Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, in breve PNRR, rappresenta una grande opportunità di rilancio per il nostro Paese. Il documento che il governo italiano ha presentato alla Commissione europea descrive quali progetti l’Italia intende realizzare grazie ai fondi comunitari, delinea come tali risorse saranno gestite e presenta anche un calendario di riforme finalizzate in parte all’attuazione del piano e in parte alla modernizzazione dell’Italia intera.
Per cogliere pienamente questa opportunità, però, bisogna comprendere a fondo l’approccio all’innovazione dell’Unione Europea e in che modo si intende modernizzare il nostro Paese, dalle infrastrutture alla salute, dalla scuola al mercato del lavoro.
Il PNRR è stato ormai approvato dalla Commissione europea e diversi interventi previsti toccano ambiti legati alla gestione delle Risorse Umane, in particolare in relazione a tre aspetti: Pubblica Amministrazione, competenze digitali e mercato del lavoro.
Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, il PNRR mira a rafforzarne i processi di selezione, formazione e valorizzazione dei lavoratori, incentivare la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure amministrative e lo sviluppo di competenze digitali interne. Queste riforme, del resto, sono rese necessarie proprio dalle caratteristiche del settore come, per esempio, il numero di dipendenti inferiore alla media OCSE, l’età media elevata, il disallineamento tra le competenze possedute e quelle richieste dall’innovazione digitale e gli investimenti in formazione quasi dimezzati negli ultimi anni.
Il PNRR prevede dunque una serie di iniziative volte a rivedere gli strumenti per l’analisi dei fabbisogni delle competenze, potenziare i sistemi di preselezione e progettare sistemi di recruiting più efficaci e personalizzati in base ai profili da assumere. In particolare, il piano prevede:
Un altro tema importante, come abbiamo detto, è poi quello delle competenze digitali, il cui sviluppo è chiaramente necessario per cogliere appieno le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica, sostenere la transizione verde e digitale e potenziare la crescita economica. In quest’ambito, le misure a supporto previste dal PNRR sono:
Tutti questi interventi dovrebbero quindi portare a preparare la forza lavoro ad affrontare la sfida dell’innovazione del lavoro, che le aziende italiane devono saper cogliere per proiettarsi in un futuro sempre più tecnologico.
E arriviamo quindi alla terza componente del PNRR che riguarda da vicino le Risorse Umane, ovvero quella delle politiche per il lavoro. Le iniziative previste in quest’ambito mirano ad introdurre una riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati, nonché definendo, in stretto coordinamento con le Regioni, livelli essenziali di attività formative per le categorie più vulnerabili. Nello specifico, il piano prevede:
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Sono diversi, dunque, gli interventi che impatteranno direttamente o indirettamente la gestione delle Risorse Umane e incideranno in modo importante sul mercato del lavoro dei prossimi anni. C’è da chiedersi se, al giorno d’oggi, le nostre imprese e i loro lavoratori siano pronti per cogliere queste opportunità ed essere protagonisti del cambiamento, senza subirlo passivamente. Per dar seguito a un cambiamento significativo di tale portata, amministrazioni e aziende necessiteranno però di programmi di formazione, affiancamento e change management specifici, oltre a quanto già previsto dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza.
Questo richiede innanzitutto un cambiamento culturale da parte di molte imprese e di chi vi lavora. L’innovazione può portare a nuove dinamiche sul posto di lavoro e dunque a un sentimento di incertezza e resistenza da parte dei lavoratori, a cui si richiede invece una mentalità orientata alla crescita individuale e collettiva per essere sempre più competitivi, sia come singola figura professionale che come organizzazione nel suo complesso. La tecnologia deve essere vista come un alleato, capace di migliorare le competenze degli individui e trasformare i processi di lavoro in maniera strutturata, per aiutare l’impresa a crescere nel proprio mercato.
Particolare attenzione viene data al tema della distanza tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, derivante in gran parte da una sostanziale differenza tra le competenze possedute dalle persone e quelle richieste dalle organizzazioni. Molte delle iniziative previste dal PNRR risultano legate alle politiche attive del lavoro e solo in parte impattano chi già lavora, ma questo è senz’altro un tema altrettanto importante.
Le sfide legate all’aggiornamento continuo delle competenze e allo sviluppo di conoscenze digitali coinvolgono tutta la forza lavoro e la formazione aziendale assume un ruolo sempre più strategico per la competitività delle imprese. Soprattutto in un mercato del lavoro sempre più fluido come quello che si prospetta per il prossimo futuro, un importante obiettivo sarà quello di garantire a tutti i lavoratori la formazione continua, il cosiddetto lifelong learning, che oggi è sempre più fondamentale proprio a causa della trasformazione digitale che richiede un aggiornamento costante delle proprie capacità di utilizzo della tecnologia.
Grazie agli investimenti del PNRR, nelle aziende si apriranno quindi possibilità per molte nuove figure professionali che le aziende, ad oggi, temono di non trovare o di non riuscire a ingaggiare a causa della distanza tra domanda e offerta. Ed è qui che si gioca la partita dell’innovazione, a cui le imprese devono essere capaci di partecipare da protagoniste e non solo da spettatrici.
Se dunque da un lato il cambiamento strutturale delle organizzazioni è oggi sempre più una realtà, dall’altro assistiamo a una certa difficoltà da parte delle aziende stesse nel trovare quelle persone che il cambiamento devono effettivamente metterlo in atto. Una difficoltà che si riscontra soprattutto quando si è alla ricerca di profili tech, con competenze a livello digitale, figure sempre più richieste in tutte le imprese.
Come si risponde a questa sfida? Anche qui la risposta è sempre la stessa: innovando. Trovando nuove metodologie di recruiting che possano attrarre nuovi talenti, mettendo loro a disposizione strumenti e ambienti di lavoro innovativi, con opportunità di sperimentazione e di crescita che aumentano il benessere dei lavoratori. Ciò che occorre, dunque, è un’efficace strategia di employer branding che valorizzi l’azienda in modo da renderla accattivante per i candidati (candidate attraction) e per motivare chi già vi lavora (employee retention).
Le Risorse Umane devono quindi mettersi nei panni di un potenziale candidato o di un proprio collega e chiedersi cosa vorrebbero dall’organizzazione in cui lavorano. Bisogna analizzare a fondo la propria realtà aziendale e comprendere da un lato i suoi punti di forza, dall’altro quali possono essere le aree di miglioramento su cui sarebbe il caso di lavorare per invogliare determinati profili a lavorare per l’impresa: una volta compiuto questo passo, sarà possibile elaborare una strategia comunicativa che promuova l’organizzazione. Se consideriamo figure con competenze digitali, sarà importante attivarsi in modo efficace soprattutto sui canali che pensiamo possano utilizzare con maggiore frequenza per cercare lavoro: social media, sito aziendale, portali universitari e piattaforme di job sourcing.
A questo livello individuiamo un punto d’incontro tra il lavoro delle Risorse Umane e del marketing, la cui collaborazione può portare a risultati molto positivi in termini di immagine aziendale e talent attraction. Ecco quindi che l’HR prende in prestito la terminologia propria del marketing per coniare nuovi concetti utili anche ai propri scopi. Dalle customer personas, che definiscono i tratti tipici dei propri clienti, passiamo alle candidate personas, ovvero gli archetipi dei candidati che vogliamo attrarre con la nostra comunicazione; e dal customer journey, ovvero il percorso svolto dal cliente dal momento in cui viene a conoscenza dell’azienda e dei suoi servizi fino al momento dell’acquisto, passiamo al candidate journey, che rappresenta il viaggio del candidato da quando vede l’offerta di lavoro a quando ottiene il posto e diventa eventualmente ambassador della compagnia.
Proprio quest’ultimo è un altro strumento molto utile in termini di employer branding. Coinvolgere i propri lavoratori come ambassador dell’azienda, soprattutto sui social media, può rivelarsi molto efficace nel trasmettere ai potenziali candidati i propri valori, la mission e la vision dell’organizzazione. I nostri colleghi sono le persone che vivono l’azienda ogni giorno e sono loro, più di chiunque altro, che possono mostrare ciò che l’ambiente di lavoro ha da offrire.
Le imprese con tecnologie e metodi di lavoro all’avanguardia possono mostrare la propria realtà alle figure professionali con profili STEM per convincerli a candidarsi alle offerte di lavoro, e allo stesso modo le aziende comunemente percepite come più tradizionali hanno la possibilità di mostrare gli aspetti più innovativi del proprio business che sono magari meno conosciuti all’esterno.
In entrambi i casi, la predisposizione all’innovazione è la sola risposta possibile al cambiamento che stiamo vivendo, e che grazie alle risorse del PNRR sta diventando sempre più all’ordine del giorno.
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