Investimenti del PNRR nel settore HR: cosa potrà fare la differenza

    Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, in breve PNRR, rappresenta una grande opportunità di rilancio per il nostro Paese. Il documento che il governo italiano ha presentato alla Commissione europea descrive quali progetti l’Italia intende realizzare grazie ai fondi comunitari, delinea come tali risorse saranno gestite e presenta anche un calendario di riforme finalizzate in parte all’attuazione del piano e in parte alla modernizzazione dell’Italia intera.

    Per cogliere pienamente questa opportunità, però, bisogna comprendere a fondo l’approccio all’innovazione dell’Unione Europea e in che modo si intende modernizzare il nostro Paese, dalle infrastrutture alla salute, dalla scuola al mercato del lavoro.

    1. Le opportunità del PNRR per l’HR
    2. PNRR: non subire l’innovazione, ma guidarla
    3. Come intercettare le nuove figure richieste dal mercato

     

    1. Le opportunità del PNRR per l’HR

    Il PNRR è stato ormai approvato dalla Commissione europea e diversi interventi previsti toccano ambiti legati alla gestione delle Risorse Umane, in particolare in relazione a tre aspetti: Pubblica Amministrazionecompetenze digitali e mercato del lavoro.

    Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, il PNRR mira a rafforzarne i processi di selezione, formazione e valorizzazione dei lavoratori, incentivare la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure amministrative e lo sviluppo di competenze digitali interne. Queste riforme, del resto, sono rese necessarie proprio dalle caratteristiche del settore come, per esempio, il numero di dipendenti inferiore alla media OCSE, l’età media elevata, il disallineamento tra le competenze possedute e quelle richieste dall’innovazione digitale e gli investimenti in formazione quasi dimezzati negli ultimi anni. 

    Il PNRR prevede dunque una serie di iniziative volte a rivedere gli strumenti per l’analisi dei fabbisogni delle competenzepotenziare i sistemi di preselezione e progettare sistemi di recruiting più efficaci e personalizzati in base ai profili da assumere. In particolare, il piano prevede: 

    • la realizzazione di una piattaforma unica per il reclutamento nelle Amministrazioni Centrali che consentirà alle singole amministrazioni di gestire le procedure dei concorsi pubblici, mentre dipendenti e candidati potranno accedere al proprio profilo completo e aggiornare costantemente le informazioni sulle proprie capacità e competenze, nonché conoscere le posizioni vacanti all'interno della PA per le quali eventualmente presentare la propria candidatura e accedere alle informazioni relative ai concorsi e alle posizioni aperte;
    • l’attivazione di percorsi di selezione diversi dal concorso, ad esempio attraverso accordi con Università, centri di alta formazione e ordini professionali, così da favorire la selezione e l’assunzione rapida di profili specialistici;
    • l’introduzione di iniziative di benchmarking nelle amministrazioni centrali, regionali e nei grandi comuni per promuovere misurazioni delle prestazioni orientate ai risultati, introducendo incentivi legati alle performance e al contributo offerto ai processi di innovazione nella propria realtà, specialmente se volti al miglioramento della qualità dei servizi;
    • la revisione dei percorsi di carriera della Pubblica Amministrazione per introdurre maggiori elementi di mobilità che siano orizzontali tra amministrazioni, oppure verticali, per favorire gli avanzamenti di carriera dei più meritevoli e differenziare maggiormente i percorsi manageriali. In questo caso l’obiettivo è anche quello di progettare modelli di mobilità innovativi per favorire l’accesso da parte di personale qualificato che lavora nel privato in organizzazioni internazionali, in università straniere o presso soggetti pubblici e privati anche all’estero;
    • il miglioramento della capacità formativa della Pubblicazione Amministrazione attraverso il potenziamento della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), la predisposizione di specifici corsi online (MOOC) sulle nuove competenze oggetto di intervento nel PNRR e sulle competenze manageriali necessarie per rendere la Pubblica Amministrazione moderna ed efficace, la creazione di comunità tematiche di apprendimento per le figure dirigenziali e l’introduzione di metriche per misurare l’impatto formativo a breve e medio termine delle soluzioni implementate.

    Un altro tema importante, come abbiamo detto, è poi quello delle competenze digitali, il cui sviluppo è chiaramente necessario per cogliere appieno le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica, sostenere la transizione verde e digitale e potenziare la crescita economica. In quest’ambito, le misure a supporto previste dal PNRR sono:

    • il riconoscimento di crediti d'imposta alle imprese che investono in attività di formazione per la digitalizzazione e lo sviluppo delle competenze in ambito tecnologico;
    • l’elaborazione di un modello di riqualificazione manageriale focalizzato sulle PMI con programmi di formazione ad hoc, prevedendo il coinvolgimento delle associazioni di categoria e l’utilizzo di modelli che sfruttano le potenzialità delle piattaforme digitali;
    • programmi di formazione ad hoc da usufruire nei periodi di cassa integrazione, incentivati tramite il taglio temporaneo del cuneo fiscale sia per l’impresa, sia per il lavoratore, nell’ottica dell’upskilling digitale;
    • l’istituzione del Servizio Civile Digitale, ovvero un ambito specifico di attuazione del servizio civile che valorizza il ruolo dei giovani in chiave di “facilitatori digitali”, con il compito di aiutare circa un milione di utenti ad acquisire competenze digitali di base, spesso mancanti in alcune aree geografiche del nostro Paese;
    • il potenziamento dell’istruzione professionale, in particolare gli Istituti Tecnici Superiori e le discipline STEM, con maggiori investimenti per l’Istruzione Tecnica Superiore e interventi di carattere infrastrutturale, come la predisposizione di ambienti di apprendimento connessi e arricchiti da strumenti digitali.

    Tutti questi interventi dovrebbero quindi portare a preparare la forza lavoro ad affrontare la sfida dell’innovazione del lavoro, che le aziende italiane devono saper cogliere per proiettarsi in un futuro sempre più tecnologico.

    E arriviamo quindi alla terza componente del PNRR che riguarda da vicino le Risorse Umane, ovvero quella delle politiche per il lavoro. Le iniziative previste in quest’ambito mirano ad introdurre una riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati, nonché definendo, in stretto coordinamento con le Regioni, livelli essenziali di attività formative per le categorie più vulnerabili. Nello specifico, il piano prevede:

    • l’istituzione del programma nazionale per la Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori, con un sistema di presa in carico dei disoccupati e delle persone in transizione occupazionale, come ad esempio i percettori di Reddito di Cittadinanza o della Cassa Integrazione, attraverso l’introduzione di strumenti che, a partire dalla profilazione della persona, permettano la costruzione di percorsi personalizzati di riqualificazione delle competenze e di accompagnamento al lavoro;
    • l’adozione del “Piano Nazionale Nuove Competenze”, con l’erogazione di programmi di formazione standard per i disoccupati e il rafforzamento del sistema della formazione professionale;
    • il rafforzamento del Fondo nuove competenze, già istituito sperimentalmente nel 2020 per consentire alle aziende di rimodulare l’orario di lavoro, al fine di favorire attività di formazione sulla base di specifici accordi collettivi con le organizzazioni sindacali, con la possibilità di mettere in capo alle risorse del Fondo il costo delle ore trascorse in formazione;
    • il rafforzamento dei centri per l’impiego, finalizzato a rinnovare la rete nazionale dei servizi per il lavoro, migliorare l’integrazione dei sistemi informativi regionali con il sistema nazionale, favorire l’integrazione con il sistema di istruzione e formazione e introdurre sistemi per l’analisi dei fabbisogni delle competenze e la loro certificazione;
    • la definizione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare politiche utili a ridurre il gap di genere in tutte le aree maggiormente critiche, con più opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze di genere e tutela della maternità;
    • il potenziamento del percorso di formazione attraverso l’apprendistato per promuovere l’occupazione dei giovani e l’acquisizione di nuove competenze tecniche e traversali con una formazione professionale alternata tra scuola e lavoro;
    • il potenziamento del Servizio Civile Universale con l’obiettivo di disporre di un numero più elevato di giovani che, attraverso il Servizio Civile, compiano un percorso di apprendimento non formale per accrescere le proprie conoscenze e competenze e meglio orientarle verso lo sviluppo della propria vita professionale.

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    2. PNRR: non subire l’innovazione, ma guidarla

    Sono diversi, dunque, gli interventi che impatteranno direttamente o indirettamente la gestione delle Risorse Umane e incideranno in modo importante sul mercato del lavoro dei prossimi anni. C’è da chiedersi se, al giorno d’oggi, le nostre imprese e i loro lavoratori siano pronti per cogliere queste opportunità ed essere protagonisti del cambiamento, senza subirlo passivamente. Per dar seguito a un cambiamento significativo di tale portata, amministrazioni e aziende necessiteranno però di programmi di formazione, affiancamento e change management specifici, oltre a quanto già previsto dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza.

    Questo richiede innanzitutto un cambiamento culturale da parte di molte imprese e di chi vi lavora. L’innovazione può portare a nuove dinamiche sul posto di lavoro e dunque a un sentimento di incertezza e resistenza da parte dei lavoratori, a cui si richiede invece una mentalità orientata alla crescita individuale e collettiva per essere sempre più competitivi, sia come singola figura professionale che come organizzazione nel suo complesso. La tecnologia deve essere vista come un alleato, capace di migliorare le competenze degli individui e trasformare i processi di lavoro in maniera strutturata, per aiutare l’impresa a crescere nel proprio mercato.

    Particolare attenzione viene data al tema della distanza tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, derivante in gran parte da una sostanziale differenza tra le competenze possedute dalle persone e quelle richieste dalle organizzazioni. Molte delle iniziative previste dal PNRR risultano legate alle politiche attive del lavoro e solo in parte impattano chi già lavora, ma questo è senz’altro un tema altrettanto importante. 

    Le sfide legate all’aggiornamento continuo delle competenze e allo sviluppo di conoscenze digitali coinvolgono tutta la forza lavoro e la formazione aziendale assume un ruolo sempre più strategico per la competitività delle imprese. Soprattutto in un mercato del lavoro sempre più fluido come quello che si prospetta per il prossimo futuro, un importante obiettivo sarà quello di garantire a tutti i lavoratori la formazione continua, il cosiddetto lifelong learning, che oggi è sempre più fondamentale proprio a causa della trasformazione digitale che richiede un aggiornamento costante delle proprie capacità di utilizzo della tecnologia.

    Grazie agli investimenti del PNRR, nelle aziende si apriranno quindi possibilità per molte nuove figure professionali che le aziende, ad oggi, temono di non trovare o di non riuscire a ingaggiare a causa della distanza tra domanda e offerta. Ed è qui che si gioca la partita dell’innovazione, a cui le imprese devono essere capaci di partecipare da protagoniste e non solo da spettatrici.



     

    3. Come intercettare le nuove figure richieste dal mercato

    Se dunque da un lato il cambiamento strutturale delle organizzazioni è oggi sempre più una realtà, dall’altro assistiamo a una certa difficoltà da parte delle aziende stesse nel trovare quelle persone che il cambiamento devono effettivamente metterlo in atto. Una difficoltà che si riscontra soprattutto quando si è alla ricerca di profili tech, con competenze a livello digitale, figure sempre più richieste in tutte le imprese.

    Come si risponde a questa sfida? Anche qui la risposta è sempre la stessa: innovando. Trovando nuove metodologie di recruiting che possano attrarre nuovi talenti, mettendo loro a disposizione strumenti e ambienti di lavoro innovativi, con opportunità di sperimentazione e di crescita che aumentano il benessere dei lavoratori. Ciò che occorre, dunque, è un’efficace strategia di employer branding che valorizzi l’azienda in modo da renderla accattivante per i candidati (candidate attraction) e per motivare chi già vi lavora (employee retention).

    Le Risorse Umane devono quindi mettersi nei panni di un potenziale candidato o di un proprio collega e chiedersi cosa vorrebbero dall’organizzazione in cui lavorano. Bisogna analizzare a fondo la propria realtà aziendale e comprendere da un lato i suoi punti di forza, dall’altro quali possono essere le aree di miglioramento su cui sarebbe il caso di lavorare per invogliare determinati profili a lavorare per l’impresa: una volta compiuto questo passo, sarà possibile elaborare una strategia comunicativa che promuova l’organizzazione. Se consideriamo figure con competenze digitali, sarà importante attivarsi in modo efficace soprattutto sui canali che pensiamo possano utilizzare con maggiore frequenza per cercare lavoro: social media, sito aziendale, portali universitari e piattaforme di job sourcing.

    A questo livello individuiamo un punto d’incontro tra il lavoro delle Risorse Umane e del marketing, la cui collaborazione può portare a risultati molto positivi in termini di immagine aziendale e talent attraction. Ecco quindi che l’HR prende in prestito la terminologia propria del marketing per coniare nuovi concetti utili anche ai propri scopi. Dalle customer personas, che definiscono i tratti tipici dei propri clienti, passiamo alle candidate personas, ovvero gli archetipi dei candidati che vogliamo attrarre con la nostra comunicazione; e dal customer journey, ovvero il percorso svolto dal cliente dal momento in cui viene a conoscenza dell’azienda e dei suoi servizi fino al momento dell’acquisto, passiamo al candidate journey, che rappresenta il viaggio del candidato da quando vede l’offerta di lavoro a quando ottiene il posto e diventa eventualmente ambassador della compagnia.

    Proprio quest’ultimo è un altro strumento molto utile in termini di employer branding. Coinvolgere i propri lavoratori come ambassador dell’azienda, soprattutto sui social media, può rivelarsi molto efficace nel trasmettere ai potenziali candidati i propri valori, la mission e la vision dell’organizzazione. I nostri colleghi sono le persone che vivono l’azienda ogni giorno e sono loro, più di chiunque altro, che possono mostrare ciò che l’ambiente di lavoro ha da offrire

    Le imprese con tecnologie e metodi di lavoro all’avanguardia possono mostrare la propria realtà alle figure professionali con profili STEM per convincerli a candidarsi alle offerte di lavoro, e allo stesso modo le aziende comunemente percepite come più tradizionali hanno la possibilità di mostrare gli aspetti più innovativi del proprio business che sono magari meno conosciuti all’esterno. 

    In entrambi i casi, la predisposizione all’innovazione è la sola risposta possibile al cambiamento che stiamo vivendo, e che grazie alle risorse del PNRR sta diventando sempre più all’ordine del giorno.



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    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO