Talent Manager

    La diplomazia è una dote innata o una competenza che si acquisisce? Lavori nelle HR e sai che la risposta, probabilmente, sta nel mezzo: ogni giorno ti misuri infatti con la necessità di trovare il modo migliore per soddisfare le esigenze della tua azienda incrociando i desideri del singolo. Accontentare l’una senza deludere l’altro non è solo questione di cosa si fa, ma anche di come lo si fa.

    Un destino simile al tuo è quello del talent manager: tesse relazioni di valore con gli artisti e gli influencer che rappresenta, perché si trasformino in rapporti strategici con le aziende. 

    Pur operando dietro le quinte, avete un ruolo indispensabile per la buona riuscita dei progetti ai quali lavorate. Sapete declinare la relazione virtuosamente e avete un’altissima capacità di problem solving: conoscete l’obiettivo e siete flessibili, ma autorevoli, nello scegliere di volta in volta il percorso giusto per arrivarci.

    L’intervista che segue è quindi tutta per te: buona lettura!


    Secondo un articolo pubblicato recentemente da NinjaMarketing, il valore complessivo dell’influencer marketing è più che raddoppiato dal 2019, passando da circa 6,5 miliardi $ a 13,8 miliardi $ in soli tre anni a livello globale.

    Niente di cui ci si possa stupire se si conoscono i movimenti di un mercato ancora giovane e in definizione, ma che è a tutti gli effetti una miniera d’oro – economica e di opportunità – tanto per gli influencer, quanto per le aziende che vi investono.

    Negli anni si sono formate figure professionali che, come dei veri e propri mediatori, rappresentano gli influencer (detti anche “talent”) e che sono in grado di metterli in contatto con le aziende, dando vita a progetti di marketing estremamente virtuosi.

    Per capire meglio le dinamiche di questo mercato e conoscere quali sono i professionisti che ne sono coinvolti, abbiamo intervistato Jolanda Restano che per chi lavora nel digital marketing è una sorta di nume tutelare. Ci facciamo raccontare da lei perché è così conosciuta e stimata.

     

    Jolanda, ci racconti come sei arrivata a occuparti di influencer management

    Agli inizi degli anni 2000 ho aperto un sito, Filastrocche.it, il cui target era quello di mamme, bambini e famiglie in generale. 

    Nel 2008 ho pensato di far crescere il progetto, trasformandolo in un vero e proprio business: è nata così FattoreMamma, un’agenzia di comunicazione con lo scopo di creare progetti dedicati alla community dei genitori e delle mamme in particolare. 

    Negli anni abbiamo accolto con entusiasmo l’evoluzione del mondo digital e siamo diventati (parlo al plurale perché insieme a me lavora un team affiatatissimo) anche una talent agency, rappresentando le blogger prima, le influencer poi.

    Posso dire senza incertezze che in 22 anni di attività nel mondo digitale non ho mai smesso di studiare e di voler capire non solo il mercato, ma anche le tendenze. 

    È una delle fatiche più gioiose che la mia vita professionale mi potesse riservare.

     

    Cosa significa fare la talent/influencer manager?

    Il prerequisito indispensabile per questo lavoro è essere sempre aggiornati. 

    Con il team dedichiamo quotidianamente parte del nostro tempo per individuare, osservare e seguire influencer – italiani e internazionali – sia sui social media che già conosciamo, sia su quelli in ascesa o più di nicchia. 

    La bellezza e la sfida del nostro lavoro è di essere sempre in evoluzione: se, per esempio, qualche anno fa la piattaforma di riferimento era per tutti Facebook, oggi ci si è spostati in massa su Instagram e stiamo assistendo a una progressiva e continua migrazione su TikTok.

    Nonostante la nostra agenzia rappresenti esclusivamente le mamme-influencer, il lavoro di ricerca e monitoraggio si estende anche a profili che si occupano di altre tematiche. 

    Il nostro obiettivo è infatti principalmente capire cosa succede “là fuori” e, magari, scovare nuovi format e nuove modalità di narrazione dei contenuti che facilmente ed efficacemente potrebbero essere importati nel mondo della genitorialità digitale.

    Non ci limitiamo infatti solo a rappresentare commercialmente le influencer, ma cerchiamo di dare loro suggerimenti e nuovi stimoli affinché possano declinare innovative modalità di storytelling nella loro attività quotidiana, incontrando i gusti e le preferenze delle loro community. 

    Se da una parte ci sono le influencer, dall’altra abbiamo i brand che, appunto, vogliono collaborare con le talent. Il nostro ruolo è di comprendere le esigenze delle aziende proponendo l’influencer migliore per trattare e creare determinati contenuti senza però snaturarne stile e modalità di comunicazione. 

    Un progetto di influencer marketing deve infatti essere win-win per tutti: l’azienda deve trovare il profilo giusto a cui affidare il suo messaggio di marketing e l’influencer deve adattare questo contenuto affinché non sia forzato, ma anzi armonicamente inserito nel suo flusso quotidiano. 

    Ci impegniamo quindi affinché ci sia una convergenza positiva tra ciò che vuole comunicare l’azienda e il modo in cui l’influencer vuole farlo.

     

    Quali sono le criticità che ti capita di affrontare nel rapporto con gli influencer e con le aziende?

    Nel rapporto con l’azienda ci capitano vari scenari, ma tipicamente riceviamo un brief di progetto che va poi declinato a seconda dell’influencer da coinvolgere.

    Spesso questo brief è però troppo aperto: se inizialmente può sembrare un vantaggio (hai pochi paletti, carta bianca su cosa e come farlo), il tempo e l’esperienza ci hanno insegnato che si tratta in realtà di una situazione non priva di insidie. 

    Dobbiamo considerare che quella dell’influencer marketing è una pratica relativamente giovane con benchmark di riferimento naturalmente limitati: molte aziende riescono quindi a capire ciò che davvero vogliono solo dopo aver visto “qualcosa”. 

    Questo significa, in parole povere, procedere per tentativi che, se da una parte è un meccanismo che tranquillizza l’azienda perché vede formarsi il suo progetto pezzettino per pezzettino, dall’altra ne dilata i tempi di realizzazione e rischia di innervosire l’influencer il cui lavoro è soggetto a numerosi rework e il cui feeling con l’attività tende ad affievolirsi.

    Per questo motivo cerchiamo sempre di “ingabbiare” brief troppo liberi in progetti più strutturati sin da principio: fungiamo quindi anche da consulenti per l’azienda che non è ancora abituata a gestire attività con gli influencer o che, al contrario, lo è ma che necessita comunque di un punto di vista esterno e allo stesso tempo focalizzato sulle potenzialità degli influencer da coinvolgere nell’operazione. 

    Un’altra criticità che ci tocca affrontare è quella delle “crisi” che in gergo digital vengono più comunemente definite “flame”. 

    Si tratta di quelle occasioni in cui a seguito della pubblicazione di un contenuto di un influencer si scatenano commenti denigratori, accusatori, offensivi (che siano di follower o di utenti in generale).

    Il nostro compito, in questi casi, è aiutare l’influencer a comprendere ciò che è successo, suggerendo la migliore modalità per “spegnere” gli attacchi e valutare in modo obiettivo ciò che è meglio fare per preservare le collaborazioni con i brand partner.

    A vincere non è mai un comportamento commercialmente aggressivo, quanto invece un’etica insindacabile.

     

    Ma parliamo anche delle soddisfazioni che raccogli dal tuo lavoro

    Chi mi conosce lo sa: quando lavoro mi diverto sempre e comunque. 

    La mia soddisfazione più grande sta proprio in questo: essere in grado di farmi una risata in ogni circostanza, per alleggerire anche le situazioni più pesanti. 

    E poi c’è la grande soddisfazione di poter dire di aver visto nascere e crescere il mondo digitale: ho iniziato questo lavoro quando tutto sembrava essere una scommessa e quando la maggior parte delle persone era certa che l’avrei persa. 

    È brutto dire “ve l’avevo detto”, ma, ammettiamolo, a volte rimettere i puntini sulle i aiuta a darsi i giusti meriti.

    Sono anche molto felice quando vedo crescere le influencer che lavorano con noi: spesso scegliamo profili “piccoli” e li affianchiamo in un percorso di miglioramento, sia in termini di qualità dei contenuti, sia di relazione con le community di riferimento.

     

    Stare dietro le quinte è un limite o un vantaggio per il lavoro che fai?

    A livello di “agenzia” va bene così: influencer e brand sono ovviamente estremamente consapevoli che la buona riuscita dei progetti dipende molto anche dalla nostra mediazione. 

    La presenza del talent management in un’attività di influencer marketing fa infatti comodo a tutti: le aziende hanno un interlocutore che fa quello di mestiere (e la maggior parte delle volte per più di un talent, azzerando così i tempi di costruzione della relazione con un numero troppo elevato di persone) e l’influencer, appoggiandosi a noi, ha l’unica responsabilità di realizzare i contenuti e mettere a terra la sua creatività. 

    A livello personale, invece, quando le nostre influencer ci ringraziano pubblicamente devo ammettere che mi fa molto piacere. 

    Non so dire se si tratta unicamente di vanità professionale, ma so per certo – e credo che sia un sentimento condiviso – che il riconoscimento è sempre estremamente gratificante.

     

    Quali sono le competenze che servono per fare questo lavoro?

    Anche se la relazione in questo lavoro è (quasi) tutto e anzi spesso il lavoro stesso si identifica con la qualità della relazione, ritengo che ci voglia anche altro.

    Innanzitutto una certa sensibilità verso il contenuto: non solo estetica, ma soprattutto funzionale. Per questo è necessario che ci siano alla base competenze di marketing e di comunicazione che diano la possibilità di comprendere quando un progetto funziona non solo perché “è bello”, ma perché arriva all’obiettivo.

    Nella costruzione della relazione con influencer e aziende è fondamentale mettere in campo l’ascolto e la comprensione.
    Una buona dose di diplomazia, poi, aiuta soprattutto nella delicatissima fase del problem solving: non salviamo vite umane come spesso ci è capitato di pensare (!), ma sappiamo che nel mondo della comunicazione piccoli ostacoli possono diventare montagne da dover scalare nel più breve tempo possibile. Gambe in spalla e sorriso sulle labbra, abbiamo il dovere di arrivare in cima disperdendo meno energie possibili.

     

    Quale pensi che sia il futuro di questo lavoro?

    Come tutte le professioni giovani, anche quelle legate all’influencer marketing devono ancora crescere. E lo faranno di sicuro nel corso dei prossimi anni (se non mesi): ce lo dicono i report previsionali, ma anche empiricamente possiamo confermare che l’attenzione delle aziende verso i social media e soprattutto verso influencer e content creator in generale è sempre più alta. 

    Per un’azienda scegliere l’influencer giusto vuol dire avere la certezza di comunicare a un target specifico, ovvero quello che si ha più necessità di coinvolgere, utilizzando un linguaggio, un tono di voce e un formato di contenuto perfettamente in linea con le sue necessità. 

    Il sogno del marketer che fu sta diventando realtà e io non potrei esserne più felice.

     


    6 professioniste che “lavorano dietro le quinte”, mettendo competenze e know how a disposizione di aziende e persone senza avere visibilità pubblica. 

    Leggi le loro storie:

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    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO