questo ultimo miglio. Una volta costruite le fondamenta in questo primo step, possiamo definire in modo strutturato tutte le successive fasi di onboarding, che si impegnano a coinvolgere la persona fino al terzo mese in azienda.”
Silvia Orlandini, Director, Aaron King International, Reverse Group.
Andiamo quindi a esplorare la timeline dell'onboarding tappa per tappa.
Quali sono le 5 fasi principali dell'onboarding? L'onboarding si articola in: 1) Pre-onboarding (firma-primo giorno), 2) Primo giorno in azienda, 3) Prima settimana (introduzione buddy), 4) Seconda-terza settimana (integrazione attiva), 5) Secondo-terzo mese (feedback strutturato).
Andiamo nel dettaglio.
Nell’immagine qui di seguito puoi vedere l’intera timeline del processo di onboarding e quali azioni pratiche mettere in campo per ogni fase: dalla firma si passa al primo giorno in ufficio, per poi arrivare alle prime 4 settimane di inserimento in azienda e terminare con il secondo e il terzo mese.
Sarà necessario lavorare su due aspetti, segnalati da due diversi colori:
Questa è la parte su cui dovremo puntare maggiormente dal momento della firma fino alla terza settimana di inserimento del neo-assunto.
Per quanto riguarda la fase di “limbo”, abbiamo scritto ancor più nel dettaglio quali iniziative mettere in campo in questo articolo specifico, ma le inseriremo anche qui per completezza, seguendo la timeline.
Ecco, ci siamo, il neo-assunto è fermo sulla banchina del porto con i suoi biglietti in mano, aspettando di imbarcarsi sulla sua nave, la tua azienda. È fondamentale in questo momento evitare che venga attratto da altre mete e altre barche ormeggiate in porto.
Azioni di engagement da mettere in atto:
Vantaggi del pre-onboarding strutturato:
Tutte queste iniziative presentano un doppio vantaggio: sono semplici da mettere in atto ma genereranno al contempo un risultato fortissimo. Il legame che si creerà tra il candidato e l'azienda sarà difficile da spezzare con l'arrivo di una nuova offerta di lavoro da parte di un'altra impresa.
E’ in questo momento, quando il neo-assunto finalmente si “imbarca”, che deve essere confermata quella sensazione di "sentirsi a casa" creata nella fase precedente.
Come accogliere il nuovo dipendente:
L'obiettivo è uno: proseguire su quella linea di "familiarità" già iniziata nella fase precedente, per far sentire la persona non solo accolta e libera da rigidi imbarazzi, ma già parte integrante di una realtà i cui valori si percepiscono nell'aria.
Ed ecco che nella prima settimana entra in scena una figura fondamentale dell’onboarding: il buddy. Il termine “buddy” significa letteralmente “amico”, “compagno”.
Chi è il buddy:
Sarà la figura che gli trasmetterà, prima di tutti, i valori aziendali alla persona appena entrata e che risponderà a tutte le sue domande, anche quelle più scomode. Un vero e proprio punto di riferimento per non farla sentire mai sola.
Questo periodo è quello in cui la persona viene integrata davvero nel tessuto aziendale, inizia ad essere un soggetto realmente attivo. È molto importante in questa fase farle percepire il suo valore all’interno dell’organizzazione, oltre a farle conoscere la realtà in cui lavora ancora più nel profondo.
Attività di integrazione attiva:
Questi incontri hanno un duplice obiettivo: da un lato serviranno ad avvicinarsi ancora di più all'azienda, dall'altro faranno capire al neo-assunto che le persone conoscono il suo valore, scommettono su di lui/lei e si interessano della sua storia.
Passiamo ora al secondo aspetto, quello che appartiene alla sfera del "saper fare". In questa fase è fondamentale l'uso del feedback costruttivo, che rappresenta l'ago della bussola per far orientare il neo-assunto in un nuovo mondo di attività. Ecco alcune linee guida:
Sono momenti in cui sia il neo-assunto sia il suo manager potranno confrontarsi ed esprimere il proprio parere su come stia procedendo il processo di onboarding.
Lo scopo è che alla fine dei 3 mesi di inserimento la persona possa stabilire con chiarezza ed entusiasmo se è pronta per rimanere, e il neo-assunto e l'organizzazione possano scegliersi reciprocamente.
È ancora più evidente quindi quanto detto all’inizio del nostro articolo, cioè la necessità che tutto il processo sia strutturato e che nulla sia lasciato al caso.
L’onboarding coinvolge non solo il team HR, ma anche i team leader, i manager e gli altri dipartimenti. Non esistono regole universali ma questa può essere una buona guida:
Metrica | Target ottimale | Periodo di misurazione |
Tasso di conferma post-prova | >90% | 3 mesi |
Tempo per produttività piena | <3 mesi | Variabile per ruolo |
Satisfaction score neo-assunti | >4.5/5 | Continuo |
Retention a 12 mesi | >85% | Annuale |
Net Promoter Score dipendenti | >50 | Trimestrale |
E per fare comunicare tutti in maniera fluida, facendo in modo che ciascuno sia sempre esattamente informato sulle singole tappe del processo, possiamo avvalerci di un enorme aiuto: gli strumenti della User Experience (UX) e i professionisti della materia.
Cos'è il People Design applicato all'onboarding? Il People Design è l'applicazione degli strumenti UX al processo di onboarding, mettendo al centro le esigenze dei collaboratori anziché solo quelle aziendali. Trasforma l'HR da function-centric a user-centric, migliorando significativamente employee engagement e retention.
Il perfezionamento del processo grazie agli strumenti della User Experience, a partire dall’ultima fase del recruiting, ci consente di fare un ulteriore passo avanti nel nostro viaggio.
Il focus della User Experience è la creazione di prodotti e servizi destinati a elevare l'esperienza del consumatore, partendo dai bisogni degli utenti finali con l'intento di migliorare la vita quotidiana della persona.
Ed esiste forse un obiettivo che si avvicina di più a quello delle Risorse Umane nel contesto dell'employee engagement moderno?
Si cambia quindi il paradigma: si parte dalle esigenze dei collaboratori, prima ancora che da quelle dell’azienda. E da lì si capisce come procedere per ottimizzare i processi in ottica dipendente-centrica.
Lo abbiamo sperimentato direttamente all'interno di Reverse: per ottimizzare il processo di onboarding abbiamo creato un team cross-funzionale in cui sono stati coinvolti il nostro team interno di User Experience, manager, dirigenza e altri team aziendali.
Grazie agli strumenti della UX abbiamo quindi intervistato i nostri collaboratori per integrare il loro punto di vista a quello aziendale. Poi abbiamo analizzato e ottimizzato in modo scientifico tutte le attività che erano già state messe in piedi dal dipartimento HR.
Ce ne parla Federica Villata, Head of Design di Reverse:
“E' stato stimolante utilizzare strumenti e principi di design per favorire la creazione di una coscienza condivisa tra tutti i team coinvolti nel processo di onboarding, rendendo più semplice la loro collaborazione per ottimizzarlo. Questo ha permesso di identificare le aree da migliorare e le relative soluzioni con maggiore efficacia."
Strumenti di People Design implementati:
"Grazie a questa collaborazione è nato un progetto di People Design che ha ottimizzato l'onboarding tappa per tappa partendo dalla fase di "limbo".
Integrando i punti di vista dei collaboratori e del team cross-funzionale aziendale, ci si è resi conto di un aspetto molto importante in questa fase: il primo periodo dell'onboarding, che è poi l'ultimo del recruiting come abbiamo detto, è fondamentale perchè si lavora su due piani paralleli.
Due livelli di preparazione paralleli:
È proprio nell'ultima fase di recruiting che l'HR e tutti gli altri dipartimenti coinvolti potranno già attivarsi per organizzare l'intero processo.
Checklist preparazione organizzativa:
Insomma, questo primo periodo è indispensabile, non solo per mantenere coinvolto il candidato prima ancora che entri in azienda, ma anche per gettare le basi di tutto il suo successivo processo di onboarding, evitando di perderlo anche alla fine dei 3 mesi di inserimento.
Perché personalizzare l'onboarding per ruolo? Ogni ruolo ha esigenze specifiche: un sales manager ha bisogni diversi da un developer o controller. La personalizzazione migliora efficacia ed engagement, facendo sentire ogni neo-assunto compreso nelle sue competenze specifiche.
Come società di Headhunting, sappiamo bene che ogni candidato è unico e ha esigenze specifiche legate non solo alla personalità, ma soprattutto al ruolo professionale che andrà a ricoprire. Lo stesso principio si applica all'onboarding: non si tratta di creare processi completamente diversi, ma di modulare contenuti, tempi e approcci.
Ecco qualche esempio di personalizzazione dell'onboarding per tipologia di ruolo:
Focus prioritari:
Timeline accelerata: Produttività attesa in 3-4 settimane
Focus prioritari:
Timeline estesa: Produttività piena in 6-8 settimane
Focus prioritari:
Timeline strategica: Impatto significativo in 8-12 settimane
Focus prioritari:
Timeline standard: Autonomia operativa in 4-6 settimane
Come le nuove tecnologie migliorano l'onboarding? AI, realtà virtuale, analytics e piattaforme digitali permettono di personalizzare, automatizzare e rendere più coinvolgente l'onboarding, migliorando engagement, riducendo costi e aumentando il ROI del processo.
Le tecnologie moderne stanno rivoluzionando l'employee engagement e l'onboarding non fa eccezione.
Ecco alcune tecnologie per l'onboarding, idee da cui attingere in base alle peculiarità della propria azienda:
Come sempre diciamo, le tecnologie devono essere al servizio dell'esperienza umana, non sostituirla. L'obiettivo è amplificare il tocco personale e permettere agli HR di concentrarsi sugli aspetti più strategici dell'employee engagement.
Perché l'onboarding è diventato più importante dell'attrazione di talenti? Il focus si è spostato dall'Employer Branding alla retention. L'onboarding rappresenta l'ultima fase del recruiting e la prima della retention, rendendolo cruciale per proteggere l'investimento fatto nella selezione e costruire una strategia di employee engagement duratura.
Lo abbiamo detto all'inizio di questo articolo: ancor più che attrarre i talenti oggi il problema diventa assumerli e trattenerli.
Come società di Headhunting, viviamo quotidianamente questa evoluzione del mercato del lavoro. Fino a qualche anno fa, il problema principale era attrarre i talenti in un mercato competitivo. Oggi, il problema è trattenerli. La guerra per i talenti si è spostata dall'acquisition alla retention.
Se quindi negli ultimi anni tanto si è parlato di Talent Attraction ed Employer Branding, e di quanto sia utile ottimizzare questi processi grazie alla collaborazione tra dipartimento HR e dipartimento marketing, oggi possiamo fare un passo avanti.
L'evoluzione verso l'employee engagement:
possiamo avvalerci degli strumenti della UX per capire non solo come attrarre i talenti, ma poi anche come trattenerli. E per farlo partiamo da loro: da quello che desiderano per sentirsi, davvero, coinvolti. Per poter dire “Sì, ho firmato il contratto per l’azienda adatta!” e poi , “Certo, sono convinto di rimanere all’interno di questa realtà”.
Il costo nascosto del turnover precoce:
nessun HR può avere la sfera magica, i motivi esogeni per cui una persona può uscire dall’azienda nei primi mesi sono molteplici e imprevedibili.
Quelli che possiamo prevedere, invece, sono i motivi endogeni, che arrivano direttamente dall’interno della nostra organizzazione. E il costo nascosto del turnover precoce non è banale:
L'onboarding come strategia di business:
Una volta individuati i motivi endogeni che possono causare abbandoni precoci, mettersi insieme per prevenirli e risolverli sarà la chiave per non perdere le persone già al porto o sul pontile della nave.
L'onboarding non è più solo un processo HR, ma una vera strategia di business che impatta:
Il nostro successo come Head Hunter non si misura solo nel placement iniziale, ma nella retention a lungo termine del candidato. L'onboarding è diventato il ponte critico tra l'attrazione dei talenti e la loro trasformazione in ambassador aziendali che contribuiscono attivamente al successo dell'organizzazione.
In un mercato del lavoro sempre più competitivo e dinamico, l'onboarding rappresenta il momento di verità che determina se l'investimento in recruiting si trasformerà in valore duraturo per l'azienda.