Sostenibilità, turnover e nuovi talenti. Le sfide per il settore Food

    Luca Zanella è HR Specialist in Cereal Docks, nella quale è entrato poco dopo la sua laurea in economia. Nulla di strano se non fosse che Luca ha cambiato vari ruoli in azienda, facendo quella che, in parole povere, si chiama gavetta.

    Dall’ufficio ordini e fatturazione, alla gestione delle risorse umane il passo non è stato breve, ma sicuramente di grande valore: Zanella è la perfetta incarnazione del cosiddetto training on the job, pratica sulla quale ha innestato le competenze verticali acquisite durante il suo percorso accademico.

    È a lui che abbiamo chiesto di raccontarci come il mondo del lavoro si sta muovendo ed evolvendo nel settore food e in particolare nel modello di business in cui si posiziona la sua azienda, che si occupa di lavorare e stoccare cereali e semi oleosi.

    Qual è lo stato dell’arte del mondo del lavoro nel mercato del food?

    Come molte aziende, operanti anche in settori diverso dal nostro, abbiamo avvertito la “frizzatezza” di un periodo storico senza eguali e questo ha comportato soprattutto un alto turnover in ambito operation.

    C’è da dire, però, che la nostra è una realtà particolare il cui tallone d’Achille è sicuramente rappresentato proprio dai turni di lavoro e dalla richiesta di disponibilità a essere operativi anche in orario notturno.

    In un’epoca in cui si parla tanto di worklife balance, smart working e lavoro ibrido, siamo effettivamente quindi poco appetibili.
    Nonostante questo, siamo comunque riusciti a trovare figure valide e motivate e quel che all’inizio sembrava una grossa criticità difficilmente superabile, adesso è invece, almeno per il momento, rientrata.

     

    Alla luce di questo, quali pensi che siano le leve strategiche che un’azienda deve utilizzare per rendersi appealing anche lato operation?

    Visto che worklife balance e lavoro ibrido sono difficilmente applicabili lato operation, in Cereal Docks abbiamo lavorato prima di tutto sulla retribuzione.

    Già dall’inizio di quest’anno abbiamo introdotto degli aumenti strutturali, quindi non ad personam per capirci, uniti però a un piano triennale che riesca a retribuire correttamente il singolo a seconda del percorso che affronta in azienda.

    Questo da un lato ci consente di gratificare tutti nello stesso modo, già da principio, senza però dimenticare l’importanza della valorizzazione di ogni persona nel medio e lungo periodo.

    Abbiamo puntato soprattutto sulla retribuzione, sia perché sul welfare eravamo già intervenuti ampiamente in passato e quindi il margine di miglioramento sarebbe stato minimo, sia perché le aziende simili sul nostro territorio sono cresciute tanto rendendo il settore estremamente competitivo, anche proprio a livello geografico.
    A parità di progetto, vince sicuramente la gratificazione economica, possibilmente affiancata da un piano di crescita e di incremento di responsabilità.

     

    Secondo la tua visione qual è l’approccio dei giovani al mondo del lavoro, perlomeno nel food?

    I giovani d’oggi portano maggiori complessità da gestire, e sono sicuramente più preparati, sia in termini di competenze, sia a livello normativo. Vogliono essere informati e avere conoscenza e contezza di tutto, sin da principio.
    Questi non sono necessariamente dei difetti, a meno che non siano semplicemente l’anticamera di un atteggiamento supponente e poco aperto al voler imparare a lavorare, a muoversi in azienda, a ottenere i risultati che si sono condivisi.

    La richiesta ed esigenza di flessibilità oraria, inclusa la possibilità dello smartworking, spesso viene prima di qualsiasi altra “curiosità” rispetto alla posizione aperta.

    Così come le aziende stanno cercando sempre di più di offrire ai propri lavoratori ciò di cui c’è bisogno (noi stessi abbiamo introdotto a sistema lo smartworking da poco), dall’altra ci aspettiamo che le giovani leve siano più disponibili a “esserci”, perlomeno all’inizio, per avere soprattutto la possibilità di condividere una visione.

    In questo le aziende devono ovviamente fare del loro meglio sotto il profilo del clima e delle pratiche di onboarding: rendersi appealing e fare una buona impressione sin da subito è qualcosa che vale tanto per i candidati/neo-assunti, quanto per le organizzazioni stesse. Il rapporto è, ormai ufficialmente, bilaterale al 100%.

    Aziende come la nostra che hanno subito una crescita esponenziale in pochissimo tempo hanno sicuramente faticato di più sotto questi aspetti: lato nostro stiamo cercando di porre rimedio a eventuali disattenzioni del recente passato, avendo ora invece estrema cura nell’accompagnare a bordo le persone che assumiamo, facendo loro conoscere la nostra storia e la cultura che ci guida.

     

    In questo rinnovato contesto quali pensi debbano essere le caratteristiche di un manager perfetto?

    Il manager – che sia perfetto o che lo sia meno – deve sicuramente essere una persona in grado di dare ascolto alle proprie persone, al proprio team. Noi non lavoriamo con una matrice di competenze, ma ci basiamo su un continuo e costante confronto diretto e strutturato tra responsabile e collaboratori.

    Cerchiamo di attenzionare i manager sulla necessità di prendersi cura delle proprie persone, innanzitutto, per poi passare alla gestione – altrettanto preziosa – degli obiettivi di lavoro. Il rapporto è prima di tutto umano e poi diventa – anche – professionale.

     

    E l’HR Manager del futuro come sarà?

    Me lo immagino (e quindi immagino anche me stesso, così) sempre con le orecchie alzate a intercettare novità e cambiamenti, pronto ad adeguarsi ai trend o, addirittura, a essere fautore di nuove tendenze.

    Nella fase di selezione e di retention dovremo poi sicuramente dare sempre più spazio e importanza alle competenze soft, più che a quelle “pratiche”.

     

    Qual è il peso che la sostenibilità sta avendo e avrà nel vostro settore?

    Nel food la sostenibilità è fondamentale e, nel caso specifico di Cereal Docks, il nostro Presidente è stato un pioniere. Più di 20 anni fa infatti ha iniziato non solo a parlarne, ma anche a ottenere tutte le certificazioni di filiera del caso, diventando un esempio sia per le grandi aziende, sia per le singole realtà agricole.

    Questo è stato per noi un motore e un abilitatore di business, ma anche una leva di attraction in termini HR.


     


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