Consultancy & ICT/Digital: esigenze HR di un mercato in evoluzione

    In Italia a operare quasi indistintamente in ambito ICT/Digital sono tanto le startup innovative, quanto le PMI e le multinazionali che offrono i loro servizi di consulenza – e quando possibile anche l’integrazione di strumenti specifici – a mercati della natura più varia, dal bancario al fashion, dalla PA alla sanità, scorrendo l’ampio ventaglio di aziende e industrie che non possono più prescindere da tecnologia informatica e digitalizzazione in generale.

    Un bel puzzle, quindi. Che deve incastrare realtà più grandi con altre più piccole (ma non per questo meno innovative) e che deve garantire la copertura personalizzata di esigenze composite.

    Marilisa Cappellano, Industry Leader in Reverse e Head Hunter specializzata nel settore Consultancy & ICT/Digital, ci ha aiutato a mettere ordine tra le esigenze HR di un mercato stratificato e in netta evoluzione.

    Marilisa, iniziamo con una panoramica del settore e la direzione verso cui sta spingendo.

    Questo è un mercato al cui interno troviamo player di dimensioni davvero diverse tra loro. Al netto delle multinazionali, le piccole aziende e le PMI, entrambe storicamente padronali, negli ultimi anni hanno capito che, per assicurarsi un futuro, devono fare un “grande” passo in avanti. E che i modi per riuscirci sono due: acquisire altre realtà o inserire in azienda figure che ne possano garantire la crescita.

    Approcci diversi che garantiscono, ovviamente, risultati differenti. Se infatti nel primo caso assistiamo a una crescita esponenziale in tempo zero, nel secondo caso l’avanzamento è invece più lento e più lineare. 

    Il reale investimento sulle persone e sul loro piano di crescita - che spesso va di pari passo con quello dell’organizzazione stessa - le spinge a instaurare un rapporto di fiducia e di successiva fidelizzazione con l’azienda che le accoglie.

    Questo tipo di crescita si definisce “organica” e, a parte le eccezioni, difficilmente viene persa. 

    Attualmente, seguendo una dinamica già in essere da alcuni anni, i progetti che vengono maggiormente venduti in questo settore – quindi pensiamo a tutto il mondo della consulenza IT/ICT/digital – sono sempre più tailor made. 

    Mentre nel passato si vendevano e si riuscivano a posizionare anche prodotti standard, ora anche gli strumenti più semplici vengono pensati sulle specifiche esigenze del cliente, aggiungendo, appena possibile, servizi di consulenza totalmente personalizzati. 

     

    Quali sono attualmente le figure più richieste?

    Il mercato è estremamente ampio, ma nella consulenza ICT è sicuramente molto richiesta le figura dell’analista funzionale. Un professionista quindi in grado di entrare all’interno dell’azienda, fare un’approfondita analisi dei requisiti per riportarli “a casa” e tradurli in una soluzione concreta che il team IT possa realizzare tecnicamente.

    Questa tipologia di consulente è quindi in grado di dialogare ad alto livello sia con il cliente, sia con il proprio team interno, padroneggiando tanto competenze strategiche, quanto un minimo di conoscenza tecnica.

    Un’altra figura altamente richiesta è quella dello sviluppatore. La peculiarità di questo professionista in consulenza è di essere sempre aggiornato sulle tecnologie: trovandosi a lavorare per realtà aziendali diverse, deve avere conoscenza e capacità di utilizzo di tante soluzioni differenti, con un focus particolare su novità e tendenze.
    Questo comporta quindi da una parte la possibilità di aprirsi a tante tecnologie diverse, mettendo quindi le mani in pasta su progetti spesso divergenti, ma dall’altra parte la perdita di una verticalità su linguaggi e soluzioni.

    Altre figure chiave sono: Cyber Security Expert, IT architect, Innovation Manager, DevOps Engineer.

     

    Alla luce di questo qual è l’esperienza che ha un candidato-tipo?

    Quando si parla di consulenza strategica di alto livello, il candidato-tipo proviene tipicamente da un percorso accademico prestigioso che include sicuramente una laurea magistrale a indirizzo economico/ingegneristico e, preferibilmente, anche un master e un periodo di studio/lavoro all’estero.

    Fa il suo ingresso in una società di consulenza come analista e la “scala” fino a ricoprire una posizione manageriale di gestione del cliente.

    Al netto delle competenze maturate, tanto a livello accademico, quanto lavorativo, questi profili sono estremamente flessibili anche in termini di disponibilità al lavoro. Quello della consulenza, perlomeno a livelli alti, è un mondo impegnativo, fatto di estrema dedizione, anche per quel che concerne la disponibilità oraria.

    Vincono quindi i candidati che, oltre alle skill (hard e soft) elencate qui sopra, hanno la capacità di lavorare per obiettivi e che condividono perfettamente i valori dell’organizzazione.

    Per quel che concerne invece lo sviluppatore è necessario che abbia capacità tecniche che devono combaciare con quello che chiede il cliente: per questo motivo in fase di selezione vengono proposti dei test tecnici per avere il polso sulle effettive competenze del candidato.
    È poi necessario, per la natura stessa del ruolo che dovrà ricoprire, che sia una persona flessibile, non “chiusa”, disponibile e pronta a passare da una cosa all’altra.

     

    Quali sono le caratteristiche di un HR Manager che lavora in questo settore?

    L’HR Manager che lavora nell’ambito della consulenza (ICT o digital che sia) ha già calibrato il suo mindset sulla necessità di avere una pipeline continua di candidati.

    Come dicevamo prima, questo settore lavora a sua volta con aziende che fanno capo a industrie differenti e che sempre di più hanno necessità di allinearsi e aggiornarsi in termini IT/ICT e digital: pertanto è indispensabile non solo avere un vivaio dal quale attingere ogni volta che ce n’è bisogno, ma che queste selezioni vengano fatte valutando i candidati più dal punto di vista dell’approccio che da quello della competenza specifica.

    Inoltre, la presenza sullo stesso territorio di aziende molto simili, obbliga l’HR a politiche di employer branding, attraction e definizione della culture identity molto stringenti che puntino a qualcosa di più della sola leva economica, ormai non più sufficiente per attrarre e trattenere candidati e lavoratori.

     

     


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    Alessandro Raguseo, CEO