Logistica: le leve di attraction per assumere giovani talenti

    “Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto” : la chiacchierata con Filippo Caltabiano si apre così, con una citazione che racchiude il cuore pulsante della sua carriera lavorativa, ricca, soddisfacente e costellata di tante prime volte.

    Prima di diventare Head of People & Culture in Fiege Logistics Italia, Filippo ha maturato una solida esperienza nel campo delle Risorse Umane e, soprattutto, nella consulenza orientata al miglioramento organizzativo. In Fiege ha contribuito in prima persona al passaggio da una gestione mediata dal ricorso di appaltatori a una gestione diretta che ha portato, tra le altre cose, alla progettazione, alla costruzione e alla creazione di solidi rapporti con le parti sociali. Parallelamente ha agito sulla costruzione di un team fino a quel momento ancora non esistente e che ha significato una vera e propria rivoluzione: attualmente, infatti, People & Culture gestisce un totale di oltre 1.700 persone che lavorano nelle varie sedi dell’azienda in Italia.

    Con lui abbiamo cercato di capire come si sta muovendo il mondo del lavoro nel settore della logistica, una industry che più di altre negli ultimi tempi ha subito dei profondi cambiamenti.

    Filippo, iniziamo subito con la domanda che forse le avranno già fatto: complice la pandemia, come sta evolvendo il mondo del lavoro nella logistica negli ultimi anni?

    Per effetto della pandemia, la logistica legata all’e-commerce ha avuto uno sviluppo esponenziale: l’acquisto online nell’arco di pochissimo tempo è diventato infatti uno strumento all’ordine del giorno per chiunque ne abbia necessità.

    Questo ha avuto una conseguenza anche nel mondo del lavoro: da una parte si sono infatti moltiplicate le opportunità di impiego e, dall’altra, c’è stato un salto di qualità (in positivo) del concetto stesso di logistica.
    Mi spiego meglio: nell’accezione “tradizionale” del termine con logistica si indica l’approvvigionamento, lo stoccaggio e la distribuzione di merce per conto di altri soggetti.

    Nell’e-commerce questo si concretizza in maniera molto forte nella vera e propria partnership con i clienti: perlomeno in termini di percepito, sono loro infatti ad arrivare al singolo utente attraverso il prodotto e, proprio per questo, hanno la necessità di eccellere sia dal punto di vista della qualità del servizio, sia della sua tempestività. Il successo di un brand a discapito di un altro si articola ora proprio su questo terreno.
    Pertanto è necessario che le ricerche di persone da inserire in organico vadano nella direzione dei candidati migliori per garantire un servizio senza alcuna ombra.

     

    In questo contesto la vostra azienda sta facendo fatica a trovare candidati che rispondano a questi requisiti o la strada è “in discesa”?

    La grande verità di questo periodo storico è che non sono più le aziende a scegliere i candidati, ma i candidati a scegliere le aziende. Questo ha comportato per la nostra realtà una sicura opportunità di crescita e sviluppo unita a una profonda riflessione in merito a ciò che davvero ci può rendere più attrattivi.

    È proprio da questa analisi che nasce un rinnovato approccio al mondo dei giovani candidati: occorre infatti sdoganare un nuovo concetto di logistica, collegandolo sempre di più a quello dell’e-commerce che necessita quindi qualità, freschezza, innovazione e la capacità di lavorare in contesti sempre più organizzati ed evoluti, anche tecnologicamente.

    A cascata anche nel nostro settore iniziano a diventare fondamentali temi come la sostenibilità, l’inclusione, la possibilità di fare smart working: sono infatti asset importantissimi per attrarre i migliori talenti e per trasmettere l’idea di una logistica non più “rude”, ma invece evoluta e sofisticata.

     

    In che modo la vostra azienda è riuscita in questa “impresa”?

    Mettendo sul tavolo una buona dose di coraggio, sicuramente.
    Il mio ingresso in azienda è andato di pari passo con l’adozione di un modello di direct management, laddove invece il modello imperante è ancora quello del ricorso ad appaltatori e cooperative.
    Questo significa aver adottato delle politiche completamente diverse rispetto al passato. Se si punta all’eccellenza, occorre essere nelle condizioni di far esprimere al meglio le persone che lavorano in azienda. Metterle al centro è così la conditio sine qua non per erogare un servizio di alta qualità, dove le singole risorse sono impegnate nel dispiego delle loro migliori energie.

    Lavorare sul senso di appartenenza e sulla condivisione di una cultura aziendale che promuove inclusione, sostenibilità e benessere è stato quel passo decisivo che ha chiuso il cerchio del cambiamento organizzativo.

     

    Quali sono attualmente le figure più ricercate dal settore, o comunque dalla vostra azienda?

    Le attività degli e-commerce sono soggette a una fluttuazione data da eventi particolari come il Black Friday o i saldi, tanto per fare due esempi. L’obiettivo di massima è quindi quello di individuare la quantità e la qualità delle risorse necessarie a gestire i volumi, cosa che implica di conseguenza una forte strutturazione dell’ufficio e, in un disegno evoluto come il nostro in cui si lavora attraverso i talent manager, è altresì necessario che tutta la platea dei manager operativi venga intercettata in maniera accorta.

    Per “educare” a una nuova visione dell’e-commerce, stiamo lavorando a una serie di progetti in collaborazione con Confindustria che hanno l’obiettivo di portare l’azienda all’interno delle scuole, perché sia possibile spiegare in maniera partecipata e attiva cosa è la logistica legata agli e-commerce, oggi. Questo è un seme per il futuro, un modo per assicurarci, prima ancora di cercarli attivamente, dei professionisti del domani consapevoli e appassionati del nostro settore.

     

    Qual è il rapporto tra figure junior e senior nel settore? E come può diventare una leva competitiva quando sfruttato al meglio?

    Nel nostro contesto gli obiettivi sono sostanzialmente la soddisfazione del cliente, l’agire correttamente all’interno del perimetro dei valori della nostra azienda e quindi sviluppare il potenziale delle persone.

    Per raggiungere questi asset ci deve essere un giusto “mix” di junior e senior: i primi, dopo averli attratti, è necessario che familiarizzino con un contesto che, come si diceva prima, necessita di essere sdoganato, illustrato, raccontato nei termini moderni. Il loro potenziale deve poi essere sviluppato perché riescano a costruire un proprio background lavorativo, così come a incrementare le loro competenze e, se possibile, a progredire rapidamente nel loro percorso di carriera.
    Ma un’azienda si basa anche e soprattutto sulla direttrice dell’esperienza. È impensabile quindi investire unicamente sulle figure junior perché la loro fame di esperienza può essere soddisfatta unicamente considerando un percorso parallelo che riguarda i senior.

     

    In che modo siete riusciti a trasferire le competenze “senior” su profili più giovani?

    Nell’equilibrio tra junior e senior non si può non prevedere la regia di un manager che con le giuste caratteristiche e capacità sia in grado di tirare fuori il meglio dal suo team, cosa che nel nostro settore significa raggiungere la misura ottimale di gestione contemporanea di processi e persone.

    La nostra è un’azienda di servizi ed è chiaro quindi che il servizio passa attraverso la qualità concretamente profusa dalle persone: per avere questo occorre però padroneggiare i processi e nello stesso tempo essere capaci di gestire le risorse, appunto.
    Tra le nostre attuali priorità c’è sicuramente quella di riuscire a coinvolgere persone che abbiano entrambe queste caratteristiche e in questo scenario il manager deve essere in grado di favorire lo sviluppo di colleghi e collaboratori.

    In questo modo i junior che tipicamente hanno un potenziale più facile da sviluppare dal punto di vista delle competenze tecniche devono essere aiutati a governare la gestione delle dinamiche relazionali, e specularmente i senior - che hanno più esperienza nella gestione dei rapporti - devono essere guidati nella compensazione delle competenze più tecniche.

     

    Alla luce di questo, come riassumerebbe le caratteristiche del manager perfetto del settore della logistica?

    Il manager perfetto è capace di far lavorare per obiettivi, di fornire feedback, di creare prospettive, di assumersi le proprie responsabilità e di comunicare efficacemente. Sembrano concetti scontati, ma non lo sono affatto.

    Il nostro Gruppo, che conta nel mondo 20.000 dipendenti diretti, crede molto nella cultura della leadership, nello sviluppo delle persone e delle competenze. Questo dà sicuramente molta soddisfazione a chi fa il mio lavoro perché trova il contesto ideale per concretizzare ciò che in molti altri casi rimane solo un’idea.

    Di conseguenza il ruolo del manager HR è molto simile a quello di un regista che si prende la piena responsabilità del film che sta girando. Ci si orienta costantemente su tre fronti diversi:

    • la gestione dei processi, ovvero tutto quello che deve essere agito tutti i giorni, dal management quotidiano, alle attività tipiche nel mondo delle risorse umane;
    • la costruzione di un rapporto di qualità con gli interlocutori esterni, come le parti sociali, le associazioni di categoria e gli enti locali. Se l’obiettivo è attrarre i migliori talenti è più che opportuno rendersi visibili sul mercato in maniera assolutamente positiva presidiando con costanza i processi con questi interlocutori;
    • infine, la necessità di tenere le persone sempre al centro, motivate, serene e con una prospettiva di crescita sempre visibile.



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