Automazione per la logistica: le caratteristiche del manager perfetto

    Abbiamo incontrato e intervistato Emilio Ribecco, R&D Manager in MHS, che dopo una carriera nel settore automotive, sempre in ambito sviluppo, è approdato, da circa un anno, in quello dell’automazione per la logistica.
    Il suo punto di vista “esterno” al mercato gli ha consentito di riempire con efficienza alcuni gap che spesso rimangono invisibili a chi il settore lo vive invece da tanto tempo. Contemporaneamente, ci ha detto, ha però tanto da imparare: la conoscenza specifica del settore è importante quanto
    quella manageriale.
     
    Con lui abbiamo indagato, dal punto di vista di un candidato, come il settore dell’automazione per la logistica si sta muovendo in questo periodo storico, soprattutto in termini HR.

    Emilio, dal suo punto di vista come si sta muovendo il mondo del lavoro in questo settore?

    Quello dell’automazione per la logistica è un mercato molto vasto e occorre quindi prima di tutto inquadrare meglio la posizione da cui si osserva il settore, che nel mio caso è quella dei corrieri e delle poste.
     
    Negli ultimi tempi questo mercato ha subito una serie di cambiamenti importanti, legati principalmente a fattori esterni. Questi hanno avuto un impatto notevole sulle aziende, sia al loro interno che nel rapporto con i clienti.
    La pandemia ha stravolto il mondo dell’e-commerce, modificandone i paradigmi. L’acquisto online per molti mesi è passato dall’essere uno dei canali disponibili all’unica modalità possibile. Ora, a emergenza (parzialmente rientrata), si è nuovamente ridimensionato, pur restando tra i più
    utilizzati.

    Tutto questo ha richiesto alle aziende una consistente riorganizzazione interna, ma anche maggiore velocità e flessibilità nell’adattarsi alle nuove dinamiche di mercato.

    Molti di questi cambiamenti, poi, si sono resi necessari durante la pandemia, quando il lavoro veniva svolto principalmente da remoto.
    In questo contesto, in MHS ci siamo trovati a dover mettere mano, per la prima volta, a meccanismi che per l’azienda erano rodati e consolidati, ma non più sostenibili. Abbiamo integrato nuovo personale, senza però poterlo fare in presenza. E questo ha sicuramente complicato le cose. D’altra parte, credo che certe dinamiche si siamo modificate in modo permanente e che questo orientamento alla continua evoluzione caratterizzerà anche il prossimo futuro.

     

    Quali sono le tendenze HR che riscontra in questo momento nel suo settore?

    La flessibilità, principalmente.
    Negli ultimi mesi abbiamo potuto recuperare il lavoro in presenza, e con esso anche il suo valore aggiunto, la sua importanza strategica, e direi anche la sua bellezza. Tuttavia, la dimensione online, che ha preso piede con la pandemia, resta una modalità operativa con indubbi vantaggi ed è ancora oggi utilizzata. Per questo il nostro settore è orientato verso profili flessibili, capaci di adattarsi a forme di lavoro ibrido, online e in presenza, mantenendo in ogni situazione la capacità di procedere per obiettivi.

    La sostenibilità è un altro fattore importante e per le aziende è ormai una necessità, più che una semplice tendenza. Il settore ricerca profili in grado di progettare e garantire le soluzioni più efficienti anche in termini di sostenibilità e impatto ambientale.

    Il mondo dell’e-commerce, come si diceva prima, ha avuto un’esplosione pazzesca e questo lo ha reso anche più complesso. Pensiamo per esempio alla questione dei resi: attualmente molti shop danno la possibilità di pre-acquistare i loro prodotti, di tenere solo quelli di proprio gradimento e
    restituire quelli scartati. Tutto questo non ha costi aggiuntivi per il consumatore ma porta aziende e fornitori a gestire il funzionamento di una fase del customer journey che ha un notevole impatto ambientale.
    Per questo il settore si sta organizzando affinché, nel prossimo futuro, il peso di questi processi sia il meno gravoso possibile, in termini di sostenibilità.

     

    Quindi oltre a figure che possano efficientare il funzionamento della logistica, quali sono le altre maggiormente ricercate?

    Già prima della pandemia, il costo della logistica si è slegato dalla dimensione e dal peso della merce e si è invece legato a doppio filo ai tempi di consegna, quindi le figure più richieste sono sicuramente quelle tecniche, in grado di lavorare allo sviluppo di software per garantire le automazioni e di ricercare nuove soluzioni, così da stare al passo con tutti quei cambiamenti di mercato che derivano da evoluzioni e rivoluzioni sociali.


    Il mercato, inoltre, si rapporta sempre più a livello internazionale, con colleghi, sedi estere, clienti: la conoscenza delle lingue è molto importante, così come la capacità di avere un approccio culturalmente aperto, pronto a confrontarsi con le diverse dinamiche di altri Paesi, di altri continenti.

     

    Quali ritiene che siano le difficoltà che incontra chi entra in questo settore, magari provenendo da un altro mercato?

    Parlerei di sfide più che di difficoltà. Sicuramente quella più grande è rappresentata dai cambiamenti, sempre più veloci: adattarsi quasi istantaneamente alle esigenze del mercato e dei clienti va spesso a braccetto con la necessità di essere reattivi e concreti, anche nelle situazioni più incerte. Occorre conoscere il mercato come le proprie tasche, per poterne anticipare le oscillazioni e i cambiamenti.

    Il nostro settore, poi, è mediamente in produzione H24 e i clienti possono avere necessità di assistenza e consulto continuativamente, quindi un’altra sfida, per chi ci lavora, è riuscire a trovare il giusto equilibrio tra la vita professionale e quella privata.

     

    Ammesso che possa davvero esistere, quali ritiene che siano le caratteristiche del manager perfetto di questo settore?

    La perfezione non è di nessuno e non credo che un manager perfetto possa effettivamente esistere.
    Battute a parte, credo che il manager ideale sia un professionista in possesso di competenze verticali, quindi tecniche, di alto livello. Non è indispensabile che abbia maturato esperienze nello stesso mercato, anzi: spesso il punto di vista di chi arriva da settori diversi è un valore aggiunto per l’azienda che vuole adeguarsi al cambiamento.

    Ci sono poi una serie di competenze trasversali che per un manager sono altrettanto importanti: creatività e flessibilità si devono sposare con le competenze tecniche, così da valorizzarsi e rafforzarsi a vicenda.

    Un buon manager deve anche essere in grado di gestire le situazioni più incerte, che sempre più spesso di presentano: significa avere il coraggio di prendere decisioni importanti in tempi brevi, anche se non si hanno a disposizione tutte le informazioni necessarie.
    Infine, deve essere in grado di motivare continuamente le persone che lavorano nel suo team. Soprattutto in tempi così complessi come quelli che stiamo vivendo, è davvero fondamentale.

    Riassumendo, un buon manager deve essere lungimirante, anticipare i cambiamenti, saper fare gruppo e tenere il timone, avendo però anche la capacità di delegare alcuni compiti e, quindi, alimentare rapporti di fiducia all’interno del team.

     

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    MHS ha una base installata globale di oltre 6,5 miliardi di dollari per progetti di distribuzione e realizzazione di piccole e grandi dimensioni in una varietà di settori, tra cui e-commerce, pacchi, logistica di terze parti e integratori esterni.

    Per maggiori informazioni, www.mhsglobal.com

     


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