RAL negli annunci di lavoro in Europa: la nostra indagine

    La nuova direttiva europea sulla parità salariale e sulla trasparenza retributiva approvata a fine marzo parla chiaro: entro i prossimi tre anni le aziende dovranno indicare la retribuzione lorda negli annunci di lavoro

    Tuttavia, ad oggi, la percentuale di imprese che specificano la RAL è ancora bassa, se non nulla. Lo dimostra l’indagine che abbiamo condotto su un campione di 200 annunci di lavoro in Italia, Francia, Germania e Spagna. 

    I confini del segreto salariale non sono ancora stati oltrepassati e la nuova era della trasparenza retributiva appare lontana. Dati alla mano, proviamo a capirne il motivo.

     

    1. Partiamo dall’inizio: i punti salienti della nuova direttiva 
    2. La nostra indagine: la parola a Daniele Bacchi e Federica Boarini, CEO e Head of International Development Reverse 
    3. Conclusioni: Roma non fu fatta in un giorno, e così neanche la trasparenza retributiva 

     

    1. Partiamo dall’inizio: i punti salienti della nuova direttiva

    Se non hai ancora letto il nostro articolo sulla RAL in cui abbiamo analizzato nel dettaglio la nuova normativa europea e le sue implicazioni, qui di seguito trovi un riassunto dei punti salienti. 

    Nel caso invece tu fossi già a conoscenza delle novità introdotte, puoi passare direttamente al prossimo paragrafo, dove entriamo nel vivo dell’indagine. 

    Partiamo dall’inizio: la scelta.

    Rendere la RAL obbligatoria negli annunci di lavoro è una decisione che si basa sul fatto che in Europa le donne, a parità di ruolo, guadagnano in media il 13% in meno degli uomini. Cosa che, in termini pensionistici, si traduce in un gap di quasi il 30%. 

    Le cause di questo divario sono molteplici, ma, sicuramente, anche il segreto retributivo non aiuta. 

    Le novità introdotte dalla nuova normativa europea non si limitano però alla sola indicazione della RAL. La legge, infatti, prevede anche il divieto per le aziende di chiedere ai candidati, in tutte le fasi della selezione, la RAL precedente.

    L’obiettivo? Evitare che diventi un benchmark di riferimento, con il rischio di mantenere gli stipendi in un range che comporta poi mancate crescite professionali. 

    Inoltre, le aziende europee devono fornire ai lavoratori informazioni trasparenti sui criteri utilizzati per stabilire stipendi e progressione di carriera

    Anche comunicare ai dipendenti il proprio salario individuale e il salario medio dei colleghi con ruoli simili diventa obbligatorio. 

    Ultima novità, ma non per importanza, le aziende con almeno 250 persone devono condividere i dettagli relativi al divario retributivo tra uomini e donne. Organizzazioni e amministrazioni pubbliche, allo stesso modo, devono dichiarare le proprie retribuzioni. 

    Se il divario supera il 5% la strada è una sola: rivalutare gli stipendi insieme ai rappresentanti dei dipendenti. 

    Il fine di questa scelta appare subito chiaro: garantire la parità retributiva. 

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    2. La nostra indagine: ricerca e risultati

    Ricapitolati i punti della direttiva, passiamo quindi al fulcro dell’articolo.  

    A tre mesi dalla messa in vigore della nuova normativa, in Reverse ci siamo posti una domanda: oggi quante sono le aziende europee che hanno accettato il cambiamento e seguono la direttiva? 

    E qual è la situazione nei diversi Paesi? 

    Per rispondere al quesito abbiamo condotto un’indagine utilizzando un campione rappresentativo di 200 annunci di lavoro pubblicati su LinkedIn. Tutti gli annunci presentano un livello di esperienza di mid-seniority. 

    Ne abbiamo analizzati 50 per ogni stato in cui operiamo: Italia, Germania, Francia e Spagna. 

    I risultati raccolti parlano chiaro: l’Estero, almeno in questo caso, non è un “passo avanti”all’Italia (come di solito accade). 

    L'analisi degli annunci presi a campione rivela infatti che: 

    • in Italia solo il 4% riporta la retribuzione;
    • in Spagna si registra la stessa percentuale italiana;
    • la Francia questa volta si dimostra la più virtuosa, con il 6% di annunci di lavoro che esplicitano la RAL. Una percentuale leggermente superiore rispetto ai due paesi precedenti. 
    • la Germania, forse contro ogni aspettativa, è il fanalino di coda. L’indicazione del salario non è presente in nessuno degli annunci analizzati in questo Paese.  

    Un’indagine che dimostra quanto il cambiamento di rotta voluto dalla normativa sia per ora di lenta applicazione e proceda quasi di pari passo in tutti i Paesi esaminati. 

    Così commenta Daniele Bacchi, CEO e Co-Founder Reverse: 

    Daniele Bacchi

    “In Italia, ci imbattiamo spesso nell’illusione che l’erba sia sempre più verde altrove, soprattutto in ambito economico e lavorativo. Ma la realtà dei fatti appare differente e la nostra visione si rivela spesso distorta. 

    Con questa indagine abbiamo voluto dimostrare, attraverso dati obiettivi, che la trasparenza salariale è una questione delicata e importante che coinvolge tutta l’Europa e non solo il nostro Paese.”

     

    Salta subito all'occhio poi un’altra questione: perché la Germania ha registrato uno 0% degli annunci di lavoro riportanti la RAL?

    A rispondere a questa domanda è Federica Boarini, Head of International Development in Reverse. 

    Federica Boarini

    “Non sono sorpresa di scoprire che in Germania la percentuale sia dello 0%. 

    È un Paese con una cultura che presenta notevoli difficoltà ad accettare il cambiamento, oltre che a rendere pubblici dati come gli stipendi. Inoltre, penso che ciò sia correlato anche allo stato dell’arte del mercato del lavoro e alla grande difficoltà di trovare profili adeguati.

    Mi spiego meglio: se le aziende pubblicassero un annuncio con una retribuzione non perfettamente allineata al mercato, le opportunità di trovare personale si ridurrebbero ulteriormente. 

    In Germania, non è comune chiedere ai candidati la loro attuale retribuzione, ma piuttosto la retribuzione desiderata, che diventa la base per le negoziazioni contrattuali. In Italia, al contrario, è molto più comune domandare la retribuzione attuale e poi contrattare un aumento rispetto a quest’ultima.”

    La diversità culturale che caratterizza i diversi Paesi europei ne rispecchia anche le differenze nell’applicazione della normativa. 

     

     

    3. Conclusioni: Roma non fu fatta in un giorno, e così neanche la trasparenza retributiva 

    Che la nuova direttiva europea rappresenti un importante passo avanti nel garantire equità nelle retribuzioni è chiaro a tutti. Tuttavia, i risultati della nostra indagine evidenziano che siamo ancora lontani dall’ottenere una piena trasparenza

    Se volessimo usare una metafora, questa è quella che potremmo scegliere. 

    Come un linguaggio straniero, le aziende europee stanno imparando parole e grammatiche di questa nuova normativa per riuscire a comprendere a pieno il cambiamento e renderlo parte integrante delle loro realtà. 

    La strada è ancora lunga ma, come sottolineato nel titolo, non basta un giorno (o tre mesi) per fare Roma, e nemmeno per entrare nell’era della piena trasparenza retributiva.

     

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    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO