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Recruiting Marketing: fare recruiting in un mercato del lavoro capovolto

Scritto da Team Reverse | 16 giugno 2023 14.16.37 Z

“Le farò sapere”, disse il candidato. Ebbene sì, oggi le aziende non sono più arroccate sulle loro torri d’avorio a selezionare minuziosamente i candidati da inserire. Con una moltitudine di offerte tra le mani, oggi sono anche i candidati a scegliere l’azienda che fa per loro, quella che li rispecchia maggiormente, esattamente come un consumer che debba scegliere un brand da acquistare. 

Insomma: le regole del gioco si sono ribaltate e le strategie di recruiting devono adeguarsi, usando l'analisi del dato e prendendo in prestito gli strumenti del Marketing. 

Nei prossimi paragrafi vediamo quindi come trasformarsi, concretamente, in un mondo trasformato. 

 

  1. Cosa si intende per Recruiting Marketing? Il processo di recruiting in un mondo di seller
  2. Il primo passo: i tre ingredienti per capire i nuovi driver motivazionali
  3. Le fasi del processo di recruiting: innovarle grazie alle strategie di Marketing

    - Mappatura del mercato e analisi del dato per applicare un doppio recruiting funnel
    - Attraction: impostare un piano efficace di Employer Branding basato sull'identikit del “candidato ideale”
    - Prestare attenzione alla comunicazione
    - Lettura dei KPI
    - Farsi supportare dalla tecnologia
  4. Conclusioni

 

1. Cosa si intende per Recruiting Marketing? Il processo di recruiting in un mondo di seller

Partiamo da una doverosa premessa: l'equazione cliente=consumer non è mai stata così vera.

Lo vediamo ogni giorno e in ogni settore, il paradigma del mondo del lavoro si è completamente invertito. 

Le aziende oggi non sono più "buyer" alla ricerca di candidati, ma sono entrate a pieno titolo nel mondo dei “seller”, con l’arduo compito di distinguersi tra un mare magnum di competitor non solo nazionali, ma anche su scala globale, grazie a smart working e remote working che hanno ampliato i confini. 

Ecco perchè per le aziende diventa essenziale rendersi attrattive agli occhi dei candidati, esattamente come lo è per i brand distinguersi agli occhi dei consumer.

Entra quindi a pieno titolo nel nostro vocabolario l'espressione "Recruiting Marketing": un approccio strategico che combina le tecniche di Marketing con le strategie di recruiting per attrarre, coinvolgere e assumere i candidati migliori per la propria organizzazione. Un metodo che prevede l'utilizzo di strumenti come recruiting funnel, Candidate Personas e strategie di comunicazione efficace, come vedremo nel dettaglio nel corso dell'articolo.

L'obiettivo principale è costruire una pipeline di talenti qualificati, migliorando l'esperienza del candidato e ottimizzando i tempi e la qualità delle assunzioni. 

La prima mossa da fare? Sondare in modo scientifico le reali esigenze e i driver motivazionali del proprio cliente, o meglio, del proprio candidato. 

 

2. Il primo passo: i tre ingredienti per capire i nuovi driver motivazionali

Proprio come ci insegna il Marketing, il primo passo per attrarre i nostri candidati/consumer, soddisfando a pieno le loro esigenze, è quello di capire quali sono le loro richieste oggettive. 

Per farlo esistono 3 ingredienti oggi imprescindibili. Ce lo spiega Elettra Paladini, Industry Leader in Reverse: 

"La maggiore difficoltà che riscontriamo nelle aziende oggi non è tanto trovare il candidato, ma conquistarlo.

Lo vediamo in qualunque settore: alcune di quelle che un tempo erano le motivazioni principali per scegliere un lavoro piuttosto che un altro non esistono più o si sono ridotte notevolmente.

Lo smart working e il remote working hanno risolto le problematiche legate alla distanza dal luogo di lavoro. 

Il lavoro per obiettivi ha introdotto una nuova flessibilità nella gestione del tempo. L'attenzione al benessere delle persone ha favorito inoltre la creazione di ambienti di lavoro piacevoli, incentrati sullo scambio e sulla condivisione.

La competizione diventa sempre più ardua perché le offerte non sono solo numerose, ma sono sempre più allettanti. 

E’ quindi indispensabile capire le reali motivazioni che spingono i candidati a scegliere un lavoro e un’azienda, utilizzando tre ingredienti chiave.

  • Il primo ingrediente è l’approccio data driven: come sempre sottolineiamo, i dati permettono di leggere il mercato in modo oggettivo e di basare le proprie strategie di recruiting su informazioni concrete, non su opinioni soggettive. 
    I dati hanno fondamentamentalmente una triplice utilità:
    • permettono di mappare il mercato, capendo cosa i talenti richiedono alle aziende in generale e al settore specifico;
    • aiutano a comprendere come il proprio brand è percepito esternamente, cosa lo rende attrattivo e cosa no;
    • fanno luce su eventuali falle nel processo di recruiting aziendale: se è troppo lungo, troppo lento, se ci sono troppi ostacoli all'ingresso e così via…
  • Il secondo ingrediente è l’ascolto e la clusterizzazione dei candidati: individuare i cluster giusti per ruolo e azienda e capirne nello specifico desideri e aspirazioni. Faccio un esempio: può capitare che su un totale di 300 candidati contattati o che si sono proposti, solo un cluster ridottissimo sia in linea con le esigenze dell’azienda. Ascoltare le specifiche necessità di questo cluster è indispensabile per conquistare questi pochi candidati, poiché sono “unicorni” di altissimo valore.
  • Il terzo ingrediente è la condivisione delle informazioni per poterle usare nel modo più corretto. L'HR deve far parlare i dati, oggettivarli, comunicarli alla linea manageriale e usarli per prendere decisioni obiettive e rapide, per non farsi scappare il candidato che, in processi di selezione troppo lunghi, potrebbe essere stato attirato nel frattempo da una nuova offerta.

In tutto ciò la tecnologia gioca un ruolo essenziale, consentendo di automatizzare e velocizzare le attività meccaniche da un lato, e di raccogliere e interpretare i dati per un HR Analytics ottimale dall’altro. 

Sempre con le dovute attenzioni: una buona strategia di recruiting non può prescindere dalla parte umana, ma deve entrare in stretta sinergia con essa.”

 

 

3. Le fasi del processo di recruiting: le tecniche di Marketing da cui prendere ispirazione per innovarle

In un racconto mitologico le strategie di recruiting, come dicevamo, sarebbero quasi sicuramente state raffigurate come un mostro a due teste a simboleggiarne la duplice natura: da una parte le Risorse Umane, dall’altra il Marketing.

In un mondo in cui il candidato diventa consumer, applicare al mondo HR le regole del Marketing risulta vincente per capire a) cosa desiderano davvero i candidati b) come rispondere a queste esigenze. 

Non possiamo quindi prescindere da questo binomio se dobbiamo elencare  i punti indispensabili per innovare le proprie strategie adattandole al nuovo seller’s market: 

 

1. Mappatura del mercato e analisi del dato per applicare un doppio recruiting funnel

I numeri sono la base da cui partire, lo abbiamo capito. 

Una data analysis è indispensabile per partire nel viaggio del processo di ricerca e selezione. 

Si apre qui un altro concetto fondamentale che è quello di “recruiting funnel”, concetto sempre preso in prestito dal marketing. Il concetto di funnel, che prende il nome dalla sua forma a imbuto, si basa su una delle sue logiche principali: il facile accesso all'inizio e la difficoltà di uscita alla fine.

E’ facile capire la metafora con il mondo della ricerca e selezione: l'HR Manager si rivolgerà a un pubblico molto ampio nelle prime fasi del processo di selezione, ma solo una parte di questi candidati risponderà e/o arriverà alla fine del percorso. 

Ebbene, i dati ci aiutano a fare luce non su uno, ma ben su due funnel. 

Il primo, basato sul numero di candidati che sono stati attratti via via dalla comunicazione durante le fasi di selezione. 

Il secondo, basato su quanto sia agevole ed efficace il proprio processo di ricerca e selezione interno. 

“Il dato”, prosegue Elettra Paladini, “ci permette di identificare e monitorare due funnel distinti. 

Il primo ci parla di come l’azienda è percepita sul mercato: perchè su 800 candidati contattati all'inizio, solo 20 hanno considerato allettante l’offerta, avanzando verso la fine dell’imbuto?

Quali erano le esigenze dei candidati e che cosa non li ha attratti della nostra proposta? Come migliorare il nostro Employer Branding per soddisfare le esigenze dei talenti che cerchiamo? E ancora, come conquistare i 20 candidati arrivati alla fine del funnel? 

Il secondo funnel invece, si riferisce all’efficacia del processo di recruiting interno dell’azienda: quanti candidati hanno iniziato il processo di selezione e quanti sono arrivati in fondo. Dall’analisi del dato si può capire per esempio se il processo è troppo lento, troppo veloce, troppo restrittivo. E si può agire di conseguenza per ottimizzarlo.

 

2. Attraction: impostare un piano efficace di Employer Branding basato sull'identikit del “candidato ideale”

Per migliorare Talent Attraction e Talent Acquisition ci viene in aiuto un altro fondamentale concetto: quello delle Candidate Personas . Abbiamo spesso sottolineato l’importanza delle Candidate Personas, cioè l’identikit del candidato tipo per una determinata azienda e per un determinato ruolo: ne identifica le caratteristiche peculiari, le esigenze, le aspirazioni, i desideri, i driver motivazionali. 

Capire in modo scientifico chi è il proprio interlocutore, consente di capire come rispondere efficacemente ai suoi bisogni e su cosa far vertere il proprio Employer Branding

Ormai ogni HR sa perfettamente che applicare una strategia efficace di Employer Branding sia la chiave per una Talent Acquisition, prima, e un’ Employee Retention, poi, di successo. 

Quello che forse non tutti sanno, però, è che l'Employer Branding nasce proprio come un ramo del Marketing strategico, rivolto all'acquisizione e alla retention questa volta non di clienti ma di talenti. 

“Il processo importante da seguire, nell’ordine, è questo: 

  1. mappatura del mercato tramite l’analisi del dato e survey mirate per capire le esigenze concrete dei candidati
  2. creazione delle Candidate Personas e pianificazione dell’Employer Branding
  3. analisi del nostro primo famoso funnel: “quante persone hanno risposto alla mia offerta? E quante sono risultate in linea?”
  4. ottimizzazione dell’Employer Branding sulla base delle evidenze raccolte: grazie alla clusterizzazione dei dati l’HR sa come migliorare la propria proposta, il proprio Employer Branding e quindi la propria Talent Attraction per attrarre i candidati in linea.” Elettra Paladini

 

3. Prestare attenzione alla comunicazione

Come in ogni “piano Marketing” che si rispetti, anche la comunicazione gioca un ruolo principe nelle strategie di recruiting. 

Perché non saranno solo le proprie strategie di Employer Branding a doversi adattare alle esigenze del candidato: anche il modo in cui gli si comunicherà la propria proposta deve essere efficace. 

Immaginate di avere tra le mani un’offerta d’oro (sia in termini di ruolo, che di responsabilità che di ambiente aziendale) e di non riuscire a trasmetterla ai potenziali candidati in modo adeguato. 

Sarebbe un vero peccato. 

“E’ necessario adattare la propria comunicazione in base al candidato che ci si trova davanti per veicolare in modo efficace la propria proposta. 

In base a cosa e come decidi di comunicare attirerai un determinato target di candidati: ciò che attira un candidato della Gen Z per esempio (attenzione a D&I, alla sostenibilità, alla formazione e a un’ambiente inclusivo), potrebbe infatti non attirare ugualmente un candidato della Gen X. 

E lo stesso vale per il tone of voice che si decide di usare: alcuni saranno attratti da un tono più informale, altri da un tono più formale. 

Anche qui viene in nostro aiuto la tecnologia: i software sono in grado di tracciare il tasso di successo o di insuccesso dei diversi messaggi che vengono inviati ai candidati per un primo contatto, in modo da capire come aggiustare il tiro e su che linea comunicativa proseguire.” Elettra Paladini

 

4. Lettura dei KPI

Dati, dati e ancora dati. Ma per leggere e interpretare questi dati servono senza dubbio delle metriche, anche nel mondo del recruiting, esattamente come avviene per il marketing. 

E’ indispensabile settare dei KPI, dei Key Performance Indicator che ci aiutino a misurare in modo oggettivo le prestazioni delle attività e/o dei processi messi in atto: in questo caso per misurare il tasso di risposta dei candidati, come abbiamo visto, il numero di talenti raggiunti e poi il numero di talenti arrivati in fondo al funnel, la velocità ed efficienza del processo di recruiting aziendale. 

I KPI consentono non solo di valutare le performance, ma anche di identificare eventuali problematiche e criticità, agendo di conseguenza. 

“ Oltre all’uso del dato e alla sua giusta interpretazione, c’è un altro ingrediente da cui non si può prescindere: sapersi mettere in gioco, rimodulare le azioni sulla base di quello che il dato ci sta dicendo, cioè su quello che il mercato ci chiede.

L’HR ha un grande strumento tra le sue mani: la possibilità di oggettivare le sue scelte tramite il settaggio di un obiettivo e di KPI per misurarlo scientificamente. 

Se il dato viene monitorato costantemente, è possibile identificare in modo tempestivo eventuali errori e falle nelle proprie strategie di recruiting e di rimodulare le decisioni in corso d’opera in base a come reagisce in tempo reale il mercato

In questo processo è necessario che l'HR comunichi anche con la linea manageriale utilizzando il dato per prendere, insieme, decisioni obiettive.”  Elettra Paladini

 

5. Farsi supportare dalla tecnologia 

In tutto questo, l’abbiamo capito, è essenziale il suo supporto: della tecnologia. 

E’ lei che ci permette di analizzare scientificamente e in modo capillare le esigenze di un bacino di candidati amplissimo ma soprattutto sempre più complesso. 

E’ lei che ci consente di automatizzare e velocizzare le azioni più meccaniche dei processi, lasciando libero spazio alla relazione umana, appannaggio di recruiter ed HR. 

E’ lei che consente di basare le proprie decisioni su evidenze scientifiche e di rimodularle poi in tempi brevissimi, seguendo le repentine dinamiche del mercato.  

La tecnologia è la vera alleata che abbiamo nel fronteggiare il mare magnum di aziende competitor. Ci permette di realizzare cosa i talenti vogliono e di offrirglielo in modo preciso e rapido. 

Rimane il fatto che una buona strategia di recruiting non può prescindere dalla componente umana: digitale e umano devono essere sempre sincronizzati, in armonia, potenziandosi a vicenda.”  Elettra Paladini.  

 

4. Conclusioni

A conclusione di questo nostro excursus è chiaro un punto: oggi non ci si può permettere di agire alla cieca. Le strategie di recruiting, esattamente come le strategie di Marketing, devono basarsi su una conoscenza scientifica e capillare del nostro candidato tipo. 

Non esiste strategia mirata senza un bersaglio ben definito. 

L'umanità dell'HR più la scientificità del dato sono il vero binomio, la vera bussola con cui orientarsi oggi nel labirinto  delle assunzioni.