Newsletter interna aziendale: a cosa serve e perché farla

    Definire la comunicazione come un’arma può essere fuorviante, ma di sicuro aiuta a comprenderne la potenza. Se volessimo cambiare similitudine e sceglierne una più gentile, potremmo immaginarci chi si occupa professionalmente di comunicazione come un pittore che ha tra le sue mani un’immensa tavolozza di colori, tanti quante sono le sfumature della parola “comunicare”. 

    In questo modo possiamo pensare agli strumenti di comunicazione come a tele dipinte: la base rimane sempre la stessa (ovvero mettere in contatto qualcuno con qualcun altro condividendo uno o più messaggi), ma le modalità attraverso le quali poterlo fare variano un numero indefinito di volte

    Ci sono spesso dei format da seguire (immaginali come quei libri da colorare, dove i contorni dei disegni sono già definiti in partenza) e altrettanto spesso fogli bianchi da riempire a piacimento. In un caso o nell’altro nulla è mai certo: combinazione di colori e soggetto detteranno la percezione che le persone avranno di ciò che si sta guardando che a sua volta varierà proprio a seconda del “target” coinvolto.

    E niente è più vero quando facciamo atterrare questa metafora nell’ambito della comunicazione aziendale interna e, in particolare, della newsletter a uso e consumo dei lavoratori di un’azienda. 

    Non esiste un modo univoco per costruire una newsletter interna che funzioni, ma ci sono accortezze da tenere in considerazione per rendere uno strumento apparentemente semplice da gestire (ma che in realtà può rivelarsi estremamente complesso), una vera e propria leva strategica, soprattutto per chi lavora nelle HR come te.

    1. Premessa: come fare comunicazione interna oggi
    2. A cosa serve una newsletter interna 
    3. Come scrivere una newsletter interna
    4. Conclusioni 

     

    1. Premessa: come fare comunicazione interna oggi

    Negli ultimi mesi su questo blog abbiamo parlato spessissimo di Talent Acquisition, così come di Talent Retention. Anche a causa del fenomeno della Great Resignation che sta coinvolgendo molte aziende e, più in generale, molti Paesi nel mondo, ci si sta rendendo conto che attirare le persone “giuste” in azienda non è più importante che trovare il modo di non farle fuggire.

    Lo strumento migliore che le organizzazioni – e in particolare chi lavora nell’HR – hanno dalla loro parte è quello dell’ascolto che poi altro non è se non una delle fasi della comunicazione (ed ecco quindi che la nostra lunga premessa torna a esserci di sostegno).

    Ascoltare, quindi comprendere e di conseguenza trattare strategicamente le esigenze dei lavoratori è una delle leve necessarie per un’efficace gestione delle Risorse Umane, indipendentemente dall’azienda che si sta considerando.

    Va da sé che quello della comunicazione interna è un approccio che le HR dovrebbero gestire quanto più puntualmente e strategicamente possibile per tenere un canale di confronto aperto e “schietto” tra la struttura manageriale dell’azienda e le persone che vi lavorano.

    Articolabili in 7 step, come spiega bene qui David Grossman, consulente di comunicazione interna di alcune grandi aziende americane, tra cui McDonald’s, Amazon e Microsoft, i pilastri su cui si basa una buona comunicazione interna sono però quattro:

     

    • la forma del contenuto: ogni messaggio è prima di tutto il suo contenuto ma è anche molto più di questo.
      Saper gestire efficacemente un’attività di comunicazione significa dare ai messaggi che la compongono la forma che si pensa possa essere più gradevole ed efficace per chi li riceverà. Non si tratta di imbrogliare, ma solo di scegliere il modo migliore per veicolare un messaggio;
    • l’obiettivo: a quale risultato si vuole giungere attraverso il messaggio che si è condiviso?
      La consapevolezza circa gli obiettivi di comunicazione è spesso ancora più importante delle sue stesse forme.
      Può sembrare banale ma non lo è affatto: come molte aziende che si affacciano alle attività di marketing segnalano come obiettivo quello di voler vendere di più e si sentono rispondere che non è un obiettivo valido, allo stesso modo chi si occupa di Risorse Umane non può fermarsi ad un obiettivo vago e generico, ma deve chiarire quale azione del suo pubblico lo renderà soddisfatto, e con quale numero monitorerà il raggiungimento di questa azione (“voglio dipendenti più soddisfatti” non vale. Quando li ritieni soddisfatti? Come monitori il raggiungimento di questa soddisfazione?); 
    • la relazione: la comunicazione influenza la relazione che si crea tra mittente e destinatario. L’obiettivo del messaggio e la sua forma determinano la percezione che l’uno avrà dell’altro. La comunicazione, in pratica, serve per creare una relazione che però è già predeterminata dall’impressione che gli interlocutori hanno vicendevolmente prima ancora di essersi messi in contatto.
    • e, come già anticipato poco sopra, l’ascolto.

     

    Belle parole, vero? Sì, ma forse ancora un po’ vaghe. Così, lungi dal farla diventare una sorta di mostro a tre teste di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai visto, vediamo di capire cosa si intende – davvero e concretamente - per comunicazione interna

    Didascalicamente: la comunicazione interna è quell’insieme di attività della comunicazione che ha come target di riferimento la sola popolazione aziendale e che ha lo scopo di diffondere informazioni, conoscenze, news e valori sull’organizzazione ma anche, nel contempo, di permettere la creazione di relazioni tra le persone proprio grazie a questi flussi di sapere.

    Concretamente: la comunicazione interna consente all’azienda di trasformarsi da entità astratta e complessa a interlocutore reale e dai chiari intenti. Permette di ridurre la complessità favorendo la relazione tra le persone e i contenuti aziendali e, di conseguenza, tra le persone stesse. 

    La creazione dell’engagement è fondamentale per assicurare una buona riuscita delle attività di comunicazione interna e, in particolare, per far sentire i lavoratori parte attiva di un ecosistema che è sì complesso, ma che non li trascura.

    Per tutti questi motivi risulta chiaro che la comunicazione interna sia soprattutto un “affaire” dell’HR, col supporto prezioso del marketing, e i cui strumenti, newsletter interna inclusa, possano essere utili in particolare per:

     

    • la retention dei talenti, come si diceva poco sopra;
    • il rafforzamento della collaborazione, visto che una comunicazione fluida e un canale di contatto aperto e trasparente favoriscono la produttività, intesa anche come risultato di una soddisfazione individuale sul luogo di lavoro;
    • la condivisione della cultura aziendale, innanzitutto internamente, ossia facendo sentire le persone davvero parte di un ecosistema in cui sono comprese e ascoltate affinché questo mood positivo venga poi portato anche all’esterno dell’azienda stessa, considerando che i lavoratori possono essere i migliori ambassador della loro stessa organizzazione.

     

    Capito come si articola una buona strategia di comunicazione interna e quali sono alcuni degli obiettivi che è auspicabile raggiungere, è ora necessario far atterrare tutto questo nella realtà. Ovvero rendere concreto tutto ciò di cui si è parlato, sfruttando alcuni strumenti adatti allo scopo. Uno di questi è, appunto, la newsletter interna che indaghiamo meglio nei paragrafi che seguono.

     


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    2. A cosa serve una newsletter interna 

    Quando si parla di comunicazione interna e, di conseguenza, degli strumenti utilizzabili per compierne le attività, non è raro imbattersi nella necessità di classificare innanzitutto i metodi attraverso i quali un’azienda può collegarsi ai suoi lavoratori, che possono essere strutturati o non strutturati.

    Partiamo dai secondi: si considerano “unstructured” tutti quei metodi che permettono alle persone di condividere messaggi (o contenuti) senza che questi debbano per forza essere circoscritti all’interno di una struttura, appunto. 

    Per esempio, una piattaforma social “interna” permette di fatto a chiunque (interno all’azienda) di pubblicare post e di commentarne altri e, soprattutto, si basa per sua natura su una fruizione libera (ci si collega quando si vuole e, quando si vuole, – quindi senza alcuna regolarità di frequenza – si interagisce con i contenuti già esistenti o creandone di nuovi).

    In un’epoca di overload di informazioni e soprattutto di caos informativo (i contenuti sono ovunque ed è complesso ordinarli e dare loro delle priorità) questi metodi rischiano spesso di aggiungere confusione al disordine, finendo per essere poco o per niente utilizzati. Molte aziende li hanno integrati con successo, ma molte altre preferiscono canali più organizzati;

    Arriviamo quindi a parlare dei metodi “structured”, cioè quelle attività di comunicazione interna che “mettono in fila” i messaggi includendoli in una struttura – appunto – facilmente accessibile dalle persone dell’azienda. 

    La presenza di un metodo strutturato non esclude la possibilità di uno non-strutturato: anzi, una strategia di comunicazione che implichi un mix di metodologie risulta essere sempre più (con)vincente di una che preveda invece solo una delle due.

    La newsletter interna è, senza ombra di dubbio, una metodologia strutturata che serve per riunire in un unico luogo facilmente accessibile tutte le informazioni, le news e le leve di comunicazione utili a un’azienda per allineare, coinvolgere e stimolare le proprie persone.

    Vediamo di capire, più nel dettaglio, quali possono essere alcuni dei benefit derivanti dall’introduzione strategica della newsletter interna nella propria azienda

     

    • aumentare l’employee engagement: il primo passo per sentirsi coinvolti è essere informati.
      Rispetto ai metodi non strutturati ai quali si accennava poco sopra, la newsletter “obbliga” (in senso positivo) a prendersi del tempo per scorrerla prima e leggerla con attenzione poi.
      Le notizie sono tutte lì, una di seguito all’altra, già ordinate e filtrate. Quando è scritta “bene” (ti diamo qualche consiglio su come strutturarla nell’ultimo paragrafo dell’articolo) la newsletter riesce a diventare una piacevole routine;

    • diminuire il volume di e-mail: inviate quando si considera la questione dal punto di vista “manageriale” e ricevute quando invece la prospettiva è quella dei lavoratori. La newsletter permette infatti di raggruppare in un unico luogo virtuale una serie di informazioni ed elementi che altrimenti sarebbero stati l’oggetto di altrettante comunicazioni. Questo avrebbe da una parte disperso l’attenzione dei destinatari e, dall’altra, obbligato i mittenti a un’attività “spalmata” nel tempo, e per questo più invasiva;

    • costruire un rapporto di fiducia tra la struttura apicale dell’azienda e i lavoratori attraverso uno scambio di comunicazioni trasparente che includa quindi non solo successi, ma anche limiti ed eventuali flop dell’organizzazione. Per sua natura, inoltre, l’approccio long-form della newsletter riesce a instaurare una relazione fiduciaria meglio di quanto faccia il formato mordi-e-fuggi tipico dei social media;

    • migliorare la cultura aziendale: la newsletter, più di qualsiasi altro formato di comunicazione, riesce a far sentire chi la legge parte di un grande ecosistema.
      Questo è uno dei principi cardine della cultura aziendale che, al di là dei singoli valori che la compongono, si basa soprattutto sul senso di community e di condivisione che si instaura tra le persone e l’azienda e tra le persone stesse;
    • fornire assist di comunicazione “esterna”, ossia dare degli appigli di conversazione ai propri lavoratori quando parlano dell’azienda al di fuori di essa.
      È ovviamente impossibile – e sarebbe anche ingiusto – controllare ciò che le persone dicono del posto in cui lavorano. Ma è però possibile mettere sul tavolo argomenti che riescano a dare dell’organizzazione un’immagine adeguata e coerente con ciò che è nella realtà anche quando la comunicazione è eterodiretta;

    • condividere informazioni su policy e sicurezza aziendali: stabilito che la newsletter interna gode di un’attenzione maggiore rispetto a un altro tipo di messaggi, è chiaramente uno strumento utile per inviare comunicazioni necessarie, ma per loro natura percepite come noiose;

    • celebrare risultati aziendali e individuali: le persone performano meglio quando si sentono apprezzate.
      Condividere all’interno della newsletter i traguardi raggiunti tanto dai team, quanto dai loro singoli componenti è un ottimo modo per far sentire le persone al centro di un progetto aziendale di più ampio respiro rispetto alle proprie specifiche responsabilità. 

    I benefici possono ovviamente essere ancora di più: molto dipende dall’organizzazione e soprattutto da come la newsletter viene impostata, sia dal punto di vista prettamente editoriale, sia da quello legato ai formati di contenuto.

    Nel paragrafo che segue cerchiamo di darti qualche suggerimento su come impostare prima e scrivere poi una newsletter interna, consigli che facilmente potrai declinare all’interno della tua azienda e soprattutto gestire in base ai temi sui quali ti focalizzerai.

     

    3. Come scrivere una newsletter interna

    Una delle ansie più frequenti di chi scrive è riempire una pagina bianca. L’incertezza ha fatto più vittime dell’eccessiva consapevolezza, ma la buona notizia è che esiste una via di mezzo, ovvero una modalità di impostazione dei contenuti, tanto nel breve quanto nel lungo periodo, che scongiura l’imbarazzo di non sapere cosa e come scriverlo.

     

    3.1 Definire il piano editoriale

    La parola magica che ci viene in soccorso ogni volta che dobbiamo organizzare un’attività di comunicazione aziendale scritta è “piano editoriale”, ossia una chiara definizione degli argomenti da trattare, opportunamente suddivisi per macro-temi di riferimento e inseriti poi all’interno di un calendario che ne scandisca le uscite.

    Il piano editoriale, in gergo chiamato PED, ci aiuta quindi a stabilire quali dovranno essere i contenuti della nostra newsletter e soprattutto quanto spazio dare a ciascuno di loro nel corso dei mesi.

    Ogni organizzazione, come dicevamo qualche riga più in su, ha le sue necessità e caratteristiche e, di conseguenza, i propri temi di riferimento. 

    È però possibile rintracciare all’interno delle newsletter interne alcuni argomenti che si ripetono – organizzazione dopo organizzazione - con una certa frequenza. Tra questi possono esserci:

    • informazioni sui nuovi prodotti o servizi messi sul mercato dall’azienda;
    • traguardi aziendali, di team o individuali;
    • contenuti terzi, ossia informazioni, news e approfondimenti sul contesto di riferimento dell’azienda, ma non scritti dall’azienda stessa (possono essere trend di mercato, innovazioni di settore, studi, ricerche e report);
    • riflessioni, commenti e opinioni delle figure apicali dell’azienda;
    • ogni informazione di servizio aziendale: dai cambiamenti gerarchici ai nuovi ingressi; dalle nuove convenzioni aziendali ai benefit continuativi per i lavoratori, compresa la possibilità della formazione, per esempio; 
    • storie dei dipendenti;
    • eventi aziendali.

     

    3.2 Costruire i contenuti 

    Definito il piano editoriale è poi necessario metterlo a terra, che nel nostro caso significa inserire i singoli contenuti all’interno di una struttura tanto tecnica quanto visuale (il cosiddetto layout):

    Il layout è utile non solo per l’organizzazione estetica dei contenuti, ma anche per quella editoriale

    Posto che scelto un formato questo dovrà essere mantenuto nel lungo periodo, al netto di ogni eventuale miglioramento o rinnovamento dettato dal passare del tempo, è giusto considerare che l’impatto grafico guida anche la scrittura del contenuto

    Per fare un esempio banale: se il template della newsletter che abbiamo scelto prevede che ci sia spazio per immagini molto grandi, ma per poche righe di testo, sarà per noi necessario avere a disposizione un database fotografico importante (e di valore) ed eventualmente un sito/piattaforma/landing page sui quali far atterrare le persone che avranno bisogno di approfondire quanto condiviso dalle brevi didascalie di accompagnamento. 

    Un’ipotesi come questa appena descritta non tiene conto che il tasso di abbandono di un testo che non è immediatamente leggibile – ovvero che necessita di un passaggio altrove per poter essere completamente compreso – risulta sempre estremamente più alto rispetto a uno che “fa il suo” entro i propri stessi confini.

     

    3.3 Inviare la newsletter con l'aiuto di tools specifici

     Gli strumenti per l’invio delle newsletter, come MailUp e Mailchimp tanto per citarne solo due, consentono, oltre all’organizzazione dei contatti, anche di scegliere tra svariati template da personalizzare, con l’obiettivo di optare per quello più vicino possibile alle esigenze di comunicazione dell’azienda.

     

    3.4 Definire il Tone of Voice  

    Last but not least, è importantissimo definire il tono di voce di tutti i contenuti condivisi. Per capire qual è la modalità di approccio ai testi migliore conviene innanzitutto fare un’analisi del (o dei) tono di voce che l’azienda solitamente utilizza per parlare ai suoi lavoratori, ma anche ai suoi clienti. Un’organizzazione che predilige un tov (tone of voice) prettamente informale quando deve rivolgersi all’esterno, difficilmente opterà per un tono formale quando dovrà parlare ai suoi dipendenti. E lo stesso, volendo, vale anche per il contrario.

    Definire il proprio tono di voce interno è anche un modo per farsi una sorta di esame di coscienza e capire se il come aver detto le cose fino a quel momento stesse davvero rispecchiando natura e caratteristiche dell’azienda

    Le risposte che troverai potranno stupirti ma saranno in ogni caso leve importanti per impostare un racconto virtuoso ed efficace.

     

    4. Conclusioni 

    Nel mercato del lavoro di oggi i candidati e i collaboratori sono da considerare sempre più alla stregua di clienti interni dell'azienda, quindi, esattamente come per i clienti esterni, anche per loro è fondamentale definire un piano di comunicazione specifico.

    La creazione di una newsletter interna pensata ad hoc è lo specchio di una società che sta cambiando e in cui l'attenzione per le proprie risorse sta diventando un tema sempre più centrale in ogni impresa.  

    Il tuo ruolo da HR Manager di conseguenza si arricchisce ogni giorno, diventando sempre più complesso e strategico: in questo articolo speriamo di averti fornito qualche strumento utile per aggiungere un ulteriore tassello a quel puzzle vastissimo ed estremamente affascinante che è il tuo mestiere. 


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    Alessandro Raguseo, CEO