I 7 crucci dell’HR: come affrontarli e uscirne con i nervi saldi?

    Una cosa è certa: quando le relazioni umane sono la componente principale del proprio lavoro, il percorso professionale è estremamente affascinante ma anche ricco di insidie. E chi si occupa di Risorse Umane deve essere pronto a fronteggiare situazioni mutevoli e articolate ogni giorno. 

    Ma quali sono le problematiche che affliggono maggiormente l’HR Manager di oggi?

    Ne abbiamo individuate 7: sette crucci che impensieriscono quotidianamente l’HR eppure che, se guardati sotto la giusta prospettiva, non solo possono essere affrontati a testa alta ma sono anche motivo di crescita sia personale che professionale. 

    Li affronteremo uno per uno nei prossimi paragrafi, individuando possibili soluzioni per uscirne vittoriosi e con i nervi intatti. 

    1.  Il candidato che si dilegua: all’ultimo momento decide di non firmare l’offerta
    2.  La richiesta di un aumento di stipendio a cui si deve rispondere “no”
    3.  S.O.S. budget per il personale: fare più fatturato tagliando teste
    4. S.O.S.

      budget per la formazione: come far capire che è strategico investire sulle proprie risorse 


    5.  Il Line Manager che all’ultimo momento cambia idea sul candidato
    6. Come motivare le persone se i vertici non creano un clima positivo
    7. Il pettegolezzo: come gestirlo? 
    8. Conclusioni

     

    1. Il candidato che si dilegua: all'ultimo decide di non firmare l'offerta

    Ammettiamolo, quante volte è capitato ad ognuno di noi? E non è forse uno dei peggiori incubi per ogni HR Manager? Dopo un lungo iter di ricerca e selezione l’HR aveva finalmente identificato il candidato perfetto, l’aveva invitato a salire a bordo e attendeva con impazienza che posasse il piede sul ponte della nave. Ma all’ultimo, senza dare una precisa spiegazione, il candidato in questione ha deciso di non firmare e si è dileguato. 

    In questo caso la prima reazione spontanea sarebbe quella di vivere il rifiuto come una sconfitta. 

    Eppure non bisogna cadere in questa tentazione, ma anzi sfruttare a proprio favore anche l’eventualità più negativa. 

    Si aprono qui due scenari: da un lato c’è il candidato dal quale non ci si sarebbe mai aspettati un rifiuto improvviso; dall’altro invece ci sono quei candidati che avevano già fatto sospettare durante il processo di selezione che avrebbero potuto cambiare idea. 

    Inutile dire che la prima opzione sarà sempre la più scottante per qualunque HR Manager. Ma non tutto è perduto e anche in questo caso si può trarre qualcosa di positivo da un’apparente sconfitta. 

    Innanzitutto, la prima opzione da valutare è quella di richiedere un feedback reale al candidato: perché ha deciso di rifiutare la nostra proposta? Che cosa lo ha attratto nell’offerta di un’altra azienda? O ancora, perché dopo una lunga valutazione ha deciso di rimanere nell’azienda in cui già lavorava?

    Se l’HR riuscirà ad andare oltre le frasi di circostanza del candidato, scavando sotto la superficie e capendo le reali intenzioni che lo hanno spinto a rifiutare l’offerta, potrà fotografare i propri punti di forza e le proprie debolezze. 

    Si sta ormai diffondendo anche la pratica di svolgere delle brevi interviste telefoniche con i candidati che ci hanno dato un rifiuto in passato: li si contatta dopo qualche mese per chiedere loro un approfondimento sulla loro motivazione. Può anche essere un ente esterno all’azienda a condurre l’intervista, per ottenere maggiore sincerità. Solitamente i candidati si dimostrano disponibili e aperti nel dare feedback argomentati.

    Ricevere un feedback sincero e schietto, fornisce un ottimo spunto di riflessione per capire se la nostra Candidate experience e il nostro Employer Branding funzionano, oppure se si può modificare e oliare meglio qualche punto dell’ingranaggio. 

    Se invece il candidato aveva già fatto capire di essere indeciso durante la fase di selezione allora in questo caso una mancata firma non deve essere motivo di sconfitta per un HR Manager, anzi. Meglio una rinuncia prima che un abbandono dopo, quando la risorsa sarà già entrata in squadra. 



     

    2. La richiesta di un aumento di stipendio a cui si deve rispondere "no"

    Dare una risposta negativa ad una richiesta simile è sempre una questione molto delicata da affrontare, eppure spesso necessaria.

    Quando un collaboratore richiede un aumento di stipendio due cose sono fondamentali: i risultati raggiunti e il momento in cui si fa la richiesta. 

    Innanzitutto per poter accordare un incremento del contenuto della busta paga, l’HR Manager e la direzione dovranno avere dei dati obiettivi da valutare: dati che comprendono i risultati quantitativi e qualitativi ottenuti dalla propria risorsa, gli obiettivi raggiunti e i problemi affrontati e risolti. 

    La tempistica poi è fondamentale: può capitare che il collaboratore richieda un aumento in un periodo storico poco propizio per l’economia o il mercato della propria azienda. 

    Oppure al contrario, potrebbe essere un momento poco fruttuoso per il collaboratore stesso, che non ha brillato per performance e risultati e questo ovviamente può mettere in difficoltà l’HR Manager. 

    Compito dell’HR è aiutare il Line Manager a parlare con la sua risorsa, facendole comprendere che un no oggi potrebbe essere un sì domani. Si dovrà cercare di non svilire le speranze del collaboratore, ma al contrario alimentarne l’entusiasmo e spronarlo a raggiungere risultati migliori, dandogli fiducia. 

    E’ poi fondamentale valutare il mercato nel quale ci si sta muovendo: quante volte può capitare che il collaboratore richieda un aumento senza conoscere a fondo i livelli contrattuali standard previsti per il suo specifico ruolo? Niente panico, in questo caso l'esperienza dell’HR Manager può sicuramente venire in aiuto per sbrogliare il bandolo della matassa e aiutare il collaboratore a orientarsi sui parametri contrattuali conformi alla mansione svolta. 


    Oggi i rapporti tra HR e azienda stanno cambiando: l'HR non è più un'isola, ma può costruire relazioni efficaci con il resto delle risorse. 

    Come farlo? Leggi l'e-book:

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    3. S.O.S. budget per il personale: fare più fatturato tagliando teste

    Può capitare che dal vertice dell’azienda arrivi questa scomoda proposta: che fare?

    In questo caso l’HR Manager ha un doppio ruolo: quello di mediatore e quello di consulente per quanto riguarda la gestione del budget per le proprie risorse.

    Il tema è sicuramente tra i più delicati e richiede discrezione e raziocinio. 

    Spesso bisogna far comprendere che non sempre è necessario un taglio del personale, quanto piuttosto un cambio degli equilibri professionali all’interno dell’azienda per poter stare al passo con i tempi e rispondere alle nuove esigenze del mercato.  

    Secondo il “The Future of Jobs Report stilato dal World Economic Forum, il mondo del lavoro cambierà velocemente e radicalmente i suoi equilibri: nuove tecnologie e intelligenza artificiale porteranno al declino di 75 milioni di professioni, ma lasceranno spazio a 133 milioni di nuove posizioni lavorative, via via sempre più richieste in futuro. 

    Il compito dell’HR Manager sarà di sapiente mediatore grazie alla sua ampia esperienza di cosa sia più utile e richiesto dal mercato del lavoro. 

    Dovrà far comprendere ai vertici aziendali che spesso per poter traghettare la propria impresa verso un successo solido e sicuro, e quindi al tanto desiderato aumento del fatturato, il focus deve cambiare.

    Non sarà necessario un taglio netto del personale, quanto l’introduzione di figure che abbiano le skill necessarie alla trasformazione in atto e un upskilling e reskilling delle figure già presenti. 

    E qui si apre il quarto punto, il quarto cruccio dell’HR. 

     

    4. S.O.S. budget per la formazione: come far capire che è strategico investire sulle proprie risorse

    Come abbiamo già anticipato, la formazione è un’arma fondamentale che l’azienda può usare per rendere le sue risorse sempre più competenti e in grado di portare l’impresa verso il successo e l'agognato aumento del fatturato.  

    Purtroppo però possono capitare casi in cui i vertici dell’azienda abbiano una visione miope in merito ed è compito di chi si occupa di Risorse Umane intervenire, ancora una volta, da intermediario. 

    L’esperienza dell’HR potrà guidare l’impresa verso la consapevolezza che investire su una formazione mirata, un’operazione di upskilling e di reskilling delle risorse, è vantaggioso per l’intero meccanismo aziendale. 

    Investire sul capitale umano è uno dei modi più strategici di usare il budget aziendale, e questo l’HR lo sa bene

    Il passo successivo è farlo comprendere ai vertici aziendali quando sono restii a fornire il budget necessario per una formazione adeguata. 

    Esistono però alcune motivazioni su cui l’HR può far leva. Eccone alcune: 

    • Investire sulla formazione consente di assumere figure junior e poi di formarle internamente. In questo modo sarà possibile inserire profili meno costosi e poi insegnare loro le skill più utili per l’azienda, ottenendo risorse competenti sulle aree di maggior interesse per lo sviluppo aziendale. 

    • Secondo lo stesso principio, si possono assumere risorse con le soft skill più adatte ai propri valori aziendali e poi formarle in seguito sulle hard skill necessarie. Le soft skill sono infatti le più difficili da imparare, e se si trova il candidato che possiede quelle giuste è bene non farselo scappare. 
    • Lo sviluppo delle soft skill delle proprie risorse è  il terzo tipo di formazione su cui è bene investire.
      Sì è vero, abbiamo appena detto che formare le competenze soft è difficile, ma non è impossibile e sviluppare al massimo quelle delle proprie risorse procura un vantaggio notevole per le imprese. Spesso infatti le persone performano al meglio se aiutate a coltivare al massimo le loro soft skill. Si pensi per esempio a un team leader, molto forte tecnicamente: avrebbe la capacità di insegnare tanto ai membri del suo team, ma se le sue capacità di leadership non sono sufficientemente sviluppate potrebbe rallentare e disorientare l’intera squadra.
      Formare il leader aiuta tutto il team a raggiungere risultati esponenzialmente maggiori. 

    • La formazione delle figure tech è essenziale per un business che vuole prosperare oggi.
      In uno scenario in cui è difficilissimo trovare profili IT, non si può lesinare sulla loro formazione e sull’aggiornamento costante delle loro competenze. Senza un adeguato aggiornamento, infatti, non solo si rischierebbe che queste figure abbandonino l’azienda, ma anche che le loro skill diventino obsolete, a svantaggio dell’intera impresa.

    • La formazione stessa oggi sta cambiando: non è più esclusivamente frontale, ma sta diventando sempre più smart, digitale e interattiva.
      Oggi ci si può avvalere di piattaforme di e-learning, di video pillole e di formazione in micro team, senza paralizzare l’intera azienda per qualche ora o addirittura per qualche giorno.
      Tra le possibili soluzioni che si possono adottare c’è anche quella dell’auto-assessment: attraverso questa modalità è possibile individuare le lacune di ciascuna risorsa e capire come colmarle singolarmente.
      Il vantaggio per le aziende è quindi che possono permettersi di puntare su una formazione molto personalizzata, senza per forza dover contare su grossi investimenti iniziali e fermare per lungo tempo un intero settore o addirittura l’intera impresa. 

    • L' ultima leva è quella del feedback, in particolare del feedback digitale.
      Oggi il CEO non deve più investire una somma ingente sulla formazione senza capirne i risultati tangibili. Si può fare un percorso a step e prevedere una valutazione per ogni fase: grazie al feedback dei leader di chi sta ricevendo formazione e delle stesse risorse coinvolte, è possibile capire quanto sia utile il percorso di crescita che si sta affrontando e valutare se proseguirlo, interromperlo o modificarlo. 

     

    5. Il Line Manager che all’ultimo momento cambia idea sul candidato

    Cruccio fastidioso e di difficile risoluzione questo. Eppure capita più spesso di quanto si possa immaginare. Inutile dirlo, anche qui entrano in gioco la diplomazia e le capacità mediatiche dell’HR. In questo caso sarà di estrema utilità il dialogo: parlare con il Line Manager, ragionando insieme sulla motivazione che lo ha portato a respingere un candidato molto apprezzato invece durante tutto il processo di selezione. Compito dell’HR sarà quello di far riflettere su tutte le possibili soluzioni senza arrivare allo scontro.  

    E’ sempre più importante per l’HR in ogni sua area di intervento il dialogo costruttivo tra i diversi dipartimenti dell'azienda: è facile infatti che nelle strutture a silos in cui manca la comunicazione tra le parti si creino fraintendimenti e disaccordi. 

    Creare reti di collaborazione tra i vari dipartimenti aziendali è uno dei principi fondamentali della metodologia Agile oggi diffusa anche nel mondo HR. 

    Se però, nonostante tutto, non si dovesse trovare nessun accordo, anche qui, come sempre, l’HR Manager dovrà armarsi di pazienza e indagare sulle reali motivazioni che hanno portato la linea a prendere questa decisione per ricalibrare la propria ricerca. 

     

    6. Come motivare le persone se i vertici non creano un clima positivo

    Un vecchio detto dice: "Circondati di persone positive: saranno loro a spingerti verso grandi risultati."

    Far comprendere ai propri CEO che la positività genera positività e che i migliori risultati arriveranno da persone gratificate è un cruccio spesso scomodo e difficile da gestire, ma può rappresentare una delle sfide più interessanti per un HR Manager.

    Due sono le possibili leve su cui puntare in questo caso: 

    • Ricorrere all'empatia e all'ascolto per favorire l’accordo tra le parti. 
      All’interno della struttura aziendale l’HR ha la grande responsabilità di mettersi nei panni sia dei collaboratori che della direzione, ascoltare con attenzione i bisogni di entrambi e trovare un terreno comune, offrendo una soluzione che sia vantaggiosa per entrambi.
      Se è necessario motivare le risorse, il primo passo sarà quello di capire realmente le loro necessità per poi riferire ai vertici come poter ottenere collaboratori più entusiasti e gratificati.
    • Usare dati oggettivi per sostenere la propria tesi. Avvalersi di dati e non di opinioni che dimostrino in modo inequivocabile il vantaggio di creare un clima positivo potrebbe essere l’arma vincente per l’HR Manager. Evidenze concrete e inconfutabili che un ambiente lavorativo disteso favorisce il business attireranno sicuramente l’attenzione del CEO, che a quel punto non potrà non ascoltare. 

    Insomma l’HR dovrà essere un generatore di energie positive da un lato e un sapiente consulente dall’altro: una figura  indispensabile perché le richieste di ognuno non solo siano accolte, ma diventino una priorità.

    E quando il messaggio arriva ai vertici, la soddisfazione personale è tanta. 

     

    7. Il pettegolezzo: come gestirlo?

    Il pettegolezzo è un’erba insidiosa e, se non controllato, può minare irrimediabilmente le relazioni all’interno dell’ambiente lavorativo. 

    Un HR Manager che con il suo operato contribuisca a mantenere un clima di trasparenza, benessere e condivisione tra le mura aziendali è un potente valore aggiunto per la sua impresa. 

    In ogni caso è inevitabile che si generi un po' di pettegolezzo tra le mura aziendali, ma dato che la polemica tende ad autoalimentarsi, la soluzione sarà disinnescarla. 

    Si dovrà fare in modo che il fuoco non divampi piuttosto che cercare di spegnere l'incendio una volta che ormai si è diffuso.

    Non è semplice ma l'HR può farlo coinvolgendo i ruoli apicali e facendo in modo che siano loro i primi ambassador di positività e disinnescatori della polemica.

    Inoltre nella valutazione delle persone dovrà essere fatto un ragionamento importante sul mood che portano in azienda: chi alimenta comportamenti tossici deve essere allontanato, anche a fronte di buone performance.

    Stabilire un rapporto di lealtà e fiducia tra tutte le risorse sarà determinante per ottenere un’azienda sana e di successo. 

     

    8. Conclusioni

    Alla fine di questo excursus tra sette dei crucci che principalmente affliggono gli HR Manager oggi, possiamo concludere che chi si occupa di Risorse Umane sarà sempre un importantissimo mediatore nei processi di comunicazione interna. Questo è un valore determinante per la stabilità e la sana crescita di un’azienda e rende questa professione una delle più affascinanti, sfidanti e soddisfacenti che si possano incontrare all’interno di un impresa. 

    Da tenere a mente quando si teme di non riuscire a uscire con i nervi saldi da certe giornate!




    Oggi i rapporti tra HR e azienda stanno cambiando: l'HR non è più un'isola, ma può costruire relazioni efficaci con il resto delle risorse. 

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    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO