Attirare e fidelizzare talenti è una delle prerogative dell’HR Manager, soprattutto quando si tratta di figure con una seniority alta o di professionisti molto richiesti per la loro iperspecializzazione.
La pandemia e i processi di digitalizzazione hanno cambiato il mondo e di conseguenza anche il modo di fare recruiting è stato attraversato da profondi stravolgimenti.
In questo scenario, la chiave del successo di un’azienda sta nella capacità di trasformarsi in modo veloce e fluido e nell’aprirsi a nuove idee e approcci, magari provenienti dai team interni. Spesso si tende a coinvolgere consulenti o esperti, ma le idee innovative, già calate nella propria industry, possono nascere e crescere anche nell’ufficio accanto. Devono solo essere colte.
Un esempio calzante è il rapporto di collaborazione che può instaurarsi tra Marketing e Risorse Umane nella gestione del candidate journey. Così come il marketing ottimizza ogni microstep del percorso che un cliente compie dalla conoscenza di un prodotto fino al suo acquisto, allo stesso modo l’HR può analizzare e rendere eccellente ogni fase in cui l’azienda viene a contatto con i candidati, al fine di portare a bordo i migliori e con meno effort.
Nei prossimi paragrafi illustreremo in quali ambiti Marketing e Risorse Umane possono parlare la stessa lingua e quali strumenti l’HR può “prendere in prestito” per portare innovazione nelle sue strategie.
- Chi sono le tue Candidate Personas?
- Value Proposition, trovare il proprio elemento differenziante
- Candidate Journey, le 4 fasi del Recruiting Funnel
- Conclusioni
1. Chi sono le tue Candidate Personas?
La prima best practice che l’HR può mettere in campo è considerare il candidato come un vero e proprio cliente. In questo scenario, uno step fondamentale è la definizione delle Personas. Ma cosa si intende con questo termine?
Le Personas sono degli archetipi, dei “tipi umani” che rappresentano una fetta di popolazione e si caratterizzano per elementi socio-demografici, interessi e credenze. Nel Marketing si parla di Buyer Personas, ossia cluster definiti sulla base di pattern comportamentali utili ai marketers per impostare una comunicazione adatta ad attrarre il cliente giusto, settare i parametri corretti nelle strategie di posizionamento e selezionare i canali più adatti per veicolare contenuti.
Tradotte nel gergo delle Risorse Umane, le Buyer Personas diventano Candidate Personas, ossia la rappresentazione di uno o più cluster di candidati potenzialmente in linea con una job e con la cultura aziendale.
La loro definizione è un’attività complessa perché, oltre a richiedere un importante effort, andrebbe messa in campo per ogni posizione aperta e per ogni livello di seniority, ma una volta completata garantisce all’HR importanti vantaggi. Per crearle puoi chiedere supporto al tuo dipartimento Marketing oppure affidarti a società nazionali o internazionali, come ad esempio Into the Minds.
Le personas permettono di impostare una strategia di Ricerca e Selezione oculata e personalizzata già a partire dalla compilazione della job description, fino ad arrivare all’onboarding e alla retention. Questo si traduce nella possibilità di agire avendo ben chiaro il panorama di riferimento, riducendo drasticamente prove ed errori.
Chi è la persona perfetta per la posizione che ho aperto? Quali sono i suoi obiettivi professionali? Che modalità utilizza per cercare un nuovo lavoro? Quali ostacoli potrebbero limitarla nel passaggio da un’azienda a un’altra? Quali sono i fattori di attraction?
Individuare le Candidate Personas ti permette di rispondere in modo immediato a domande di questo tipo, facilitando la compilazione della job description, il dialogo durante il colloquio conoscitivo, la scelta del candidato da inserire e, come vedremo nei prossimi paragrafi, la definizione della value proposition e l’intero svolgimento del journey.
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2. Value Proposition, trovare il proprio elemento differenziante
Per poter raccontare il brand rendendolo interessante e attrattivo, l’HR Manager deve saper orientare la comunicazione sulla base delle personas, veicolando la brand identity, il purpose, i valori e tutti gli elementi essenziali dell’azienda che rappresenta. Nel marketing si parla di USP (Unique Selling Proposition), utilizzata come promessa di vendita da esporre ad un possibile cliente affinché scelga il nostro prodotto o servizio.
Nell’ambito della ricerca e selezione questo elemento si traduce nell’EVP (Employee Value Proposition), una descrizione completa dell’organizzazione e delle sue leve di attraction e retention, che veicola anche la motivazione per cui il candidato dovrebbe scegliere la tua azienda piuttosto che un’altra.
L’elemento differenziante è ciò che le regala unicità, distinguendola dalla concorrenza. Può coincidere con un valore, un approccio innovativo nello svolgere un compito, una scelta nella struttura aziendale, l’importante è che non si associ ad elementi deboli e banali, come ad esempio la dinamicità, la flessibilità ecc. L’elemento differenziante diventerà il fulcro delle tua attività di candidate marketing, l’aspetto da evidenziare con maggior forza perché garanzia di esclusività sul mercato.
La sua definizione è uno dei principali risultati ottenuti dallo studio delle personas e ti permetterà di comunicare con i candidati puntando sulle giuste leve di attraction, stimolando la loro curiosità e portandoli ad accedere e proseguire nel candidate journey.
3. Candidate Journey, le 4 fasi del Recruiting Funnel
Nel marketing, il funnel rappresenta il viaggio che un utente compie per evolvere da semplice “conoscente”, a cliente, a promotore.
Il funnel deve il suo nome alla sua forma ad imbuto e ad una delle sue logiche fondanti: la facilità di entrata e la difficoltà di uscita. Nell’ambito della ricerca e selezione questo significa che la platea a cui l’HR Manager si rivolgerà nelle prime fasi del funnel sarà molto ampia rispetto ai candidati che poi verranno effettivamente colloquiati e assunti.
Le fasi di cui si compone possono prendere diversi nomi e sfumature ma solitamente sono quattro - Awareness, Consideration, Decision, Delight - e in ognuna di esse vengono utilizzati canali, strumenti e strategie differenti.
I vari step devono essere intesi come sequenziali, il tempo infatti è una caratteristica imprescindibile del funnel perché permette all‘interesse della persona coinvolta di crescere gradualmente, trovando nutrimento in tutti i contenuti necessari per proseguire nel journey. Cercare di bruciare le tappe per velocizzare il processo non è la strada giusta, spesso infatti diventa controproducente e si trasforma in uno spreco di effort.
Vediamo le 4 fasi in dettaglio:
Awareness
La fase di awareness è una delle più ricche dell’intero funnel ed è composta dalle attività volte a far conoscere l’azienda a nuovi possibili clienti o, nel nostro caso, candidati. Nel settore della ricerca e selezione, l’obiettivo di questo primo step del Recruiting Funnel è raccontare dettagli importanti della tua organizzazione, in modo che i talenti ritenuti più interessanti la percepiscano come un ottimo luogo di lavoro.
L’HR Manager è chiamato a raccontare l’azienda concentrandosi in particolare sulle principali leve di attraction. La strategia deve veicolare a gran voce l’EVP e deve essere impostata sulla base delle personas individuate. Anche la comunicazione deve essere orientata in base ad esse, soddisfacendo i desideri e le preferenze manifestate durante la fase di analisi. Questi elementi influiranno sulla scelta dei canali da presidiare, del tone of voice da utilizzare, dei contenuti da veicolare.
Il risultato è una narrazione positiva di cui l’HR si fa portavoce, una storia dell’organizzazione volta a coinvolgere il candidato catturando la sua attenzione.
Nel caso delle Risorse Umane, ci sono diversi strumenti particolarmente utili su cui si può sperimentare. Vediamone alcuni:
- Su LinkedIn è possibile rimpolpare il calendario editoriale elaborato dal marketing con alcuni spunti dedicati al recruiting, oppure può rivelarsi interessante costruirne uno ad hoc prevedendo la pubblicazione di post o storie a supporto del candidate journey.
- Sempre sul profilo LinkedIn è possibile attivare la scheda “Vita Aziendale”, popolandola di contenuti specifici per i futuri candidati, corredati dalle testimonianze dei collaboratori, foto, video e tutte le informazioni utili ad attrarre nuovi talenti.
- Potrebbe essere interessante sperimentare una pagina Instagram o TikTok dedicate esclusivamente al candidate journey, adatte soprattutto ai brand che utilizzano un tone of voice informale.
- I video sono un trend sempre in crescita, quindi perché non inserirli in una strategia di awareness? Alcune delle piattaforme più utilizzate sono YouTube, IGTV o Facebook Watch.
- Un altro canale interessante è la newsletter dedicata ai candidati, passati e futuri. Ti permette di ottimizzare l’invio comunicazioni, tracciare le interazioni su di esse ed impostare una comunicazione personalizzata sulla base dei dati raccolti.
- Infine, anche un blog in cui pubblicare articoli interessanti per le personas può rivelarsi utile per rafforzare il Recruiting Funnel.
La chiave sta nel riuscire ad intercettare le personas nei luoghi digitali che frequentano abitualmente, proponendo contenuti di valore pensati per catturare il loro interesse e diffondere l’immagine della nostra azienda come un buon datore di lavoro.
Consideration
In questa fase il “cliente” è consapevole di voler soddisfare un bisogno, perciò dopo aver cercato informazioni online inizia a contattare le aziende che lo interessano di più.
Nella candidate experience questo step coincide con l’application. Il candidato comincia a valutare le offerte che più lo interessano e decide di rispondere ad annunci o di accettare proposte di colloqui.
Il recruiter dovrà gestire le candidature in arrivo, valutare i candidati in linea, identificare il loro cluster di appartenenza sulla base delle personas individuate e fornire feedback positivi o negativi per aggiornarli sulla loro posizione nel candidate journey.
In questa fase è essenziale riuscire a costruire una candidate experience memorabile con l’obiettivo di tutelare e incrementare la brand reputation. Sempre più spesso infatti i candidati alla ricerca di una nuova esperienza lavorativa utilizzano le informazioni disponibili online e offline per costruirsi un’opinione sulle realtà che maggiormente li interessano. Quando stanno scegliendo l’azienda a cui inoltrare il proprio curriculum, partecipano a gruppi e forum di settore, leggono recensioni, chiedono informazioni a chi ha già vissuto un’esperienza dello stesso tipo.
Oggi gli utenti non subiscono più l’informazione, ma ne diventano parte attiva. Curare la candidate experience nei minimi dettagli significa proteggere il brand da eventuali attacchi e aprirsi alla possibilità di ricevere feedback positivi, magari pubblicati dagli stessi candidati nei principali canali di comunicazione scelti nella fase di awareness.
Decision
L’utente ha scelto il fornitore e ha concluso l’acquisto o, tradotto nel settore della ricerca e selezione, il candidato è stato assunto e l’azienda ha dato il via al processo di onboarding per renderlo operativo.
Definire un piano di inserimento efficace è importante per non vanificare gli sforzi fatti durante le fasi precedenti e per assicurarsi che il neo-assunto ritrovi effettivamente tutti i valori esaltati nell’Employee Value Proposition.
Secondo una ricerca condotta da Harward Business Review, il 22% delle organizzazioni non ha formalizzato un processo di onboarding. Implementare una strategia efficace e metterla in campo, contemplando aspetti operativi e obiettivi a medio-lungo termine, è invece essenziale per trattenere i nuovi talenti ed è il primo touchpoint per proseguire nella fase di delight. I primi mesi in azienda sono in grado di impattare in modo decisivo sull’engagement, la performance e la retention, diventando uno dei principali elementi di giudizio per le scelte future del neo-assunto.
Un altro dato interessante arriva da una ricerca condotta The Wynhurst Group: “New employees who went through a structured on-boarding program were 58% more likely to be with the organization after three years.”
Per facilitare i primi giorni di inserimento, potrebbe essere utile prevedere un mentore, da selezionare tra le persone inserite da almeno uno o due anni in azienda, oppure predisporre una sequenza di email contenente policy, informazioni pratiche e obiettivi di breve e medio periodo. Inoltre anche la consegna di un welcome kit con oggetti rappresentativi dei valori aziendali e l’organizzazione di momenti aggregativi possono essere un ottimo modo per accogliere il neo-assunto.
In questa fase, l’HR Manager riveste un ruolo strategico. Uno dei suoi principali compiti coincide con la richiesta attiva di feedback, tesa a verificare lo stato dell’inserimento e a raccogliere le opinioni del nuovo collaboratore, rispondendo alle sue domande e perplessità.
Delight
Una volta raggiunto l’obiettivo, che sia assunzione o vendita, un errore comune è quello di considerare la journey conclusa. Nel marketing, in particolare nella metodologia Inbound, dopo la decision è previsto un ulteriore step: la fase di delight.
Deliziare significa strutturare un’esperienza post-vendita per trattenere il cliente e spingerlo ad acquistare nuovamente. Nel settore della ricerca e selezione questa fase coincide con tutte le pratiche messe in campo dall’azienda per fidelizzare i nuovi talenti inseriti nello staff, affinché rimangano all’interno dell’organizzazione e se ne facciano promotori.
Come nel Marketing, anche nelle Risorse Umane acquisire un nuovo contatto rispetto a trattenerne uno già esistente ha dei costi altissimi. Secondo una ricerca condotta da YouGov acquisire un nuovo cliente è 6-7 volte più costoso di quanto non lo sia mantenere un cliente esistente, mentre da uno studio di The Wynhurst Group emerge che “The cost of losing an employee in the first year is estimated to be at least three times salary”.
Le politiche di gestione delle risorse umane che puoi mettere in campo sono le più varie. Come in tutti gli step del Recruiting Funnel, anche nella fase di Delight saranno le personas a guidarti nella scelta degli elementi a cui attribuire maggior importanza. Che siano i benefit, la formazione o la creazione di un luogo di lavoro accogliente e funzionale, l’HR Manager deve basare le proprie scelte sui dati raccolti nella fase preliminare di analisi, prestando particolare attenzione alla calendarizzazione di momenti di feedback, necessari per capire se le aspettative dei neo assunti sono state effettivamente soddisfatte.
Una volta fidelizzato il talento, questo può abbracciare un’ulteriore tendenza e trasformarsi da collaboratore ad evangelist. L’evangelist è un ambassador, il promotore più prezioso che un’azienda possa desiderare perché, vista la sua esperienza positiva all’interno dello staff, sceglie spontaneamente di parlarne con entusiasmo condividendola con l’esterno e attirando nuovi candidati. Per questa tipologia di collaboratore è possibile predisporre una comunicazione ad hoc impostando una strategia di personal branding a supporto del piano editoriale aziendale (link al nostro articolo).
4. Conclusioni
Abbiamo visto come le strategie di marketing diventino anche per l’HR uno strumento essenziale per guidare e tracciare il candidate journey.
La chiave del suo successo sta nell’attenzione rivolta all’employer branding in ogni fase del funnel. Le scelte di acquisto delle persone, così come quelle professionali, specialmente tra i Millenials e la Gen Z, sono indirizzate verso aziende che rispecchiano i loro valori e che credono nelle loro medesime cause. Curare l’employer branding si rivela strategico perché, oltre a contribuire all’inserimento di nuovi talenti, permette di fidelizzare anche quelli già interni all’organizzazione. Il suo compito infatti è facilitare sia la candidate attraction che l’employee retention, influendo positivamente sul budget e sull’effort di tempo.
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