Work Life Balance: consigli pratici per ottimizzarlo, anche da remoto

    In questo momento storico in cui è favorito il lavoro fuori dall'ufficio (vedi in proposito il nostro articolo sullo smartworking) il rapporto tra vita privata e lavorativa si fa più fluido. Approfondiamo il tema.

     

    1. L’era del Mega Direttore Galattico è finita

    Trovare un equilibrio soddisfacente tra le molteplici dimensioni che fanno parte della nostra vita è da sempre un problema segnalato da una gran schiera di professionisti.  Spesso, il tempo è percepito come una risorsa scarsa e la sensazione che prevale è che siano altri a gestirlo per noi, determinando a quali ambiti della nostra esistenza dovremmo dedicare più energie. 

    Tra i giovanissimi questo tema è ancora più sentito: forse perchè meno abituati alle regole, forse perchè ispirati dalle tendenze più moderne come quella dei nomadi digitali, sta di fatto che sono sempre più attenti a salvaguardare il proprio tempo libero e la propria serenità.

    E non si può certo dire che sia un male: un work life balance mal gestito può sembrare un vantaggio per l’azienda padronale vecchio stampo che crede di vincere sfruttando ogni minuto della vita dei propri collaboratori, ma è ormai chiaro a tutte le aziende che queste dinamiche di fantozziana memoria sono ormai obsolete e dannose.

    Dannose, non soltanto inutili. Infatti i Millennials, ovvero le persone che oggi hanno circa tra i 30 e i 40 anni, hanno già ben chiare le tematiche dell’employee engagement ed employee satisfaction, e sono molto ben informati sul welfare e sulle iniziative di realtà all’avanguardia finalizzate al benessere dei dipendenti. Prime su tutte:

    • Google, da sempre nota per l’attenzione maniacale al singolo;
    • Netflix, soprattutto dopo la pubblicazione del libro "L'unica regola è che non ci sono regole";
    • Patagonia, di cui si narrano vicende al limite del fiabesco come la possibilità di lasciare il computer in qualsiasi momento per prendere la tavola da surf e non perdersi l’onda perfetta.

    E’ chiaro quindi come non si possa pensare che persone cresciute con questa idea di azienda perfetta siano poi disponibili a timbrare quattro volte al giorno o eseguire ordini senza chiedere spiegazioni e coinvolgimento nella strategia.



    2. Lo smart working è utile per il work life balance ma non è la panacea di tutti i mali

    In molti casi effettivamente lo smart working regala piccoli grandi momenti di gioia ai collaboratori: 

    • pendolari che ora possono limitare a solo qualche giorno a settimana lo spreco di tempo, soldi ed energie dovuto ai trasferimenti;
    • persone domiciliate in luoghi remoti che oggi possono accedere a molte più offerte di lavoro non dovendo limitarsi alla propria zona;
    • genitori che hanno sensibilmente migliorato la propria organizzazione domestica;
    • “abitanti” di open space che ora possono trovare momenti di reale concentrazione lavorando da casa quando è necessario dedicarsi a lavori strategici non gestibili in mezzo al caos.

    Queste e molte altre situazioni sicuramente hanno beneficiato dell'introduzione dello smart working, ma sarebbe sbagliato segnalare solo i vantaggi di questa nuova modalità di lavoro. Abbiamo già visto in questo articolo alcuni dei rischi correlati.

    E’ emerso infatti che per molte persone lavorare da remoto è quasi un incubo

    Anche senza pensare ai periodi di chiusura delle scuole che abbiamo vissuto quest’anno e che speriamo di non vivere più, comunque la nuova gestione domestica non è stata immediata per tutti, e gli equilibri familiari si sono trovati completamente stravolti per vari aspetti: 

    - la gestione degli spazi, dato che non tutti hanno una stanza per ogni home worker;

    - la gestione dei pasti, pensando alle famiglie in cui prima quasi tutti pranzavano in ufficio;

    - la gestione dell’umore, per chi beneficia molto dell’ambiente aziendale;

    - la gestione del lavoro vero e proprio, soprattutto nelle aziende in cui non si è abituati a lavorare per obiettivi. 

     

    Quindi brutte notizie quindi per chi pensava di risolvere il tema della soddisfazione dei dipendenti accordando qualche giorno di smart working: non basta prevederlo ma è necessario anche gestirlo e accompagnare i collaboratori in questo nuovo mondo.

    E questa è una delle parti migliori del lavoro di chi si occupa di Risorse Umane :-)

     

    3. Gestire l’impatto psicologico dello smart working per un buon work life balance

    Il tema dell’impatto psicologico non viene affrontato con frequenza e forse è comprensibile data l’urgenza in molte aziende di gestire prima i problemi tecnici (collaboratori che non erano dotati di pc portatile, connessione a internet, accesso al server dall’esterno e molto altro) e organizzativi (mancata possibilità di monitorare il tempo passato alla scrivania, difficoltà nella gestione dei team, eccetera).

    Ma oggi che tutto ciò sta trovando una sua via di soluzione, per chi più per chi meno, è tempo di pensare a come salvaguardare il benessere degli home worker, i livelli di stress e la soddisfazione.

     


    Collaboratori da remoto? Ecco alcuni consigli per tenerli ingaggiati:

    New call-to-action


     

    Un esempio pratico: tra le principali novità portate dallo smart working c’è sicuramente la frequenza delle video call. Confrontarsi in video con collaboratori e team è tanto utile e pratico quanto fonte d'ansia per alcune persone, soprattutto per i più introversi, con conseguente calo delle performance.

    Ecco quindi che una buona gestione delle video call non si limita più all’organizzazione pratica di questi momenti, ma deve affrontare anche gli aspetti più evoluti.

    Oltreoceano c’è già molta letteratura sul tema; questi sono gli aspetti che riteniamo più strategici per iniziare ad accompagnare i propri collaboratori verso un work life balance corretto:

     

    3.1.  Esorta a prestare attenzione al "rito" e alla routine. 

    Per quanto gli spostamenti in macchina o con mezzi pubblici o il momento della timbratura siano tra gli aspetti più odiati delle vecchie routine lavorative, questi momenti rappresentano un rito in grado di costituire un confine netto tra casa e lavoro.

    Forse può sembrare un dettaglio non troppo importante, ma tantissimi professionisti traggono da quei momenti il necessario per fare il pieno di energia, entrare nel ruolo lavorativo e ottenere la giusta concentrazione e, tornando a casa,  porre fine alla giornata lavorativa e rivestire i panni di genitore, coniuge, partner, figlia/o, amica/o e quant’altro, lasciando in ufficio il lavoro.

    E’ fondamentale ricreare quelle pause e quei confini in casa. Come farlo?

    La volontà di trovare nuove forme per costituire quel rito, dopo averne accettato l’importanza, è l’elemento chiave. Una volta fatto questo primo passo di presa di coscienza, qualsiasi dettaglio può diventare quella routine che porta allo stacco. Ascoltare qualche minuto di musica, cambiare l’illuminazione, fare sport o anche solo una passeggiata vicino a casa, cambiarsi d‘abito: sono tutti esempi di piccole azioni di routine che aiutano a segnare il confine psicologico. L’obiettivo è definire una nuova transizione tra ciò che è casa e ciò che è lavoro. 

     

    3.2 Insegna a gestire il ritmo, lo spazio e il tempo.

    Pensa alla tua giornata di lavoro in ufficio: le pause caffè, i dialoghi tra colleghi, l’alternanza tra task leggeri o pesanti. Ogni professionista ha un suo ritmo di lavoro e le sue pause programmate per ricaricarsi dopo ogni performance.

    Riproporre questo schema a casa è fondamentale: e se a scandire le pause non può essere una buona conversazione o una risata tra colleghi, sicuramente qualche altra attività casalinga potrà venire in soccorso. Una boccata d’aria in terrazza dopo ogni video call, evitando di passare dall’una all’altra senza stacco, una telefonata ad un amico o familiare prima o dopo la gestione di un lavoro particolarmente impegnativo, il caffè accompagnato dalla lettura di un giornale e non davanti al pc continuando a lavorare. Tutti aspetti che sembrano da poco ma che invece contribuiscono in maniera fondamentale sul lungo periodo.

    Infatti nessun esaurimento nervoso sarà causato da qualche mese di lavoro indisciplinato, ma alla lunga lo stress e la mala gestione delle energie si fanno sentire pesantemente, sia per il lavoratore che per l’azienda di conseguenza.   

    Per quanto riguarda lo spazio, è essenziale creare una propria postazione di lavoro che aiuti a stabilire dei confini. Non per forza deve essere una stanza interamente dedicata al lavoro, ma solo un posto che il nostro inconscio associa al lavoro grazie a qualche dettaglio: mettere una tovaglia diversa sul tavolo della cucina quando lo si usa per lavorare e quando per mangiare può essere sufficiente per aiutare a stabilire i confini.

    Il tema del tempo è forse quello di cui si è parlato di più: sono già molti gli home worker che hanno realizzato di lavorare molte più ore da casa che dall’ufficio. Nulla di male nel fatto in sé: lavorare da casa richiede meno energie e quindi si tira qualche ora in più senza problemi, se lo si desidera. Quello che è importante è non lasciarsi travolgere perdendo cognizione. Delineare dei momenti “sacri” da dedicare alla famiglia, agli amici e soprattutto a se stessi è strategico. 



    3.3 Dai l’esempio

    È normale che qualsiasi manager o team leader sia visto dai suoi collaboratori come esempio da seguire nei propri comportamenti aziendali, e questa dinamica è ancora più netta nei periodi di cambiamento. Ecco perché farsi trovare impacciati in questa nuova dimensione lavorativa, sia pensando al remote working sia alle nuove dinamiche in generale, è il più grave errore da commettere per HR Manager e Manager di ogni area.

    Essere concreti promotori e sostenitori del cambiamento genera tutta quella serie di comportamenti positivi e tutte quelle nuove motivazioni che porteranno i collaboratori ad accettare il nuovo come una condizione di normalità.

    Un esempio concreto è la moderazione delle videochiamate: sta sicuramente al manager creare uno spazio in cui tutti siano ascoltati, assegnando regole precise di intervento, gestendo con attenzione i brainstorming -la principale causa di ansia sociale tra gli introversi-, e accertandosi che nessuno venga schiacciato dalla situazione limitando il suo potenziale.

     

    4. Conclusioni

    Analizzando questi aspetti è chiaro come il work life balance sia un processo in continua evoluzione, influenzato sia dagli aspetti personali come le fasi di vita, l’età, le motivazioni e i valori di ognuno, sia dagli aspetti sociali come l’avvento dello smart working. L’integrazione tra personale e professionale è in continuo cambiamento ed è uno dei temi strategici che ogni HR Manager e ogni azienda non deve mai sottovalutare per non soccombere nel business.

     


    Collaboratori da remoto? Ecco alcuni consigli per tenerli ingaggiati:

    New call-to-action

     

    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO