Il settore nazionale manifatturiero e della produzione industriale sta vivendo un periodo particolarmente roseo: nonostante le difficoltà ereditate dalla crisi pandemica e da uno scenario politico internazionale particolarmente incerto, i dati segnano una ripresa e un incremento che coinvolgono e influenzano di conseguenza anche i dipartimenti HR.
Con Silvia Fiori, Industry Leader in Reverse e Head Hunter specializzata nel settore Manufacturing&Industrial, proviamo a tracciare le linee dello stato dell’arte del mercato e delle conseguenti esigenze in termini HR.
Quali sono i punti di attenzione principali di un HR Manager che lavora in questo settore?
Smart e remote working sono tematiche critiche in questo settore. La produzione obbliga infatti alla presenza e l’HR in questo senso ha spesso necessità di separare il trattamento riservato alle funzioni di staff rispetto a quello previsto per chi lavora in produzione, appunto.
Da una parte si tratta di dover gestire eventuali malcontenti, dall’altra si sente forse l’esigenza di garantire a tutte le proprie persone un’equità di trattamento: per questo motivo molte aziende hanno lavorato su policy di uniformazione della relazione con i lavoratori, compresa la gratificazione economica e politiche di welfare e wellbeing.
Al netto delle esigenze quotidiane “standard” questo oggi è sicuramente uno dei nodi critici per l’HR Manager.
A questo proposito come si stanno muovendo le aziende - anche in termini di talent attraction - per far meglio digerire trattamenti diversi?
Gli incentivi economici sicuramente aiutano: molti la chiamano indennità di presenza, un modo per ringraziare da una parte e stimolare dall’altra chi non può fare a meno di “esserci” in un mondo che nella maggior parte dei casi sta andando nella direzione diametralmente opposta.
Al netto di questo è necessario che le aziende lavorino approfonditamente sulla comunicazione, sulla costruzione di un senso di appartenenza e, soprattutto, sul condividere in trasparenza che, almeno laddove la presenza è imprescindibile, si possano sperimentare nuove soluzioni.
Per spiegare meglio: anche qualora nel post-pandemico le mansioni non siano cambiate così tanto come in altri casi, è necessaria la comunicazione sulla necessaria presenza. Nulla può più essere dato per scontato.
In termini di talent attraction si punta molto sulla maggiore compensazione o comunque la proposta di benefit attrattivi e ingaggianti e, al netto di questi, anche su piani di sviluppo e di crescita chiari e condivisi sin da principio (soprattutto quando la presenza in uno stabilimento produttivo è imprescindibile dal proprio ruolo).
Quali sono le figure maggiormente richieste nel settore?
In generale sono richiesti profili la cui competenza tecnica specifica è molto alta: pensiamo per esempio a tutto quel che fa riferimento alla progettazione meccanica e all’industria 4.0 che richiede una forte connessione tra il mondo della meccanica/della chimica e quello dei software, ovvero una profonda integrazione tecnologica con il mondo della produzione.
In questo contesto esiste di fatto uno squilibrio tra domanda e offerta: il settore ha appunto bisogno di figure altamente competenti, ma il mercato ne offre meno del dovuto.
Esiste, a mio avviso, un vero e proprio gap tra output universitario e necessità del mondo del lavoro: le lauree ingegneristiche e informatiche necessarie in questo mercato offrono ancora pochi studenti al mondo del lavoro.
Per ovviare a questa mancanza le organizzazioni dovrebbero prevedere internamente dei piani strutturati di passaggio generazionale. Le persone con un expertise di lungo corso e un’alta competenza tecnica specifica devono poter accompagnare a bordo le leve più giovani.
A questo si aggiunge però spesso un tassello di complessità ulteriore: l’azienda richiede di sovente competenze nuove non già disponibili internamente e difficilmente reperibili fuori.
Le academy aziendali e i percorsi di formazione organizzati in collaborazione con scuole professionali pubbliche e private sono in questo senso un buon modo per plasmare (nell’accezione più positiva del termine) i talenti che si ha necessità di inserire in azienda.
Il bisogno di nuove e innovative competenze corre infatti molto più veloce delle possibilità di attendere che siano le scuole e le università a fare autonomamente una rivoluzione in questo senso.
Direttore di stabilimento, Direttore Operations, Production Planner, Responsabile di Produzione e Quality Manager sono alcuni dei profili più ricercati.
Lato Head Hunting cosa succede quando non si riesce in alcun modo a trovare la competenza richiesta?
Si cerca innanzitutto di fare un’analisi a quattro mani con l’azienda per verificare se effettivamente le competenze necessarie davvero non esistano o se invece è “semplicemente” necessario trasferirle o declinarle opportunamente.
Secondo la mia esperienza, l’inesistenza interna delle skill richieste è lo scenario che si concretizza più spesso: a questo punto si tenta la carta della ricerca internazionale per ampliare il "bacino di pesca" di profili altamente specializzati) e/o si alza la compensazione, oppure optando per una figura diversa rispetto a quella ipotizzata inizialmente, ma che può essere poi comunque utile al raggiungimento dell’obiettivo dell’organizzazione.
Quali sono le caratteristiche ideali di un candidato per questo settore?
Alla luce delle criticità di cui si è parlato poco sopra, la caratteristica imprescindibile di qualsiasi candidato per questo settore è sicuramente la flessibilità di dover (voler) imparare continuamente, slegandosi da approcci e modelli che, presto o tardi, diventeranno anacronistici.
Anche il candidato con esperienza deve mettersi nell’ottica di doversi aggiornare continuamente e di integrare le proprie competenze con quelle di lavoratori più giovani e freschi di formazione innovativa.
Quali pensi che sarà il futuro di questo settore e di conseguenza quali sono le caratteristiche che verranno richieste all’HR Manager?
Come succede in altri settori, anche il Manufacturing&Industrial verrà sempre più coinvolto nella crisi delle materie prime. In questo contesto l’HR avrà sempre maggiore necessità di una visione ampia e globale del mercato internazionale e non solo di dove effettivamente opera la sua azienda.
Una forte interazione con aziende e colleghi anche fuori dai propri confini nazionali potrà assicurare migliori e più efficaci processi di selezione e assunzione. Anche le PMI, storicamente legate unicamente al proprio territorio, devono cambiare punto di vista e farsi proattivamente parte di un meccanismo globale.
Alle volte credo sia necessario rivoluzionare il proprio approccio alla selezione: quando si trovano persone che sposano i valori aziendali e hanno un’attitudine in linea con la cultura organizzativa, allora la presenza o meno di competenze specifiche non sposta davvero l’asticella.
Meglio puntare sull’alto valore disponibile (come, per esempio, il valore umano dell’attitudine, la congruenza con valori e ambiente lavorativo) e trovare successivamente il modo per riempire il gap di competenze: il candidato che vale va assunto subito.
Vi sono aspetti su cui credo le aziende possano puntare, questioni non strettamente legate alla praticità della produzione, come per esempio la gradevolezza degli stabilimenti, ovvero i workplace di chi lavora in produzione.
Questo è un aspetto che i candidati iniziano a valutare sempre di più e la possibilità quindi di diventare una leva tanto per la talent attraction, quanto per la retention.
In un settore che cambia velocemente anche i parametri per il recruiting e l'Head Hunting stanno vivendo la rivoluzione.
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