Ferie retribuite: storia di un diritto recente

    In un episodio della quarta stagione di Succession, la serie TV decretata quest’anno come la migliore mai finora prodotta, parlando di alcuni personaggi europei una delle protagoniste li definisce “ossessionati dalla vacanzomania”. 

    Il motivo è culturale visto che in Europa le “vacanze” (o le “ferie”) sono un’abitudine acquisita: spesso è proprio intorno ad esse che viene ridefinito il proprio calendario di impegni e sono, di conseguenza, frutto anche di una serie di importanti evoluzioni storiche.

    Se infatti oggi, nel 2023, ci godiamo, con sommo entusiasmo, le nostre agognate ferie lo facciamo perché ci viene concesso. E se ci viene concesso è perché – storicamente – è accaduto qualcosa che ci ha permesso di farlo.

    Quindi se mentre leggi questo articolo con la coda dell’occhio vedi quelle valigie che tra poco chiuderai per partire alla volta della tua meta estiva, dove trascorrerai le tue due canoniche settimane di ferie (retribuite), sappi che – e a parlare è la storia – sei un privilegiato.

     

    1. La genesi delle ferie retribuite: dalla Francia all'Italia, passando per l'esperimento tedesco
    2. La situazione in Italia e la situazione dell'esodo agostano
    3. Paese che vai, ferie retribuite che trovi: il caso USA

     

    1. La genesi delle ferie retribuite: dalla Francia all'Italia, passando per l'esperimento tedesco

    Per dare sostanza a quel che abbiamo affermato qui sopra e per capire anche il perché di quella battuta così tagliente inserita in una serie TV made in USA, occorre riavvolgere il nastro e raccontare la genesi delle ferie retribuite.

    Prima della rivoluzione industriale, quando la maggior parte del lavoro si svolgeva nei campi e si adattava quindi al trascorrere delle stagioni e alla loro caratteristiche, non era sicuramente una priorità fissare dei giorni di pausa – retribuiti o meno. Il break tra una fase di lavoro e un’altra era dettato dalle condizioni atmosferiche e dalle necessità di terra e colture.

    Si lavorava quando si doveva farlo e si riposava quando ciò era consentito. La remunerazione non comprendeva ovviamente i periodi di pausa, considerati normali – forse faremmo meglio a dire “naturali” – nell’ambito di una quotidianità che seguiva il ritmo delle stagioni.

    Le cose cambiano nel 1871 quando nel Regno Unito con il Bank Holiday Act vengono introdotte alcune giornate di vacanze pubbliche e precisamente 4 in Inghilterra e Galles e 3 in Scozia. 

    A beneficiarne erano solo i dipendenti delle banche, affinché potessero godersi e partecipare alle partite di cricket che si svolgevano proprio durante le festività nazionali, ed erano ancora lontane dall’essere considerate ferie (e retribuite per di più). Per chi poteva approfittarne, si trattava unicamente di giorni di pausa dal lavoro aggiuntivi rispetto alle domeniche, già considerate come non lavorative.

    Devono passare 50 anni perché faccia capolino, in Francia, il primo sistema di ferie retribuite: nel 1936 viene infatti promulgata una legge, detta di Matignon, che, oltre a introdurre la settimana lavorativa di 40 ore, prevedeva due settimane di ferie retribuite all’anno

    D’altra parte, come anche riportato in un articolo di Storica del National Geographic, i numerosi “scioperi gioiosi” (grèves joyeuses), che tennero banco dopo la vittoria del Fronte popolare del 1936 con l’occupazione di fabbriche e luoghi di lavoro, ebbero fine proprio con la firma degli accordi di Matignon.

    Per la cronaca è corretto citare anche un esperimento tedesco datato 1903 quando agli operai dei birrifici furono concessi tre giorni di ferie pagate all’anno che diventarono poi due/tre settimane, per circa due terzi dei lavoratori in Germania grazie ad alcuni accordi sindacali. 

    Non si trattava comunque ancora di un sistema di ferie retribuite così come ce lo intendiamo oggi.

     

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    2. La situazione in Italia e la nascita dell'esodo agostano 

    Iniziamo dai tempi più recenti: è il 2015 – quindi solo 8 anni fa – quando l’articolo 24 del decreto legislativo n. 151/2015 introduce un’importante novità nell’ambito delle ferie retribuite

    Viene infatti sancita la possibilità per il dipendente di un’azienda di donare – previo accordo sindacale – parte delle proprie ferie eccedenti (quindi oltre i 20 giorni concessi per legge) ai colleghi che ne abbiano maggior bisogno, magari per assistere minori o persone con disabilità.

    Ispirata alla legge francese Mathys, questa novità legislativa è già stata concretizzata varie volte, creando anche dei casi particolarmente notiziabili, proprio per la positività degli intenti.

    Al netto di questa importante e stimabile novità, quella delle ferie retribuite è però, in Italia, un’istituzione piuttosto recente. Tanto per avere un’unità di misura di riferimento, basta pensare che 100 anni fa il riposo dal lavoro non era ancora stato formalizzato da alcuna legge e, quindi, non era in alcun modo previsto.

    È infatti il 1927 quando la Carta del Lavoro introduce, in un articolo specifico, la possibilità per la quale, dopo un anno di lavoro ininterrotto, il prestatore d’opera possa avere diritto a un periodo feriale retribuito.

    Si perimetra meglio tutto quanto nel 1948 quando, all’articolo 36 della neonata Costituzione, si legge che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

    L’invenzione – chiamiamola così – delle ferie retribuite, almeno in Italia, è direttamente collegata anche alla storia delle vacanze così come ancora le intendiamo oggigiorno. 

    Se è vero che fu Ottaviano Augusto il primo a determinare un periodo di svago e di relax in periodo agostano (la festività del Ferragosto – conosciuta anche come feriae Augusti, proprio dal nome dell’imperatore - affonda quindi le sue origini in epoca romana), è altrettanto vero che gli anni ’50 e ’60 furono il contesto ideale per il boom delle vacanze di massa, settando dei cliché (gli esodi sulle autostrade nazionali, auto cariche di valigie di famiglie e così via) che hanno popolato il nostro immaginario collettivo e da cui il cinema ha tratto ispirazione a piene mani.

    Tornando a tempi più recenti, le attuali 4 settimane di ferie retribuite garantite per legge in Italia sono figlie di una decisione piuttosto recente, datata 2003, grazie al Decreto Legislativo n.66. A queste sono poi da aggiungersi i giorni di permesso, che possono andare da una a due settimane. 

    Fun fact: la Francia, che come abbiamo visto nel paragrafo precedente è stato il primo Paese a introdurre un vero sistema di ferie retribuite, garantisce attualmente ai suoi lavoratori ben 41 giorni di giorni di assenza all’anno, contro, appunto, i 28 italiani (festività nazionali incluse, in entrambi i casi).

     

    3. Paese che vai, ferie retribuite che trovi: il caso USA

    Abbiamo aperto questo articolo citando una battuta pronunciata in Succession dove – con un po’ di sarcasmo – si tacciavano gli europei come persone ossessionate dal loro stesso diritto alla vacanza.

    Come spesso accade il (pre)giudizio è anche in questo caso meramente culturale. Nonostante Canada e USA siano stati tra i primi Paesi a importare l’approccio delle Bank Holidays, promosso da UK già nel lontano 1871, le cose poi negli Stati Uniti hanno preso una piega più conservatrice.

    Gli USA sono infatti l’unico Paese dell’OCSE che non obbliga i datori di lavoro a garantire ferie retribuite per legge. Questo “buco normativo” lascia quindi libertà alle aziende di inserire o meno a contratto dei giorni di pausa – oltre alle Bank Holiday, ovviamente.

    Ciò nonostante la maggioranza delle organizzazioni statunitensi private - 3 su 4 - prevedono giorni di assenza retribuiti alle proprie persone, ma mediamente i giorni di ferie sono di molto inferiori a quelli assicurati dalle normative europee, oscillando tra i 10 e i 14. 

    Come raccontato anche in un interessante articolo de Il Post, la mancata possibilità di poter usufruire di giorni di pausa retribuiti, collegata a una convinzione culturale e sociale per la quale è il duro lavoro, indefesso e ininterrotto, a garantire una buona qualità di vita, ha portato gli americani a essere storicamente poco propensi alla vacanza, fatta eccezione per quella a “pochi km da casa” (alcuni studi rivelano che solo la metà del popolo USA possiede il passaporto).

    Non solo: secondo uno studio della U.S. Travel Association, il 55% dei lavoratori americani ha dichiarato di non usufruire di tutto il periodo “off” che gli viene garantito. I soldi che altrimenti verrebbero spesi per le proprie vacanze vengono risparmiati in nome di un ideale di vita ben lontano – evidentemente – da quello europeo per cui il viaggio e la scoperta fatti lontano da casa sono ormai un valore sociale.

     

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