Pre-onboarding: il punto di partenza per un onboarding di successo

    Aspettare il primo giorno di lavoro del neo-assunto per coinvolgerlo, significa essere già indietro sulla tabella di marcia. 

    Concetto forte? Forse, ma purtroppo vero. 

    Ecco perché oggi non basta più parlare solo di onboarding, dobbiamo fare un passo indietro e porre la lente di ingrandimento sulla fase che viene ancora prima: quella di pre-onboarding, cioè il momento che intercorre da quando il candidato accetta l’offerta di lavoro fino al suo ingresso in azienda

    Un momento di limbo in cui, spesso, può capitare che il neo-assunto si dilegui, accettando un’altra offerta e non presentandosi al suo primo giorno di lavoro. 

    E l’HR, lo sa bene, spesso a sue spese.

    Nei prossimi paragrafi esploreremo il pre-onboarding, vedremo consigli pratici per mettere in piedi una strategia realmente efficace e capiremo in cosa differisce dall’onboarding. 

     

    1. Pre-onboarding: tassello fondamentale ancor prima dell’onboarding
    2. Le 3 C del pre - onboarding: come impostare una strategia efficace
    3. Pre-onboarding: motore di motivazione. Quali sono i suoi vantaggi? 
    4. In conclusione: in cosa differiscono onboarding e pre-onboarding?

     

    1. Pre-onboarding: tassello fondamentale ancor prima dell’onboarding

    Cominciamo da una definizione: come abbiamo anticipato, il pre-onboarding è quella fase che si inserisce tra la firma ufficiale della lettera d’impegno da parte del candidato e il suo primo effettivo giorno in azienda. 

    Se “onboarding” vuol dire letteralmente “salire a bordo” e indica la “procedura di inserimento di un neoassunto”, il pre-onboarding è la fase che precede l”imbarco”. 

    In pratica è il momento subito prima del viaggio, in cui si sono già fatte le valigie, il passaporto è pronto e si sta solo aspettando di imbarcarsi. 

    Attenzione però: si tratta di una fase delicatissima.

    Perché i viaggi, si sa, elettrizzano, ma possono anche fare molta paura. 

    Senza contare poi che un viaggiatore può scegliere, last minute, di cambiare meta o, fuor di metafora, che un candidato può decidere di accettare un’altra offerta di lavoro e dileguarsi subito dopo aver firmato il contratto. 

    Il pre-onboarding è infatti un periodo che nasconde dietro l’angolo un’insidia: il temibile cambio d’idea. 

    E’ quello che in gergo viene chiamato anche “ghosting” : le statistiche dimostrano che già da tempo il fenomeno è diffuso e che 1 candidato su 5 che ha accettato il lavoro, poi non si presenta al primo giorno in ufficio. 

    Sempre più spesso, infatti, succede che il candidato si ritrovi in mano più di un’offerta e più di una possibilità e decida quindi di cambiare idea all’ultimo minuto, “tradendo” il contratto già firmato per firmarne uno nuovo, con un’altra azienda “più appetibile”. 

    Il motivo per cui ciò succede è presto detto. 

    In questa fase infatti  il candidato non è ancora realmente ingaggiato, spesso tra la firma e il suo primo giorno in ufficio si sente quasi “abbandonato” e questo fa sì che alla prima occasione decida di partire verso altri lidi. 

    È proprio a questo punto che l’azienda si gioca la possibilità di perdere il talento che vorrebbe acquisire ed è proprio in questo momento che una serie di azioni possono essere efficaci affinché questo non accada.

    Ecco perché è indispensabile dare al pre-onboarding la stessa identica importanza che si da all’onbarding, anzi in alcuni casi ancora di più. 

    Ma in pratica, quali sono gli step concreti da applicare per uscire vincitori da questa fase di limbo, strutturando un pre-onboarding efficace? 

    Vediamolo nel dettaglio. 

     

    2. Le 3 C del pre-onboarding: come impostare una strategia efficace

    Come spesso accade, la semplicità in questo caso ripaga.

    Se le strategie di onboarding devono essere strutturate e coinvolgere per un periodo sufficientemente lungo la nuova risorsa, in modo da inserirla in modo graduale ma estremamente mirato ed efficace in azienda, il pre-oboarding è invece una fase in cui bisognerà essere “leggeri”

    Incisivi e coinvolgenti, sì, ma senza pesare in alcun modo sul neo-assunto. 

    giorgia aprea Ce lo spiega Giorgia Aprea, People and Culture Specialist in Reverse.  

    Siamo in una fase in cui non è bene essere invadenti nella vita della nuova persona che entrerà in azienda. Quello che dobbiamo fare è essere ingaggianti, ma mantenendo la giusta misura.

    Ecco perché è bene pensare a piccole pillole mirate e agilmente fruibili dal nuovo assunto. 

    Le 3 C del pre-onboarding ben sintetizzano cosa sarebbe meglio fare, perché e come farlo:

     

    • connessioni: facilitare sin da subito (anzi faremmo meglio a dire “sin da prima”) ogni connessione che possa essere utile alla vita in azienda garantisce un miglior feeling delle persone con il loro ambiente di lavoro. 

    Una delle soluzioni che funzionano sempre meglio è l’incontro conoscitivo con il proprio futuro team: che sia in videocall o in presenza, conoscere i membri del proprio team e parlare con loro ancor prima di entrare in azienda è una delle attività più stimolanti che si possano mettere in piedi. 

    Non solo, bisogna considerare che molti neoassunti spesso hanno un periodo di pausa prima di iniziare a lavorare in azienda, qualche giorno di tempo libero che a volte hanno piacere di usare per conoscere da vicino la nuova realtà lavorativa di cui faranno parte. 

    E’ quindi in questo lasso di tempo che li si può invitare in azienda per fare un tour degli uffici se non li hanno visti in fase di colloquio e, appunto, per prendersi un caffè con i propri futuri colleghi. 

    Altra tip semplice ma efficace da mettere in pratica?

    Inviare al neoassunto una mail di benvenuto con una foto di tutto il team nei giorni precedenti al suo ingresso in ufficio. E’ un modo perfetto per farlo sentire già parte della squadra e per immaginarsi, lui stesso, come nuova parte integrante del gruppo di persone che vede in foto. 

    • cultura aziendale: mettere i neo-assunti nella condizione di conoscere e comprendere la cosiddetta company culture consente di allinearli con la visione e la mission dell'organizzazione, le politiche e le procedure, i prodotti e i servizi. 

    Sono molteplici i materiali che si possono inviare loro

    - video pillole in cui si presentano i progetti e la vita in azienda, dando così alla nuova risorsa un benvenuto realmente efficace, che lo proietti già nell’ambiente in cui sarà immerso dopo il suo ingresso nell’organizzazione; 

    - il manifesto della cultura aziendale, un documento che noi HR riteniamo di fondamentale importanza e che illustra, passo per passo, i valori dell’azienda, il loro significato concreto e la loro applicazione;

    - materiale informativo aggiuntivo e articoli del blog aziendale (se se ne ha uno) che possano risultare utili e ingaggianti, offrendo del contenuto di valore personale e professionale. 

    Per coinvolgere ulteriormente la persona facendola già sentire parte dell’ecosistema aziendale, si possono inoltre usare tool per raccogliere informazioni sul candidato prima del suo ingresso e che poi verranno condivise con l’azienda durante il primo giorno di lavoro. 

    Si tratta di informazioni simpatiche, di domande da fare al neo-assunto per conoscerlo meglio e a cui lui stesso risponderà scrivendo ciò che ha piacere di condividere con i nuovi colleghi.  

    In questo modo sarà già proiettato mentalemente al suo primo giorno nel nuovo ufficio. 

    • chiarezza: anche se durante la fase di recruiting sono sicuramente già state comunicate al lavoratore responsabilità e mansioni operative, può essere utile approfondire questi aspetti fornendo al nuovo arrivato ogni ulteriore dettaglio, informazione e documento utili per avere dimestichezza con il ruolo che andrà a ricoprire.

    Far percepire alla nuova risorsa l’importanza del ruolo che ricoprirà in azienda e fornirgli già tutte le informazioni necessarie per partire con il piede giusto e con la giusta competenza è sicuramente uno dei modi migliori per farlo sentire accolto, necessario e davvero motivato ad esprimere il suo valore.

    In generale, il nostro compito è stare vicino alla persona che entrerà a far parte dell’azienda, cercando di limitare da una parte stress e insicurezza che un lavoro nuovo possono generare e, dall’altra, canalizzando nel miglior modo possibile l’entusiasmo che un cambiamento porta spesso con sé.

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    3. Pre-onboarding: motore di motivazione. Quali sono i suoi vantaggi?

    Che il pre-onboarding debba essere prassi (e in molti casi effettivamente lo è già) lo confermano i vantaggi che questo processo comporta, sia per le aziende, sia per le persone.

    In generale una buona strategia di pre-onboarding si traduce in

    • un motore di entusiasmo e produttività per la nuova risorsa: non solo si presenterà in azienda il primo giorno, ma lo farà anche con convinzione e pronta a esprimere il suo massimo potenziale nella squadra che ha già conosciuto di persona, attraverso un video, una call o una foto
    • una riduzione dell’ansia: cambiare lavoro o iniziarne uno ex novo non è facile, è evidente. L’ansia e l’angoscia che ne derivano potrebbero portare la persona a cambiare idea, a tornare sui suoi passi, a fuggire. Un’azienda che sappia ridurre quello stato d’ansia con azioni di coinvolgimento mirate, è un'azienda che nella maggior parte dei casi uscirà vittoriosa da questa complessa fase di limbo. 
    • l’abbattimento delle barriere e lo snellimento dei processi: aver già conosciuto il team, le politiche aziendali, i valori e le informazioni specifiche del proprio ruolo durante la fase di pre-onboarding consente di abbattere il muro davanti al quale ci si può trovare il primo giorno di lavoro. Un “muro” metaforico rappresentato dal dover conoscere per la prima volta i colleghi e dal dover capire il funzionamento del contesto aziendale. Se queste procedure sono già state fatte, tutto il processo di inserimento verrà snellito e la conoscenza con persone e luoghi sarà fluidificata.
    • il trampolino di lancio per un onboarding più efficace: l’abbiamo detto, impostare un buon pre-onboarding ha come effetto un miglioramento del coinvolgimento e questo si rispecchia inevitabilmente sulla buona riuscita dell’onboarding.  

    Una persona già ingaggiata sarà predisposta a partecipare attivamente e in modo propositivo alle attività di onboarding che l’aspetteranno nelle prime settimane e mesi del suo ingresso nella nuova azienda. 

    Tutto concorre al miglioramento costante ed esponenziale dell’employee engagement che di ritorno migliorerà i risultati a lungo termine dell’azienda in cui si inserisce. 

    Lo spiega bene questo articolo di Forbes che definisce l’employee engagement non tanto come felicità o soddisfazione (benché entrambi siano sentimenti importanti, anche in un contesto professionale), ma come impegno emozionale che un collaboratore sente di avere con l’azienda nella quale è inserito e con i suoi obiettivi di business

    Insomma, un impegno che la nuova risorsa sentirà nei confronti dell’azienda che l’ha accolto, prima del suo giorno in ufficio e, poi, nel periodo successivo ad esso.

     

    4. In conclusione: in cosa differiscono onboarding e pre-onboarding?

    Concludiamo questo nostro approfondimento con un piccolo confronto. 

    Quali sono quindi gli aspetti principali che caratterizzano e differenziano onboarding e pre-onboarding? 

    • La durata.
      L'onboarding è il periodo di inserimento effettivo della risorsa all’interno dell’azienda, è quel momento che segue l’ingresso del neo-assunto e che può dare settimane, fino a qualche mese. 

    Il pre-oboarding invece è un lasso di tempo solitamente più breve, in cui bisogna essere efficaci nel coinvolgere la risorsa in modo rapido, semplice ma molto mirato. 

    • Le attività da mettere in campo.
      Nella nostra guida sull’onboarding abbiamo elencato tutte le attività che si possono mettere in piedi durante questo periodo: sono attività molto strutturate che coinvolgono più dipartimenti dell’azienda e che comportano un effort di tempo ed energie importante da parte sia dell’azienda che del neo-assunto.

      Innanzitutto bisogna definirne gli obiettivi, creare un team trasversale che non coinvolga solo il dipartimento HR, ma anche tutti i ruoli operativi e manageriali. Si possono creare welcome kit, ma anche progetti molto più strutturati, come lezioni mirate per i nuovi assunti e tenute da vari capi o responsabili di area. I piani formativi sono tra i più apprezzati ed efficaci in questa fase.

      Una figura molto importante è poi quella del Buddy , un “amico” collega che viene assegnato a ciascuna nuova risorsa per i primi mesi dell’onboarding: la sua funzione è quella di assistere e accompagnare la persona nel suo inserimento, supportandolo nei suoi dubbi, nelle sue domande e aiutandolo ad orientarsi nella nuova realtà.

      E’ evidente che queste attività sono molto diverse da quelle messe in campo per il pre-onboarding. 
      Come abbiamo visto, queste ultime devono essere attività rapide, coinvolgenti ma leggere e non interessare la totalità dell’azienda, ma soprattutto il dipartimento HR e il team specifico di cui il neo-assunto farà parte. 
      Sono piccole pillole pensate per essere connettere in modo piacevole la nuova risorsa all’azienda. 
    • I benefici.
      I benefici dell’onboarding sono a lungo termine: migliorano l'employer branding, l’employee engagement e la retention dei collaboratori. Senza contare l’aumento della loro gratificazione e, di conseguenza, della loro produttività. 

      I benefici del pre-onboarding possono ritenersi gli stessi, se vogliamo, ma il vero vantaggio del pre-onboarding è quello di non perdere le risorse nella fase precedente all’onboarding, di portarle “sane e salve” e soddisfatte al loro primo giorno in ufficio.

    Il pre-onboarding è, in pratica, il calcio di inizio dell’onboarding.

    E speriamo di avervi fornito accorgimenti concreti che possano farvi giocare la partita con i vostri nuovi talenti sotto i migliori auspici.

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    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO