Logistica: le 3 caratteristiche dell'HR Manager del futuro

    Un settore in crescita, ma soprattutto in trasformazione. Un mercato che non può più pretendere di rimanere arroccato su posizioni ormai anacronistiche. Un ecosistema che funziona sia grazie a una profonda auto-analisi, sia sfruttando tutto il potenziale del forecast.

    La logistica oggigiorno è un mix&match di nuove e tradizionali competenze, di uno sguardo rivolto al futuro – dove all’orizzonte, nemmeno troppo lontano, si vedono chiaramente sostenibilità e digitale – e di un forte ancoraggio agli insegnamenti del passato, più o meno recente.

    Il boom dell’e-commerce, iniziato durante la prima fase pandemica, ha dato al settore un boost non prevedibile e che ora è necessario saper amministrare, da un lato per ottimizzare le risorse acquisite, senza sprecarle, e dall’altro per far in modo che la gestione di un avanzamento dettato dall’emergenza del momento non cannibalizzi le reali opportunità di evoluzione.

    Abbiamo chiesto ad Anna Valenti, Senior Manager in Reverse e Head Hunter specializzata nel settore Logistics, quali nuovi talenti sono necessari per realizzare tutto questo e come l’HR debba adattare le proprie strategie a nuove necessità, sempre in trasformazione.

    Secondo la tua esperienza quali sono i punti principali su cui un HR Manager del mondo Logistics deve porre attenzione oggi?

    Dopo la pandemia – e soprattutto a causa della pandemia – la logistica ha subito profonde trasformazioni che niente e nessuno avrebbe mai potuto prevedere.

    Questi cambiamenti hanno interessato il settore a 360°: per capirci dalla diffusione e penetrazione tra i consumatori degli e-commerce alla necessità di incrementare luoghi deputati allo stoccaggio e alla distribuzione delle merci, per non parlare del crescente bisogno di nuovi ed efficienti macchinari per la logistica, nessun ingranaggio del complesso meccanismo che regola questo settore è stato risparmiato.

    Tutto questo ha ovviamente avuto profonde ripercussioni anche sugli HR Manager che se in un primo momento hanno dovuto lavorare con l’obiettivo di trovare, in tempi brevi, nuovo personale a copertura del boom delle richieste che il mercato ha subito, dall’altra sta ora facendo i conti con la necessità di ottimizzare competenze e attività delle persone già acquisite, senza dimenticare che una continua integrazione delle risorse sarà sempre necessaria.

    Oltre a questo, la situazione di continuità di servizio che il settore ha vissuto durante l’emergenza pandemica ha richiesto che l’HR Manager dovesse essere operativo tanto tecnicamente (trovare nuove risorse per impiegarle nella maniera più efficiente possibile), quanto psicologicamente, gestendo stati d’animo, dubbi e perplessità dei lavoratori che si trovavano a operare in condizioni eccezionali.

    Se è ora impossibile fare del forecast veritiero al 100%, è sicuro che d’ora in poi si dovrà lavorare su ricerche e selezioni continuative per ruoli ad alto voltaggio per avere un vivaio dal quale attingere quando ce ne sarà necessità, ovvero sia durante eventuali picchi temporanei, sia nel caso di un alto turnover (fenomeno che il mercato sta già sperimentando).

     

    In ottica di selezione continua, quali pensi che siano le attività di talent attraction su cui il settore deve lavorare oggi?

    Più di alcuni altri settori quello della logistica ruota intorno alla commistione di ruoli prettamente operativi e non altamente specializzati e altri invece decisamente più alti, manageriali.
    Partendo da questo presupposto è doveroso specificare che la talent attraction non debba riguardare solo i secondi, come tradizionalmente si è portati a pensare, ma abbia invece assoluta necessità di coinvolgere tutte le tipologie di candidati.

    Dall’offerta di condizioni economiche particolarmente attrattive, passando per la proposta di opportunità di formazione (e quindi volendo anche di upskilling e reskilling) e politiche di welfare aziendale al passo con i tempi, la logistica non deve dimenticare di migliorare e di conseguenza valorizzare il luogo di lavoro, sicuro, sano, capace di accogliere e di essere promotore del benessere dei lavoratori che si trovano a viverlo.

    Temi “alti”, di tendenza e contemporanei come l’attenzione alla sostenibilità iniziano ad affacciarsi anche qui: ritengo però che la strada da fare perché il settore possa fare leva strategica su argomenti simili sia ancora lunga e tortuosa.
    Sicuramente, però, i primi passi si stanno già facendo nonostante la logistica debba prima risolvere problematiche più strettamente operative e legate alla propria stringente sussistenza.

     

    Quali profili hai notato essere i più ricercati oggi nel settore?

    Molte aziende si sono orientate su profili in grado di migliorare ed efficientare la produzione. Il boom di richieste dei cosiddetti lean manager risponde così a molte necessità: dal miglioramento dei processi a livello agile, alla riduzione degli sprechi “interni” per contrastare la vera criticità che da un paio di anni sta minacciando il settore, ovvero la scarsità di materie prime.

    Le organizzazioni che non si sono volute spingere – per qualsiasi ragione – a una rivoluzione così copernicana del proprio sistema interno hanno però comunque puntato sulla ricerca di innovation manager che fossero in grado sì di focalizzarsi sulla digitalizzazione dei processi, ma soprattutto sull’abbattimento dei costi.

    Altri due profili tra quelli più ricercati sono supply chain manager e supply chain director.

     

    Puoi descriverci un candidato tipo di questo settore?

    Riferendomi in particolare ai candidati per le posizioni manageriali (lean e innovation manager, per esempio) ritengo che LA caratteristica imprescindibile sia una forte adattabilità al cambiamento.
    Al netto della radicale trasformazione subita dal settore a causa della pandemia, è chiaro che si sia ormai innescato un processo di continua evoluzione con il quale è necessario non solo saper stare al passo, ma instaurare una sorta di “dialogo produttivo” che possa con il tempo fare davvero la differenza.
    Come anticipato prima, inoltre, nel prossimo futuro l’attenzione verso la sostenibilità dovrà necessariamente diventare una delle priorità del settore: manager in grado di efficientare processi di produzione e distribuzione in ottica sostenibile sono estremamente appetibili.

    La logistica, inoltre, si caratterizza per una forte presenza di organizzazioni che definiremmo “storiche” se non addirittura “padronali”. Qui, più che altrove, la commistione di generazioni che lavorano in azienda potrebbe provocare dei cortocircuiti decisionali e quindi inefficienza.
    Il manager deve per questo essere in grado di gestire non solo competenze differenti, ma anche visioni che risentono di esperienze e maturità spesso divergenti.
    Per tutti questi motivi il settore sta iniziando ad aprirsi a candidati che provengono da mercati diversi, in grado quindi di avere approcci differenti per garantire un vero e proprio “twist”.

     

    Quali caratteristiche pensi che debba avere l’HR Manager del futuro in questo settore?


    Per schematizzare potrei dire che:
    • l’HR manager del futuro (perlomeno nella logistica) deve imparare a fare “rete”: informarsi e stare sul pezzo significa ora anche confrontarsi con i colleghi che lavorano altrove che hanno quindi visioni e prospettive differenti dalle quali osservare il mercato. Avere conoscenza e contezza della situazione permette di dotarsi degli strumenti più adeguati a gestire il futuro in maniera efficace (al netto del fatto che la sfera di cristallo, ahimè, non ce l’ha nessuno);
    • talent attraction, colloqui con le proprie persone durante la permanenza in azienda, assessment e selezioni continuative non saranno più strumenti e approcci preferibili, quanto decisamente obbligati;
    • cambiando il modo in cui si sceglie il proprio lavoro e la propria prospettiva di carriera, è necessario che, prima di tutto internamente, si ribalti il modo di intendere la relazione tra organizzazioni e lavoratori: le persone non devono adattarsi a quel che trovano in azienda, ma è quest’ultima che deve agire affinché i talenti possano trovare al suo interno ciò che cercano e di cui hanno bisogno.

     

     


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    Alessandro Raguseo, CEO