Nel 1789 in Francia, poche settimane dopo la presa della Bastiglia, una commissione incaricata dall'Assemblea nazionale costituente pubblicò la celebre "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino": una solenne proclamazione di tutti i diritti fondamentali di un cittadino. Un paio di anni più tardi la scrittrice Olympe de Gouges pubblicò la "Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina", il primo documento a invocare l'uguaglianza giuridica tra donne e uomini e una decisa critica alla Rivoluzione francese, colpevole di aver dimenticato le donne nel suo progetto di libertà e uguaglianza.
Da allora sono trascorsi più di due secoli: una storia di traguardi, studi, e lotte per i diritti delle donne, che nel tempo hanno ampliato il raggio d'azione rivendicando la parità sia nella sfera domestica che in quella pubblica e professionale. Una storia che si intreccia con quella del cosiddetto gender gap, ovvero il divario tra generi, con particolare riferimento alle differenze sociali e professionali tra uomini e donne secondo i criteri delle condizioni di lavoro e di crescita economica, delle opportunità educative, della presenza politica e della salute.
- Cos’è il fenomeno del gender gap
- Legislazione europea e italiana: gli sviluppi del 2023-2025
- Evoluzione del gender gap per settore: i dati più recenti
- L'impatto persistente del Covid-19 e i nuovi dati occupazionali
- Conclusioni: verso il 2026 e oltre
1. Cos’è il fenomeno del gender gap
Il gender gap è quel gradino che identifica il divario fra genere maschile e femminile nel mondo e che pone necessariamente l’attenzione sulla condizione di disparità in cui vivono le donne di ogni Paese.
Certamente la situazione è molto cambiata dall’antichità e dalla Rivoluzione francese, ma la strada da fare è ancora lunga, e non solo in Paesi lontani dal nostro. A ricordarcelo è il World Economic Forum, che da più di un decennio tiene sotto osservazione il divario di genere attraverso il Global Gender Gap Report, stilando ogni anno una classifica dei Paesi del mondo in merito alla parità di genere secondo quattro indicatori: salute, educazione, economia e politica.
Per quanto riguarda la salute, il report considera fattori quali l’aspettativa di vita e l’età media diversa tra uomini e donne, ma anche l’opportunità di accedere a cure di base o specialistiche.
Qualcosa di simile avviene per l’educazione: i tassi di scolarizzazione, l’obbligo di frequenza scolastica e l’accessibilità a percorsi di formazione superiore sono tra quei fattori che contribuiscono a posizionare o meno un Paese in alto nella classifica. Per quanto riguarda la politica vengono presi in considerazione tanto il suffragio universale, per esempio, quanto il numero di donne che ricoprono ruoli istituzionali.
All'interno dell'indicatore economico rientrano invece tutte le tematiche inerenti alla sfera professionale, come la sotto-rappresentanza femminile in certi settori, lo scarso numero di donne impiegate come figure apicali delle aziende e, non ultimo, il gender pay gap, ovvero la differenza tra la retribuzione di uomini e donne a parità di ruolo e di mansione. Secondo i dati INPS 2024, in Italia le donne guadagnano ancora il 20% in meno degli uomini a parità di ruolo. In poche parole: stessa professione, stesse responsabilità, stesso orario, ma buste paga diverse.
Molti studi individuano la principale causa del gender gap nelle culture dei vari Paesi, in cui spesso la figura femminile è ancora relegata alla dimensione domestica e familiare, lontana da una carriera che possa condurla a una posizione di rilievo nella società e nel proprio contesto lavorativo.
Ciò su cui ci si interroga ancora sono invece gli effetti del divario di genere: è evidente che vi siano importanti conseguenze sul senso di sicurezza e sulle ambizioni delle donne, e sulle scarse aspettative di un buon equilibrio tra vita personale e professionale, mentre sempre più studiosi concordano nel considerare il gender gap una forte limitazione alla crescita del PIL nazionale di ogni Paese e dell’economia in generale.
Il tema della maternità è calzante perché spesso anch'essa può compromettere le aspirazioni di crescita professionale. Le aziende dovrebbero impegnarsi a costruire contesti ideali affinché una donna possa scegliere con serenità questo percorso personale, ad esempio: definendo una strategia di smart working efficace, strutturando un piano welfare, mantenendo un piano di incentivi e aumenti, predisponendo un nuovo sviluppo di carriera con mobilità orizzontale e trasversale.
"La scelta non dovrebbe mai essere tra la carriera e la famiglia. È un bivio che non si deve mai porre davanti a una persona. E un imprenditore, non tanto per bontà quanto per il bene della propria azienda, deve voler avere intorno a sé persone complete, professionisti pieni: quando si costringe una persona a fermarsi davanti a quel bivio, la sconfitta è certa."
Alessandro Raguseo, CEO Reverse
Come si può coniugare il benessere e le aspirazioni delle proprie collaboratrici con i bisogni dell’azienda? Leggi la guida
2. Legislazione europea e italiana: gli sviluppi del 2023-2025
2.1 La direttiva sulla trasparenza salariale è ora realtà
Quello che nel 2021 era ancora una proposta della Commissione Europea, oggi è legge: la Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva è stata definitivamente approvata dal Parlamento Europeo il 10 maggio 2023 e adottata dal Consiglio il 24 aprile 2023.
La scadenza è vicina: entro il 7 giugno 2026, tutti gli Stati membri dell'UE dovranno recepire la direttiva nel proprio ordinamento nazionale. L'Italia ha già fatto il primo passo con la legge n. 15/2024, che dà mandato al Governo di preparare il decreto di recepimento.
Cosa cambierà concretamente:
- Trasparenza negli annunci di lavoro: le aziende dovranno includere i range salariali negli annunci di lavoro e non potranno più chiedere ai candidati informazioni sui precedenti stipendi.
- Diritto all'informazione: i dipendenti avranno il diritto di richiedere informazioni sui livelli retributivi medi per genere nei ruoli equivalenti.
- Soglia del 5%: le aziende con oltre 100 dipendenti dovranno comunicare il divario retributivo di genere. Se superiore al 5% senza giustificazioni oggettive, scatterà l'obbligo di valutazione e misure correttive.
- Sanzioni: gli Stati membri dovranno introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, incluse ammende che potrebbero essere basate sul fatturato dell'azienda.
2.2 Le normative italiane del 2022-2025
Sistema di Certificazione della Parità di Genere
Introdotto dalla legge 162/2021 come parte del PNRR, il sistema è operativo dal 2022 e prevede incentivi contributivi fino a 50.000 euro annui per le aziende certificate. L'obiettivo è ambizioso: almeno 800 imprese certificate entro il 2026, di cui almeno 450 PMI.
La certificazione valuta sei aree:
- Opportunità di crescita in azienda
- Parità salariale a parità di mansioni
- Politiche di gestione delle differenze di genere
- Tutela della maternità
- Conciliazione vita-lavoro
- Governance per la parità di genere
Rapporto biennale sulla parità: ampliato l'obbligo
Una novità importante del 2024: l'obbligo di presentare il rapporto biennale sulla parità di genere è stato esteso alle aziende con almeno 50 dipendenti (precedentemente era limitato a quelle con oltre 100 dipendenti). Le sanzioni sono state inasprite: da 103€ a 516€ per i ritardi nella presentazione, fino a 5.000€ per incongruenze o inadempienze nel contenuto.
Legge di Bilancio 2024-2026: investimenti significativi
Il Governo ha aumentato significativamente gli investimenti per la parità di genere:
- Fondo per le Politiche relative ai diritti e alle pari opportunità: incrementato di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
- 20 milioni di euro annui (2024-2026) per l'acquisto e la realizzazione di case rifugio.
- Bonus asili nido aumentato a 3.600€ per le famiglie con ISEE fino a 40.000€.
- Indennità per il congedo parentale aumentata al 60% della retribuzione per il secondo mese.
3. Evoluzione del gender gap per settore: i dati più recenti
Una situazione globale che peggiora
Il problema del gender gap è ormai universalmente riconosciuto, ma quando analizziamo i dati del Global Gender Gap Report 2024, la situazione appare più allarmante di quanto si potesse immaginare. Per raggiungere la piena parità di genere a livello mondiale serviranno ora 134 anni, tre anni in più rispetto alle previsioni del 2023: un dato che evidenzia come il mondo stia facendo un deciso passo indietro anziché avanzare verso l'uguaglianza.
Questo rallentamento globale si riflette drammaticamente sulla situazione italiana. Nel Global Gender Gap Report 2024, l'Italia scivola all'87° posto su 146 paesi, perdendo ben 8 posizioni rispetto al 2023. Anche se il Report 2025 segna un lieve miglioramento all'85° posto su 148 paesi, il nostro Paese rimane il fanalino di coda tra le economie europee, una posizione che stride con il ruolo di grande potenza economica che l'Italia dovrebbe ricoprire.
Particolarmente preoccupante è la performance nella partecipazione economica, dove l'Italia scende al 117° posto con un peggioramento di 6 posizioni, registrando il risultato più basso tra tutti i Paesi europei. Questo dato è ancora più significativo se consideriamo che le donne rappresentano solo il 21% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri nelle aziende italiane, confermando come il famoso "soffitto di cristallo" sia ancora una realtà molto concreta nel nostro Paese.
I settori dove la disparità è più evidente
Partiamo con una buona notizia: in ambito istruzione e salute, donne e uomini sono molto vicini alla parità. Il 95% del gender gap nell'istruzione è stato colmato a livello globale, con 37 Paesi che hanno raggiunto la piena parità. Una situazione analoga nel settore della salute, dove il gap è stato colmato al 96%.
Occorre però fare un'importante precisazione quando parliamo del settore sanitario italiano: se tra i primari prevalgono ancora gli uomini mentre le professioni di cura (infermieri, OSS, operatori delle case di riposo) vedono quasi un monopolio femminile, è evidente che gli stipendi medi maschili risulteranno più alti di quelli femminili, nonostante l'apparente parità statistica.
Al contrario, scopriamo che il gender pay gap in Italia è paradossalmente minimo in settori dove la presenza femminile è molto bassa, come quello minerario e dell'edilizia. È probabile che le poche donne presenti in questi ambiti siano concentrate nel management piuttosto che nel lavoro fisico-manuale, dove la retribuzione è tendenzialmente inferiore.
Un caso particolare è quello della pubblica amministrazione: qui il divario tra lo stipendio di una donna e quello di un uomo è molto più contenuto rispetto ad altri settori, meno del 4%, probabilmente grazie a una forte sindacalizzazione e regolamentazione del lavoro. Ma anche questo dato positivo nasconde una realtà più complessa: la differenza maggiore a livello di gender pay gap in Italia è proprio quella tra pubblico e privato, la più alta di tutta Europa con oltre il 13% di distanza. In Germania la differenza è del 12%, in Spagna del 6%, mentre in Francia non vi è alcuna differenza significativa.
La sfida del settore tecnologico
Molto chiara è invece la situazione del lavoro femminile in ambito scientifico, informatico e tecnologico. Nonostante viviamo in un'epoca di forte digitalizzazione, il numero di donne impiegate in questi settori continua a essere drammaticamente basso. Solo due degli otto cluster di "lavori del futuro" monitorati dal Global Gender Gap Report (People & Culture e Content Production) hanno raggiunto la parità di genere, mentre la maggior parte mostra una grave sotto-rappresentanza delle donne: cloud computing, engineering, Data and AI, Sales, Product Development Marketing.
Il problema nasce già dalla formazione: in Italia solo il 16,5% delle giovani donne consegue una laurea in materie scientifiche, contro il 37% degli uomini, e soltanto il 22% delle ragazze sceglie di diplomarsi negli istituti tecnici contro il 42% dei coetanei maschi. È un circolo vizioso che si autoalimenta: meno donne studiano materie STEM, meno modelli femminili ci sono nel settore, meno ragazze si avvicinano a queste discipline.
Dove si concentra il vero divario retributivo
Per quanto riguarda il gender pay gap, la situazione più grave si trova nel settore delle attività professionali e scientifiche, dove si arriva a un divario del 24,9%. Parliamo di una categoria che racchiude professioni legali, architetti, consulenti di marketing e pubblicità, ricercatori: alcune tra le categorie meglio pagate e che sono cresciute di più negli ultimi vent'anni. È particolarmente indicativo che proprio in questo ambito sia massima la differenza stipendiale, suggerendo che il problema femminile non riguarda tanto gli stipendi di base, quanto piuttosto le possibilità di crescita e i salari più elevati.
Questo ci porta a una conclusione importante: anche in presenza di un livello d'istruzione superiore, le lavoratrici più raramente arrivano al vertice. Lo conferma il dato sul gender pay gap nelle attività finanziarie, altro ambito molto competitivo dove la carriera conta molto: qui il differenziale arriva al 22,7%.
4. L'impatto persistente del Covid-19 e i nuovi dati occupazionali
Un colpo soprattutto per le donne
La crisi causata dal Covid-19 ha colpito tutti, questo è innegabile. Ma se analizziamo i dati con attenzione, emerge chiaramente che le donne hanno subito conseguenze più gravi e prolungate rispetto agli uomini, e per ragioni che vanno ben oltre la semplice casualità. La pandemia ha avuto un impatto sproporzionato sulle donne e sulla parità di genere, con perdite di posti di lavoro concentrate nei settori a bassa retribuzione e a prevalenza femminile.
Innanzitutto, i settori più duramente colpiti dalle chiusure - ristorazione, turismo, servizi alla persona, commercio al dettaglio - sono storicamente quelli con una maggiore partecipazione femminile. Ma c'è di più: durante il lockdown, a causa delle dinamiche sociali radicate nei singoli Paesi, sono state principalmente le donne a farsi carico dei compiti di cura aggiuntivi. Bambini a casa da scuola, anziani da assistere, didattica a distanza da seguire: responsabilità che hanno inevitabilmente pesato sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro.
I numeri che raccontano una storia preoccupante
Il Rendiconto di Genere INPS 2024 non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche: gli stipendi delle donne restano ancora più bassi del 20% rispetto a quelli maschili a parità di ruolo. Ma è quando scendiamo nel dettaglio dei dati occupazionali che il quadro si fa davvero allarmante.
Il rapporto ISTAT del 2021, pubblicato in collaborazione con il Ministero del Lavoro, aveva già evidenziato cinque elementi chiave che oggi, a distanza di anni, mostrano ancora i loro effetti:
la percentuale di donne che ha perso il lavoro nel 2020 è stata doppia rispetto a quella degli uomini, con una caduta del tasso di occupazione dell'1,3% tra le donne contro lo 0,7% tra gli uomini. Ma il dato forse più preoccupante è che questo divario occupazionale di genere, creatosi durante il primo lockdown, non è mai stato completamente colmato. Fino a giugno 2020 i tassi di attivazione per le posizioni occupate dalle donne sono scesi molto più rapidamente, e anche nei mesi successivi il rallentamento della decrescita è stato più contenuto tra le posizioni femminili.
Le prospettive future restano incerte
Quello che emerge dai dati più recenti è che i passi avanti degli ultimi anni sono stati pochi e lenti. Il progresso verso la parità di genere è stagnante, e le disparità esistenti sono in parte cresciute proprio a causa della crisi pandemica. Il Global Gender Gap Report 2025 mostra segnali contrastanti: mentre alcune economie registrano miglioramenti nei punteggi di parità di genere, altre mostrano regressioni significative.
È dunque evidente come quello del gender gap sia un problema che ha le sue origini in dinamiche socio-culturali ben radicate, che la pandemia ha semplicemente amplificato e reso più visibili. Per affrontarlo efficacemente occorrono interventi mirati da parte del legislatore, ma soprattutto la promozione di un cambiamento culturale profondo all'interno delle aziende e dell'intera società. Un cambiamento che non può più essere rimandato, soprattutto considerando le scadenze normative che ci aspettano nei prossimi anni.
5. Conclusioni: verso il 2026 e oltre
Il quadro che emerge da questo aggiornamento 2025 è complesso. Da un lato, assistiamo a progressi normativi significativi: la Direttiva europea sulla trasparenza salariale diventerà realtà entro giugno 2026, l'Italia ha introdotto il sistema di certificazione della parità di genere e aumentato gli investimenti nel settore.
Dall'altro lato, i dati del Global Gender Gap Report mostrano un peggioramento della posizione italiana e tempi sempre più lunghi per raggiungere la parità a livello globale.
Le sfide immediate:
- 2026: scadenza per il recepimento della Direttiva UE sulla trasparenza salariale
- Preparazione aziendale: le imprese devono adeguarsi ora per evitare sanzioni
- Cambiamento culturale: serve un impegno coordinato tra istituzioni, aziende e società civile
Come evidenziato dai dati più recenti, quello del gender gap è un problema che ha le sue origini in dinamiche socio-culturali profondamente radicate. Per risolverlo occorrono sia interventi normativi mirati sia la promozione di un cambiamento culturale all'interno delle aziende e dell'intera società.
L'obiettivo non è solo il rispetto delle normative, ma la costruzione di un sistema economico più equo, trasparente e produttivo, dove il talento possa emergere indipendentemente dal genere.
Come si può coniugare il benessere e le aspirazioni delle proprie collaboratrici con i bisogni dell’azienda? Leggi la guida