Anche se può sembrare una tecnologia accessibile solo ai grandi colossi come Google, Apple o Amazon, in realtà l’IA può essere integrata nei business model di qualsiasi azienda e nella maggior parte dei settori. Molti si chiedono perché la propria azienda dovrebbe investire nell’IA, ma la domanda da porsi non è più perché, ma come:
non integrare l’Intelligenza Artificiale oggi si traduce in perdita di lavoro, di rilevanza strategica e di vantaggio competitivo in futuro.
Soprattutto l’ambito HR, che ha un ruolo strategico all’interno delle aziende, può trarre enormi vantaggi nell’implementazione dell’IA nei suoi processi e nella candidate/employer experience.
Il maggior dubbio riguarda sempre la perdita della componente umana nel processo di selezione, ma l’IA non si vuole sostituire alla persona: l’IA è semplicemente un tool in più a disposizione del recruiter e del Responsabile HR che si alleggeriscono di tutte le attività di routine ripetitive e possono dedicare più tempo al rapporto umano.
Vediamo come può avvenire tutto ciò, nel concreto.
- Uso dell’IA nei processi di screening del personale
- “Proactive Retention” di IBM
- Le soluzioni di Reverse e qualche consiglio
- Breve scenario: lo sviluppo della IA
1. Uso dell’IA nei processi di screening del personale
Il settore delle risorse umane e più in particolare il recruiting può essere considerato il perfetto campo in cui mettere in gioco l’Intelligenza Artificiale.
Gli scettici storceranno il naso, pensando che Intelligenza Artificiale e Risorse Umane siano due concetti agli antipodi e per questo non integrabili tra loro, ma la realtà è che gli HR possono trarre i maggiori benefici e vedere un miglioramento, in termini di tempo e qualità, nel proprio lavoro. Già da qualche tempo si parla infatti di People Analytics.
I software di IA e il machine learning consentono ai responsabili HR di analizzare rapidamente enormi quantità di dati connessi a dipendenti e candidati e in base a questi prendere decisioni.
Secondo l’indagine AI at Work di Oracle effettuata su oltre 600 responsabili HR, l’IA può essere utilizzata in diversi processi legati al mondo delle risorse umane. In particolare, gli intervistati utilizzano questa tecnologia in diversi settori:
- il 40% nelle fasi di sourcing, screening e colloqui;
- il 29% nello sviluppo e training di carriera;
- il 26% per migliorare il recruiting dei candidati;
- il 24% per il performance management;
- il 23% per fornire ai recruier insight e azioni predittive sul processo di assunzione.
Grazie all’IA è possibile svolgere rapidamente procedure ripetitive, in cui l’apporto umano non dà valore aggiunto, come:
- la fase di sourcing;
- lo screening dei CV;
- l’organizzazione dei colloqui fisici;
- la creazione di un ordine di preferenze (ranking) tra CV.
Utilizzare le tecnologie IA ha dei vantaggi specialmente nel processo di recruiting, poiché:
- migliora la completion rate della job application;
- diminuisce lo screening time;
- automatizza il processo di risposte ai dubbi dei candidati tramite l’utilizzo di chatbot;
- riduce il time to hire;
- garantisce il feedback a ciascun candidato.
Nella fase di screening delle candidature pervenute vengono utilizzati i software di Intelligenza Artificiale sia per la profilazione del candidato che per la costruzione di matrici di affinità con la posizione aperta e con i valori aziendali.
In che modo?
- I software di Intelligent Screening automatizzano il processo di screening sul database. Il software analizza quali candidati si sono dimostrati di successo o meno in base alle loro prestazioni, alla loro corrente occupazione, al tasso di turnover e così via. In particolare, prende nota dell’esperienza, delle competenze e di altre qualità e applica queste conoscenze ai nuovi candidati al fine di classificarli automaticamente.
- Un’altra nuovissima soluzione, ancora sotto test, prevede l’utilizzo di chatbot che interagiscono in tempo reale con i candidati, fornendo feedback, aggiornamenti e suggerimenti su come procedere nella fase successiva.
- Strettamente correlate sono le bot interview, che permettono di rilevare dalle risposte fornite dati psicometrici e cognitivi, su cui poi è possibile calcolare un punteggio complessivo di adeguatezza alla posizione. La raccolta di dati permette inoltre la creazione di prototipi di personalità che possono essere comparati in successive fasi di selezione, utilizzando come modello i dipendenti considerati più di successo.
2. Proactive Retention di IBM
L’Intelligenza Artificiale può essere anche molto utile a prevenire la fuga di talenti e diminuire il turnover aziendale, cosa tutt’altro che trascurabile nel mondo del lavoro ipercompetitivo di oggi.
Un esempio virtuoso in tal senso è il programma Proactive Retention di IBM, in grado di analizzare posizione, titolo e stipendio dei dipendenti, correlandoli alle informazioni sulla storia delle promozioni aziendali e sui rapporti con il management.
Sulla base di questi dati, l’algoritmo della nota azienda informatica statunitense calcola con il 95% di accuratezza la probabilità di separazione con un professionista e consente così un intervento tempestivo per andare incontro alle sue specifiche esigenze. Che sia un corso di aggiornamento o una competenza in più da raggiungere, un problema dato dalle ambizioni di carriera o l’esigenza di uno specifico benefit aziendale o familiare, IBM può agire in anticipo grazie all’analisi dei dati dei suoi software di IA.
Questo processo di mantenimento e mobilità dei propri talenti ha consentito di raggiungere un risparmio di 300 milioni di dollari in retention negli ultimi 5 anni.
3. Le soluzioni di Reverse e qualche consiglio
“Solo l'8% di aziende leader nei propri settori è riuscita ad applicare con successo progetti di AI. La stragrande maggioranza fallisce o non riesce a diffonderla realmente all’interno della propria organizzazione”.
Tim Fountaine, Partner in McKinsey, ha condotto un’ampia indagine sul tema e ha intervistato migliaia di executive che hanno investito ingenti somme nell’adozione dell’AI senza i risultati attesi. Come mai accade? Forse per problemi di tecnologia non ancora matura oppure per l’annosa questione della mancanza di Data Scientist, cioè di personale qualificato per lavorare sull’AI?
La vera barriera, emersa dalla ricerca, è rappresentata dalla cultura e dall’organizzazione aziendale.
Integrare l’Intelligenza Artificiale nei processi aziendali è possibile, ma ci sono alcuni elementi essenziali irrinunciabili per farlo con successo:
- Devi avere un buon livello di digitalizzazione aziendale: l’IA si basa sui dati digitali. Solo se si è già avviato con successo un processo di migrazione digitale dei processi informatici è possibile integrare l’Intelligenza Artificiale nel proprio business model;
- Devi avere pazienza: l’IA non è una tecnologia plug-and-play. È necessario implementarla poco per volta e non lasciarsi tentare dai grandi progetti che, per quanto allettanti in termine di ROI, sono complessi da gestire;
- Devi innovare la cultura aziendale: non si può implementare l’IA in un’azienda che non sia agile. Non solo i manager, ma anche i dipendenti devono essere coinvolti nel cambiamento:
- saranno necessari team cross-funzionali, in cui persone del business collaborano con i data analyst;
- d’ora in poi molte decisioni verranno prese anche in base ai dati e non solo affidandosi al proprio istinto o al proprio manager: è facile capire come questo possa rivoluzionare i rapporti gerarchici;
- sarà necessario che tutti lavorino con la metodologia test&learn, tipica del mondo tecnologico ma ormai diffusa in tutti i settori. Si lavora per piccoli step consecutivi, ognuno validato volta per volta prima di passare al successivo, coinvolgendo solo le persone realmente necessarie in ogni step ma tenendo le fila del progetto. Solo in progetti di questo tipo è possibile inserire l’innovazione, non certo in macro processi rigidi e obsoleti;
- tutti i collaboratori dovranno essere formati ed informati perchè possano apprezzare l’IA e non temerla.
Molti potranno obiettare che servono investimenti importanti per attuare tutto ciò: sono tanto importanti quanto necessari se non si vuole veder sfumare gli investimenti che sono stati dedicati direttamente all’IA senza aver predisposto il terreno con queste attività preliminari.
Concretamente come applichiamo tutto ciò in Reverse?
Fin dalla nostra nascita, grazie ai software sviluppati internamente con cui lavoriamo, sfruttiamo i vantaggi garantiti dalle tecnologie digitali per fornire ai nostri clienti un servizio puntuale e una completa tracciabilità di tutte le informazioni.
Gli algoritmi semantici e l’intelligenza artificiale permettono ai nostri head hunter di avere a disposizione in pochi minuti un buon numero di profili che corrispondono alla posizione ricercata solo analizzando il percorso professionale e le competenze scritte nel curriculum vitae. L’automazione aiuta a risparmiare tempo e risorse aumentando, allo stesso tempo, accuratezza, oggettività e precisione della ricerca.
I nostri recruiter possono così dedicare più tempo a quello che pensiamo sia il momento più importante e strategico di un processo di assunzione: il dialogo con i singoli candidati selezionati.
Non solo. L’intero processo è gestito su un’unica piattaforma, alla quale le aziende che si sono affidate a Reverse possono accedere in qualunque momento sia da desktop sia da mobile. In questo modo hanno la possibilità di monitorare tutte le fasi della selezione, aggiungere commenti, chiedere maggiori informazioni sui candidati e condividere le loro opinioni con i nostri selezionatori. Questo rende l’intero flusso di lavoro più trasparente e anche più rapido, eliminando il tempo speso per l’allineamento interno ed esterno.
Soprattutto il mondo delle Risorse Umane è diffidente nell’adozione e implementazione di tecnologie che sembrano mettere a rischio la parte umana, ma bisogna ricordare che l’IA nasce per semplificare il nostro lavoro, non per sostituirci. D’altronde, noi lo abbiamo sostenuto sin dal nostro primo giorno: digital to be more human.
4. Breve scenario: lo sviluppo dell’IA
Il mondo dell’Intelligenza Artificiale è talmente vasto e complesso che ancora oggi non risulta facile da definire, ma possiamo provare a fare un po’ di chiarezza e capire quando sono iniziati gli studi e in che modo si sono sviluppati.
Molti accademici collocano le prime forme di IA a metà del secolo scorso, con la realizzazione e commercializzazione delle rudimentali macchine di calcolo e dei primi programmi informatici.
Nel 1950 Alan Turing scrisse e pubblicò l’articolo intitolato Computing machinery and intelligence, in cui teorizzava l’ormai celebre “test di Turing”. Grazie al suo lavoro, il tema dell’Intelligenza Artificiale ricevette una forte attenzione da parte della comunità scientifica e nacquero diversi filoni di studio.
Così, si originarono negli anni successivi due diversi filoni di studio, denominati Intelligenza Artificiale Forte e Intelligenza Artificiale Debole.
E se con il passare degli anni, buona parte della comunità scientifica ha abbandonato l’interesse per l’Intelligenza Artificiale Forte in cui si studiano sistemi in grado di replicare l’intelligenza umana, l’Intelligenza Artificiale Debole ha continuato a essere studiata. Con l’Intelligenza Artificiale Debole si possono sviluppare macchine in grado di risolvere problemi specifici, con sistemi che svolgono una o più funzioni umane complesse.
A partire dagli anni Ottanta, sono state sviluppate le prime applicazioni di Intelligenza Artificiale in ambito industriale. In particolare, il primo processo di intelligenza artificiale applicato in ambito commerciale fu R1, un software sviluppato nel 1982 dall’azienda Digital Equipment per configurare gli ordini di nuovi computer. Quattro anni dopo, l’impresa era in grado di risparmiare 40 milioni di dollari all’anno in manovalanza.
Oggi l’Intelligenza Artificiale rappresenta uno dei principali ambiti di interesse della comunità scientifica, informatica ed economica, con temi di ricerca come il Machine Learning, l’elaborazione del linguaggio naturale e la robotica. Impattando su i più disparati settori economici, l'intelligenza artificiale sta mostrando da tempo il suo potenziale innovatore, sia per quanto riguarda i processi industriali, sia per il mondo dei servizi.
Portare a bordo figure strategiche come gli IT manager è un'impresa sempre più ardua.
Ecco alcuni consigli pratici per te: