Prendere decisioni è forse l’attività che facciamo di più nella nostra vita, subito dopo respirare. La nostra giornata è costellata di decisioni; dalle micro-decisioni (come mi vesto? cosa mangio? che parole scelgo di usare mentre parlo?) alle macro-decisioni (cosa studio? dove compro casa?).
Prendere decisioni, per gli esseri umani, è, però, faticoso. Tecnicamente si parla proprio di “fatica decisionale”. Con questa espressione si descrive lo sforzo mentale e fisico che compiamo quando dobbiamo fare una scelta.
Per ridurre questa fatica la nostra mente fa sì che gran parte delle scelte avvengano in modo rapido e poco consapevole, basandosi su euristiche scorciatoie di pensiero; tuttavia, le decisioni così prese innescano facilmente dei bias, cioè degli errori di giudizio sistematici, che riducono la qualità e l’efficacia delle nostre scelte.
Chi di mestiere è tenuto a prendere molte decisioni importanti, a volte ricorre anche a dei piccoli trucchi per ridurre la fatica; è famoso il caso di Steve Jobs, che sceglieva di usare un guardaroba limitato, con abiti sempre uguali, per non dover decidere cosa indossare ogni mattina e ridurre, così, il numero di decisioni da prendere nel corso della giornata, concentrandosi su quelle davvero importanti.
- Che cosa ha a che fare il processo decisionale con il mondo dell’Headhunting?
- Una case history: la nostra esperienza con aBetterPlace
- L’esperienza di Reverse: parola alle nostre Senior Head Hunter Sara Bombardini e Marilisa Cappellano e a Silvia Orlandini, People and Culture Manager
- Conclusioni. Attingere da altri reparti: una mossa vincente
1. Che cosa ha a che fare il processo decisionale con il mondo dell’Headhunting?
Una delle macro-decisioni più importanti per la vita professionale di una persona è proprio la scelta del posto di lavoro. È una decisione impegnativa, carica di incognite e che richiede molte risorse psicologiche perché ha delle conseguenze importanti ed è dalla qualità di questa e altre grandi decisioni che dipende il nostro futuro. Una scelta, quindi, che è importante accompagnare. Eppure, nessuno ci ha mai insegnato come prendere una buona decisione; nonostante da alcuni decenni, esista una disciplina scientifica che studia proprio il modo in cui gli esseri umani prendono le decisioni e le influenze che subiscono. Si tratta di una scienza relativamente giovane, ma che annovera già diversi premi Nobel e che sta avendo un grande impatto a livello globale. Parliamo dell’economia comportamentale, o behavioral economics.
Come si accompagna una decisione?
Per capire meglio quali sono gli strumenti che un Head Hunter può utilizzare per accompagnare una decisione, descriviamo prima un ipotetico scenario decisionale, naturalmente semplificandolo un po’. Immaginiamo un candidato che deve decidere se accettare o meno una proposta che ha queste caratteristiche: è l’azienda in cui ha sempre sognato di lavorare; la RAL è leggermente inferiore alla sua attuale; gli sembra un’occasione rara, non aveva mai sentito di posizioni come la sua aperte in quell’azienda; la distanza da casa è maggiore rispetto all’attuale; la proposta gli è arrivata quando meno se l’aspettava ed è sempre stato dell’idea che nella vita bisogna osare e cogliere le occasioni che si incontrano.
Questo è un campo decisionale. Nella mente del nostro candidato queste informazioni girano come in un frullatore. Sono informazioni molto diverse fra di loro e difficili da mettere a confronto. In tutti questi casi, il candidato investe spesso molte energie a chiedersi “che cosa dovrei scegliere?”. Questa, però, non è la domanda giusta. Da consulenti, sarebbe importante accompagnarli a farsi prima di tutto un’altra domanda, che viene prima e che spesso viene poco considerata: ovvero “come, dovrei scegliere?”.
L’economia comportamentale ci dice che esistono tre modi, molto diversi tra loro, di giungere ad una scelta, si parla in termini tecnici di diversi “stili decisionali”. Quello che possiamo fare, da Head Hunter/consulenti, è aiutare i candidati a fare chiarezza, a capire come vogliono decidere se accettare o meno il nuovo posto di lavoro, qual è lo stile decisionale prevalente nella loro decisione e perché. Al contempo, risulta importante prendere consapevolezza delle barriere cognitive (bias), comportamentali e di consapevolezza che possono influenzare processi decisionali dei candidati e portarli a prendere decisioni non ottimali. Una volta comprese queste barriere, è possibile utilizzare le tecniche messe a disposizione dall'economia comportamentale (note come tecniche di “architettura delle scelte”) per guidare i candidati nel cambiamento.
Un esempio sono le tecniche di architettura delle scelte che forniscono ai recruiter gli strumenti per gestire al meglio l’interazione verbale con i candidati (parole, frasi, semplificazione della comunicazione, modalità di presentazione dei messaggi, gestione dei tempi, ecc.); un altro esempio sono i Nudge (tradotti in italiano come “pungoli” o “spinte gentili”), ovvero gli strumenti che possiamo mettere in campo per indirizzare e accompagnare le decisioni delle persone verso esiti migliori, modificando il contesto fisico in cui avviene la scelta.
2. Una case history: la nostra esperienza con aBetterPlace
Per apprendere le metodologie e le conoscenze di architettura delle scelte, da gennaio 2021 Reverse ha scelto di farsi accompagnare da aBetterPlace SRL Società Benefit, che si occupa di consulenza organizzativa applicando i principi messi a disposizione dalle scienze comportamentali. Grazie ad un percorso co-progettato insieme a Silvia Orlandini, People & Culture Manager, gli Head Hunter hanno compreso il processo decisionale dei candidati e quali siano gli elementi da tenere in considerazione per accompagnarli nell’affrontare il cambiamento. L’obiettivo principale di questo percorso è, infatti, quello di rendere i recruiters in grado di supportare i candidati nel valutare consapevolmente se cambiare o meno lavoro assicurandosi in questo modo che questa importante decisione risulti deliberata, e non affetta da bias. In questo modo le aziende clienti hanno l’opportunità di accogliere nei loro team persone davvero motivate al cambiamento.
Il percorso, che ha interessato diversi livelli di expertise lavorativa, è partito da un’iniziale formazione di base sui principi dell’economia comportamentale e sulla razionalità limitata umana e si è poi articolato in diversi workshop esperienziali focalizzati su come affrontare specifiche situazioni-tipo, sull'identificazione di “personas” utilizzando le “lenti” offerte dall'economia comportamentale e sulla sperimentazione di alcune tecniche di architettura delle scelte.
Sono state inoltre sviluppate brevi video-pillole di Nudging create ad hoc per i junior recruiter: in ogni puntata vengono spiegati un bias e una tecnica da applicare in modo semplice e fruibile anche dalle persone più junior. In questo modo gli Head Hunter di Reverse hanno appreso a fondo come il contesto di scelta molto spesso attivi errori comuni (bias), e hanno approfondito gli strumenti pratici utilizzabili quotidianamente nelle diverse situazioni che si trovano ad affrontare.
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3. L’esperienza di Reverse: parola alle nostre Senior Head Hunter Sara Bombardini e Marilisa Cappellano e a Silvia Orlandini, People and Culture Manager
Sara Bombardini, Delivery Manager in Reverse:
“Il nostro lavoro si traduce spesso in un gioco di ruolo, in cui è necessario sapersi mettere nei panni dell’altro, dei nostri candidati e delle aziende che seguiamo, nello specifico. E in questo gioco ci sono delle “carte” che si possono usare per aiutare le persone a capire quali siano le scelte migliori per il loro futuro professionale (e spesso anche di vita in generale). Il percorso con aBetterPlace ci ha fornito queste carte e ci ha insegnato a utilizzarle in modo consapevole ed efficace per migliorare costantemente, giorno dopo giorno, il nostro operato di consulenti.
Quello che abbiamo fatto è stato innanzitutto individuare delle specifiche tipologie di candidati e clienti, delle “personas”, per capire quali fossero le leve che muovono le loro indecisioni, le loro richieste, le loro necessità e i loro desideri. Per accompagnare efficacemente le decisioni delle persone è infatti indispensabile comprenderne le dinamiche e capire in che modo fanno (o non fanno) le loro scelte: ogni “persona” presenta uno stile decisionale prevalente su cui noi consulenti possiamo basare la nostra azione di aiuto.
Una volta compreso lo stile decisionale delle nostre personas, abbiamo iniziato a capire come usare le carte, ossia i Nudge, quelle “spinte gentili” con cui guidare le persone verso scelte di vita più consapevoli. Si tratta di progettare un Nudge Swarm, uno sciame di interventi pratici: per esempio aiutare il candidato a fare una check list dei vantaggi che potrebbe comportare fare un secondo colloquio oppure accettare un’offerta; portarlo a immaginare come sarà il suo futuro se prende una decisione piuttosto che un’altra; porgli l'esempio di persone che in passato si sono trovate nella sua stessa situazione decisionale e mostrargli dove le ha portate la loro scelta finale.
L’importante sarà sempre tenere in conto le componenti analitiche (legate al calcolo dei vantaggi e degli svantaggi), euristiche (le componenti "di pancia") e valoriali (legate ai principi e ai valori di ciascuno) di cui si compone ogni scelta, capire quale componente prevale nella persona che abbiamo davanti e scegliere i giusti nudge per affiancarla verso la decisione che ritiene più giusta per sé stessa.
Un percorso che è stato in grado di sorprendermi anche dopo anni di esperienza nella mia professione e di aggiungere al mio bagaglio nuovi strumenti per crescere in modo concreto come Head Hunter e come consulente.”
Marilisa Cappellano, Delivery Manager in Reverse:
“Porterò qui come esempio un caso reale che ho gestito e che abbiamo analizzato insieme aBetterPlace durante il percorso formativo. Andrea (nome fittizio ai fini della nostra storia) è un candidato brillante, che dopo un difficile iter di selezione è arrivato a ricevere l’offerta da parte dell'azienda. Ed è qui che ha cominciato improvvisamente ad essere titubante: ha chiesto nuove concessioni e ha tergiversato molto sulla decisione da prendere pur essendosi definito interessato fin da subito sia alla posizione proposta, sia all’azienda.
Cos’è successo? Per capirlo e per accompagnare e facilitare Andrea verso una decisione consapevole mi sono venute in aiuto le tecniche del Nudging.
Con le giuste domande di attivazione è emerso che la scelta di Andrea non era tanto guidata da logiche analitiche, ma che era mosso piuttosto da una componente valoriale che lo teneva legato al posto di lavoro precedente: non era quindi portato a un cambiamento e per lui era più giusto rimanere nel suo posto di lavoro attuale.
Il nostro compito di Head Hunter è quello di portare all’interno delle aziende che si affidano a noi candidati motivati, pronti al nuovo e a mettersi in gioco. Io e il mio team abbiamo accompagnato il candidato verso una scelta consapevole, verso la decisione più giusta per lui e questo ha permesso anche all’azienda di volgere l’attenzione su candidati più pronti al cambiamento.
Aver affiancato Andrea nel suo processo decisionale si è rivelata una vittoria per tutte le parti coinvolte.”
Silvia Orlandini, People and Culture Manager in Reverse:
“Se ci pensiamo, essere Head Hunter e consulenti significa essere "architetti delle decisioni", e per essere bravi “architetti” non si può essere “schiavi del fato”.
Nel mondo della ricerca e selezione si sentono tantissimo le parole “spero che quel candidato firmi”, “spero che all’azienda piaccia il candidato che gli presenterò”: i termini “speranza” e “fortuna” guidano molti Head Hunter.
Abbiamo voluto superare questo empasse e dare in mano ai nostri professionisti degli strumenti in più, delle tecniche per fronteggiare il fato ed essere appunto architetti delle scelte: oggi riescono a capire il pattern decisionale dell’interlocutore che si trovano di fronte, a fornirgli un nuovo punto di vista consapevole e ad accompagnarlo verso la scelta migliore per lui.
Non si tratta di stare davanti o dietro al candidato, ma piuttosto al suo fianco per supportarlo concretamente durante tutto il suo percorso decisionale.
I risultati non si stanno facendo attendere: implementare le tecniche di Nudging alle attività di ciascun Head Hunter sta portando loro esiti ottimi e tangibili sul lavoro e al contempo ci permette di rispondere con efficacia al nostro purpose: portare valore alle persone, sia internamente a Reverse che esternamente.”
4. Conclusioni. Attingere da altri reparti: una mossa vincente
Contaminazione: una parola che è sulla bocca di tutti ultimamente. Contaminazione di idee, di pensiero, di culture e di ambiti. E quando ci si apre a questa “contaminazione”, applicando le buone idee provenienti da altri settori al proprio, spesso il risultato è ottimale. Applicare all’ambito HR tecniche che hanno origine dall'economia comportamentale si è rivelato - e si sta tutt’ora rivelando - una mossa vincente, in grado di portare risultati sul breve e sul lungo periodo e di fornire agli Head Hunter gli strumenti per essere consulenti solidi, consapevoli e di valore per chi si affida a loro.
Allargare il proprio set di competenze si rivela ancora una volta strategico per il mondo delle Risorse Umane: uscire dalla propria comfort zone e aprirsi ad altri campi del business per rendere le proprie competenze sempre più trasversali è un’azione su cui è sempre valido scommettere.
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