L'Headhunting è un mestiere che si impara sul campo. Ma tra "imparare" e "crescere davvero" c'è un abisso fatto di scelte, opportunità, errori e del contesto in cui tutto questo accade.
Abbiamo chiesto a quattro dei nostri senior Head Hunter di raccontare il loro percorso: Sara Bombardini, Marilisa Cappellano, Valeria De Divitiis e Federico Panattieri. Oggi coordinano team cross funzionali, sono coinvolti nelle decisioni strategiche di Reverse, gestiscono i progetti più complessi. Ma ognuno di loro è arrivato qui da una strada diversa: chi dal mondo sales, chi con un background da Head Hunter poi passato in azienda come HR, chi dopo anni in altre società di Headhunting.
Cosa troverai in questo articolo:
- Se sei un HR o hiring manager: capirai cosa distingue un Head Hunter esperto da uno improvvisato, quali domande fare e cosa aspettarti da un partner davvero consulenziale. Soprattutto, imparerai a valutare il contesto in cui lavora: quanto la persona è supportata e quali reali strumenti ha per fare un lavoro di qualità?
- Se sei un Head Hunter o recruiter: troverai esperienze di crescita in questo mestiere, quali segnali indicano un ambiente che investe davvero sulle persone e come passare da "esecutore di ricerche" a "consulente strategico".
Quattro storie, decine di anni di esperienza cumulata, e un filo rosso: l'Headhunting di qualità non è solo questione di talento individuale ma anche di metodo, cultura aziendale, capacità e contesto organizzato per far crescere le persone.
Indice
- Sara Bombardini: "L'Headhunting è un mestiere dove l'esperienza conta, ma il contesto la moltiplica"
- Marilisa Cappellano: "Ogni esperienza è formativa. Ma è il cultural fit che trasforma il lavoro in impatto."
- Valeria De Divitiis: "Dall'altra parte della chiamata: come il sales mi ha insegnato a fare l'Head Hunter"
- Federico Panattieri: "Tre prospettive, una lezione: l'Headhunting è fatto di contesto, non solo di CV"
- Un filo comune: l'Headhunting è un mestiere di squadra (anche quando lavori da solo)
- Cosa significa per te: trovare o diventare l’Head Hunter giusto
1. Sara Bombardini: "L'Headhunting è un mestiere dove l'esperienza conta, ma il contesto la moltiplica"
Sara è arrivata in Reverse con già un background da Head Hunter. Aveva imparato in modo esperienziale un suo metodo, aveva chiuso ricerche in altri contesti. Oggi segue i progetti core dell'azienda e dirige un team.
"Pensavo che cambiare azienda significasse fare le stesse cose in un posto diverso. Invece ho scoperto che il contesto cambia tutto: la qualità del lavoro che riesci a fare, la velocità con cui cresci, perfino quanto ti piace quello che fai."
L’esperienza di Sara:
1. Non tutti gli ambienti ti fanno crescere allo stesso modo: noi in Reverse siamo i piloti, non solo passeggeri
"Avevo già fatto Headhunting altrove. Sapevo come strutturare una ricerca, come fare un'intervista. Ma qui ho trovato una dinamica diversa. C'è un sistema che migliora quarter dopo quarter in base alle nostre segnalazioni e ai nostri test. È come se fossimo i piloti di un'auto da corsa che vengono chiamati costantemente a fare test e a dare suggerimenti ai meccanici su dove intervenire.
Non usiamo strumenti statici calati dall'alto. Se notiamo che un passaggio del processo è macchinoso o che una tecnologia potrebbe aiutarci di più, lo segnaliamo e il sistema evolve. E questo avviene settimana dopo settimana, non solo quando viene lanciato il 'grande progetto X'.
Questo cambia tutto: non sei un ingranaggio che deve adattarsi alla macchina, sei parte attiva nel migliorare la macchina stessa per andare più veloce e lavorare meglio. In altri posti mi sentivo un esecutore, qui sento che il mio feedback modella il mio strumento di lavoro."
2. I progetti migliori sono quelli dove i dati ti permettono di spiegare il "perché no"
"All'inizio della mia carriera nell'Headhunting dicevo sì a tutto. Il cliente chiedeva un profilo impossibile? 'Certo, ci provo'. Tempi irrealistici? 'Vedrò cosa posso fare'.
Oggi, grazie al contesto di Reverse, ho gli strumenti per approcciare il cliente in modo diverso. Non si tratta solo di dire 'no', ma di spiegare il 'perché no' basandosi su dati oggettivi, portando reale valore. Il metodo Reverse ci consente di mappare il mercato e raccogliere informazioni dettagliate: quando dico che un requisito è ostativo, non è una mia sensazione ('secondo me è difficile'), è un'evidenza supportata dai numeri e dai report che il nostro sistema ci permette di generare. Posso andare dal cliente e dire: 'Guarda, abbiamo contattato questi 50 profili target e il dato che emerge è che a queste condizioni il mercato non risponde per questo motivo specifico'. Questo sposta la conversazione dall'opinione ai fatti, aiutando il cliente a prendere decisioni migliori.
Ho un cliente che lavora con noi da anni. La prima ricerca si era bloccata, ma grazie ai dati raccolti ho potuto dimostrargli: 'Fermati, le informazioni che abbiamo ci dicono che stiamo cercando la persona sbagliata per il problema sbagliato'. Abbiamo ricominciato da capo, dati alla mano. Ha dato fastidio? All'inizio sì. Ma mi ha chiamato per tutti i progetti successivi, perché ha capito che il nostro obiettivo è risolvere il suo problema partendo dalla realtà del mercato, non assecondare un'illusione."
3. La crescita professionale non è automatica con l'esperienza
"Dopo diversi anni di Headhunting, potevo continuare a fare le stesse cose sempre meglio. Ma qui mi è stato chiesto di fare di più: contribuire alla strategia aziendale, partecipare a decisioni su quali clienti prendere, guidare colleghi nella crescita.
Questo non è scontato. In molte realtà di Headhunting, anche dopo dieci anni fai ricerche sempre più complesse ma il tuo ruolo resta lo stesso. Qui invece c'è una cultura che ti permette di evolvere, non solo di crescere. Ad esempio, quest'anno siamo stati guidati attraverso un percorso di accompagnamento su come il nostro ruolo deve evolvere grazie ai nuovi strumenti di Intelligenza Artificiale: quali rischi evitare e quale enorme qualità in più si riesce a portare a clienti e candidati usando al meglio gli strumenti AI che Reverse ha plasmato per noi."
2. Marilisa Cappellano: "Ogni esperienza è formativa. Ma è il cultural fit che trasforma il lavoro in impatto."
Marilisa è arrivata in Reverse dopo esperienze in diverse società di Headhunting. Ha visto modelli diversi, culture diverse.
Oggi coordina un team cross funzionale e contribuisce attivamente a disegnare come lavoriamo.
L’esperienza di Marilisa:
1. Oltre il poster sul muro: valori che guidano gli incentivi
"Nelle mie esperienze precedenti ho osservato approcci che ponevano l'accento su metriche di quantità o su dinamiche interne competitive.
Qui in Reverse c'è un coinvolgimento di squadra reale, dovuto ai nostri valori che si rispecchiano anche nelle logiche concrete del lavoro: il sistema incentivante, ad esempio, è attento alle performance individuali, ma anche e soprattutto alle performance di team. Questo cambia completamente l'atmosfera in ufficio. Non c'è quella gelosia del candidato o del cliente che spesso avvelena le società di recruiting. Se un collega ha bisogno di aiuto e confronto su una ricerca, trova disponibilità perché tutti sappiamo che il successo del team è anche il mio successo, e l'azienda lo riconosce economicamente. È la differenza tra dire 'siamo collaborativi' ed esserlo davvero."
2. Non è "quanto" fai, ma "come": la forza di un metodo collettivo
“Tutte le società di Headhunting cercano persone, ma la modalità con cui lo si fa è ciò che fa la differenza. In Reverse non lavori da sola su un mandato: lavori con un team cross funzionale e con gli Scout.
Ma soprattutto: chiedere un punto di vista non è visto come un segno di debolezza, anzi è una prassi incoraggiata. Questo confronto costante non solo ti fa crescere molto più velocemente come Head Hunter, perché ogni ricerca diventa un'occasione di apprendimento collettivo, ma produce risultati migliori per il cliente."
3. La strategia è partecipata: le riunioni di team
"Dopo diversi anni in questo settore, non cerchi più solo uno stipendio. Cerchi un impatto. Vuoi che la tua esperienza serva a costruire un modello di lavoro in cui credi.
In Reverse ho trovato uno spazio reale per questo. C'è una partecipazione alle decisioni strategiche che viene pianificata attraverso riunioni di team. Non subiamo le decisioni dall'alto; ci sono momenti dedicati in cui ci sediamo e discutiamo: 'Dove vogliamo andare nei prossimi 6 mesi?', 'Quale è la cosa più importante su cui dobbiamo lavorare nel prossimo quarter (la chiamiamo la rock del quarter)? Come facciamo a misurare il miglioramento?'. Sapere che la tua voce conta nella definizione della rotta aziendale è una motivazione fortissima. Ti fa sentire imprenditore del tuo ruolo, non solo dipendente."
4. Oltre le parole: la cultura si legge nei volti
"In Reverse ho trovato colleghi che sono qui da diversi anni, perché continuano a trovare ragioni per restare e questo lo leggo ogni giorno nei loro volti. Quando parlano dell'azienda usano 'noi', non 'io'. Sembrano dettagli, ma sono indicatori molto potenti."
3. Valeria De Divitiis: "Dall'altra parte della chiamata: come il sales mi ha insegnato a fare l'Head Hunter"
Valeria è entrata in Reverse a poco più di vent'anni come sales. Non faceva ricerca, non intervistava candidati: generava opportunità commerciali, prendeva appuntamenti, costruiva le prime relazioni con i clienti. Oggi, circa dieci anni dopo, coordina un team crossfunzionale misto di sales e Head Hunter, gestisce ricerche per clienti enterprise su profili C-level, e ha una visione completa del processo dall'acquisizione alla chiusura.
"All'inizio non toccavo nemmeno l'Headhunting vero e proprio. Ero la persona che apriva le porte, costruiva relazioni con prospect e clienti, comprendeva le loro esigenze e li guidava passando il testimone ai colleghi Head Hunter. Pensavo che il mio lavoro finisse lì. Poi ho capito che quella prospettiva – capire il business del cliente, leggere i suoi bisogni, costruire fiducia – era esattamente la base per diventare una brava manager ed un head hunter completa."
L’esperienza di Valeria:
1. Il sales ti insegna a fare le domande giuste, l'Headhunting ti insegna ad ascoltare le risposte
"Nei primi anni facevo solo sales. Chiamavo aziende, presentavo i nostri servizi, cercavo di capire se c'erano posizioni aperte. Mi entusiasmava il fatto di avere un vantaggio competitivo grazie agli strumenti tecnologici di Reverse e di riuscire a farlo percepire ai miei interlocutori. All'inizio pensavo che il mio compito fosse convincere il cliente a lavorare con noi. Poi ho capito che il vero valore era altrove: nell'essere curiosa, nell'anticipare le risposte, nell'essere davvero in grado di guidare il cliente prendendolo per mano e costruendo fiducia e competenza.
Quando sono passata a gestire anche il team ed il processo di head hunting, ho portato con me quella mentalità. Non mi limitavo a ricevere un brief: volevo capire il perché dietro ad ogni requisito, partivo dall'obiettivo da raggiungere per poi costruire insieme al cliente la strada migliore per farlo.. 'Perché cercate qualcuno con esperienza in multinazionale?' 'Cosa non ha funzionato con la persona precedente in questo ruolo?' 'Quali sono le sfide vere che questa persona dovrà affrontare?'
Il sales ti allena a non accettare risposte vaghe, ma anche a portare tu le risposte quando dall'altra parte non ci sono, perché la selezione non è una scienza esatta. E nell'Headhunting questo fa tutta la differenza tra presentare candidati che matchano sulla carta e trovare persone che funzionano davvero."
2. Vedere entrambi i lati del processo ti rende più completo
“Oggi guido un team misto: manager con esperienza, consulenti che si occupano di sviluppo commerciale e di headhunting, e alcuni che fanno il doppio ruolo. Molti pensano che siano due mondi separati, ed anche nelle organizzazioni spesso i due ruoli appartengono a dipartimenti diversi. Per me, invece, sono due facce della stessa medaglia. Ed il fatto di essere un unico team, di avere tutti la stessa visione, cambia radicalmente la prospettiva.
Quando ho iniziato ad occuparmi anche di Headhunting, ho capito quanto la collaborazione sia essenziale e quanto sia difficile, per l'Head Hunter, lavorare su brief poco chiari o con clienti poco ingaggiati.
Aver fatto sales prima mi ha dato una visione strategica che molti Head Hunter non hanno. Capisco non solo come chiudere una ricerca, ma come costruire relazioni di lungo periodo con i clienti. So che acquisire un cliente nuovo costa molto di più che mantenerne uno esistente. So che la qualità di un placement si vede sei mesi dopo, non il giorno della firma.
Quando oggi formo il mio team, trasmetto questa visione: che tu faccia sales o Headhunting, devi capire l'intero processo. Il sales deve sapere come funziona una ricerca per vendere in modo realistico. L'Head Hunter deve capire il contesto commerciale per priorizzare i progetti giusti. Invito sempre le persone del mio team ad andare oltre al proprio ruolo: sei un consulente che risolve problemi al cliente, non sei solo un sales o solo un head hunter. Nel mercato di oggi, avere la flessibilità e la curiosità per sperimentare, cambiare strada e arricchirsi, è la vera chiave per fare la differenza.”
3. La crescita non è lasciata al caso: il valore del metodo
"Ho iniziato pensando di fare solo sales. Poi ho scoperto che mi piaceva anche l'Headhunting. Ma questo passaggio non è stato un salto nel buio basato solo sull'intuizione. In Reverse c'è un programma formativo strutturato che ricalca esattamente il metodo che seguiamo. Non ti viene detto semplicemente 'vai e prova', ma vieni inserito in un percorso che ti trasferisce gli strumenti, le logiche e il 'why' dietro ogni azione.
In dieci anni sono passata da fare telefonate commerciali a coordinare team, partecipare alla strategia aziendale, contribuire a decisioni su come strutturiamo l'offerta per i clienti più complessi.
Questo non succede ovunque. In molte realtà, se inizi come sales resti sales. Se fai Headhunting, quello fai. Qui invece c'è una cultura supportata da formazione reale che ti permette di alzare la mano e dire: 'voglio provare anche quest'altra cosa', sapendo di avere una struttura alle spalle che ti insegna come farla."
Per gli HR che leggono: quando valuti un fornitore di Headhunting chiedi quanto turnover c'è nel team che ti seguirà e da quanto tempo lavorano insieme. Chiedi che percorso di crescita hanno avuto. Ma soprattutto, chiedi che struttura formativa viene messa a disposizione del personale per essere specializzati nella ricerca e quanto tempo viene dedicato alla formazione. Osserva bene: dalla struttura del processo, dalla precisione delle domande e dai materiali utilizzati puoi intuire se hai davanti la sola esperienza del singolo o la metodologia di un'azienda strutturata. Non è curiosità: è un indicatore diretto della qualità del servizio che riceverai e dello spessore professionale delle persone che ti affiancheranno.
4. Federico Panattieri: "Tre prospettive, una lezione: l'Headhunting è fatto di contesto, non solo di CV"
Federico ha una storia particolare nel mondo dell'Headhunting: ha iniziato come Head Hunter, poi è passato in azienda come HR – lavorando in contesti strutturati, con team interni, budget, pressioni da business unit – e poi è tornato a fare l'Head Hunter.
Oggi quella tripla prospettiva è il suo punto di forza.
L’esperienza di Federico:
1. Fare l'HR in azienda ti fa diventare un Head Hunter migliore
"Quando ho lasciato l'Headhunting per passare in azienda, volevo capire cosa significava essere dall'altra parte. E ho capito tanto. Ho capito cosa tiene sveglio un HR di notte. Ho capito quali sono le pressioni, i compromessi, le paure dietro ogni brief di ricerca.
Quando sono tornato a fare l'Head Hunter, ero un professionista diverso. Non più solo bravo tecnicamente, ma capace di parlare la lingua del cliente. Capace di dire 'ti capisco, so che hai quella pressione, ma se procediamo così rischiamo di fare un errore costoso'.
Oggi, quando un HR manager mi racconta un problema, non devo immaginare cosa intende: l'ho vissuto."
2. Gli HR non cercano CV, cercano soluzioni a problemi complessi
"Quando ero HR in azienda, odiavo gli Head Hunter che mi mandavano profili 'tanto per'. Oggi so che il nostro lavoro non è inviare candidati, è capire il problema vero del cliente.
A volte il problema è: 'stiamo crescendo rapidamente e abbiamo bisogno di qualcuno che strutturi processi'. Altre volte è: 'il nostro team è giovane e manca di esperienza enterprise'.
Faccio un esempio concreto. Cliente tech in scale-up, cercano un CFO. Il CEO mi descrive un supereroe. Io, dopo aver parlato con il team, capisco che gli serve un Finance Manager operativo, non un CFO da corporate. Glielo spiego. Lui capisce. Oggi quell'azienda ha assunto la persona giusta per la fase giusta. Questo è essere consulenziali."
3. L'attenzione alla persona non è uno slogan: il confronto strutturato
"Alcune persone pensano che lasciare l'Headhunting per fare l'HR e poi tornare sia un passo indietro. Io la penso esattamente al contrario. E se sono tornato in Reverse è anche perché qui l'attenzione alle persone e alla loro crescita si manifesta attraverso azioni concrete, non solo parole.
Una cosa che apprezzo enormemente è il tempo che dedichiamo ogni 6 mesi a un confronto diretto con ognuno dei collaboratori. Non è la classica review annuale burocratica: è un incontro strutturato, gestito dal manager, dove ci si ferma davvero a parlare di dove sei, dove vuoi andare e come l'azienda può aiutarti a arrivarci.
Avere questi momenti codificati ti fa sentire che la tua traiettoria professionale interessa all'azienda quanto interessa a te. È un investimento di tempo enorme per i manager, ma è quello che crea un legame vero e permette una crescita consapevole."
5. Un filo comune: l'Headhunting è un mestiere di squadra (anche quando lavori da solo)
Quattro storie diverse, quattro percorsi unici. Ma un pattern ricorrente in ogni racconto: l'Headhunting fatto bene non è mai un mestiere solitario, è un mestiere di squadra supportato da un'infrastruttura d'eccellenza.
È fatto di un programma formativo strutturato che non ti lascia all'improvvisazione ma ti dà un metodo solido.
È fatto di un sistema tecnologico e organizzativo che migliora costantemente grazie ai feedback di chi lo usa ogni giorno, proprio come un'auto da corsa messa a punto dai suoi piloti.
È fatto di valori che diventano incentivi concreti, premiando il risultato del team e non solo l'assolo del singolo, creando un ambiente dove aiutarsi conviene a tutti.
È fatto di persone che partecipano alla strategia attraverso riunioni pianificate e che vengono seguite nella loro crescita con confronti strutturati ogni sei mesi.
6. Cosa significa per te: trovare o diventare l’Head Hunter giusto
Se sei un HR o hiring manager, queste storie ti dicono che la qualità del servizio che ricevi dipende da quanto l'Head Hunter che hai di fronte è supportato dalla sua organizzazione. Un consulente coinvolto nella strategia, formato con metodo e incentivato a collaborare col team ti porterà risultati superiori rispetto a un "lupo solitario".
Se sei un Head Hunter o recruiter, queste storie ti offrono parametri per valutare il tuo attuale contesto:
- Hai un percorso formativo chiaro o devi "rubare il mestiere"?
- Il sistema migliora grazie ai tuoi feedback o subisci processi obsoleti?
- Gli incentivi premiano la guerra tra poveri o la vittoria di squadra?
- Partecipi alle decisioni strategiche o le subisci?
- Qualcuno si siede con te ogni 6 mesi per pianificare davvero la tua crescita?
- Se sei manager, quanto viene considerata la crescita delle tue persone? O si continua a premiare la performance individuale?
Perché alla fine, un Head Hunter esperto non è solo quello che ha chiuso tanti placement. È quello che ha scelto di farlo in un contesto che gli permette di esprimere al meglio queste competenze, sentendosi parte di un progetto e non solo un numero in un file Excel.
