"La Logistica di tutti i giorni ": questo il titolo dell'evento organizzato da Il Sole 24 Ore sul futuro del settore Logistics e a cui abbiamo partecipato per riportarti quanto emerso.
In questo articolo abbiamo raccolto i principali highlights utili per un HR che operi in questa industry.
Parleremo di come entrare a pieno titolo nel futuro del settore:
- cambiando i processi;
- digitalizzando l'azienda e formando le sue risorse;
- trovando la giusta flessibilità nella gestione dell'organizzazione e delle sue persone.
Concluderemo poi con un consiglio di lettura che, soprattutto se operi nel settore, potrebbe solleticare la tua curiosità.
Non perdiamoci in ulteriori indugi, iniziamo!
- Logistics: riorganizzare la sostanza
- Digitalizzare il settore
- Flessibilità: dei processi e della gestione dei collaboratori
- Un consiglio di lettura
1. Logistics: riorganizzare la sostanza
"La capacità infinita delle persone è finita." Marco Melacini, Direttore Scientifico Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet”.
Partiamo con una frase d'effetto ma che fotografa perfettamente la situazione come vedremo in questo paragrafo: oggi il settore della Logistica sta affrontando una carenza di personale e questo, come analizzeremo, richiede una riorganizzazione dei processi.
Ma facciamo un passo indietro, ricapitolando un quadro che, se operi da tempo in questa industry, non ti risulterà del tutto nuovo.
Nella logistica esistono diverse tipologie di aziende ognuna con un forte livello di specializzazione. Queste aziende costituiscono una supply chain, una filiera, che produce e vende servizi non solo alla committenza ma anche alle stesse altre aziende della filiera.
Anche per i grandi gruppi è infatti molto difficile essere specializzati verticalmente in tutte le attività che compongono il processo logistico e quindi è indispensabile una specializzazione strutturale, cioè che ognuno abbia un ruolo ben specifico nella catena della filiera.
La collaborazione orizzontale tra gli operatori specifici della logistica rientra nel DNA stesso del settore, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale.
Un modello costituitosi negli anni ‘90 classifica gli operatori logistici in base:
- alle aree geografiche che la loro attività va a coprire
- i settori che questa attività coinvolge
- il livello di integrazione verticale dell’attività (ciò di cui si parlava sopra)
- se le aziende sono no asset o asset based
Bene, tipicamente negli ultimi anni si riscontrano: basso livello di integrazione verticale delle attività e poca ownership di assets. In pratica molte aziende del settore tendono a seguire un sistema “labour intensive”, cioè ad alta intensità di persone coinvolte.
Se questo modello fino ad ora ha sempre funzionato, come dimostrano le indagini sul fatturato dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet”, oggi comincia a non essere più efficace: iniziano a registrarsi carenza di servizio e crescita dei costi.
Il perchè ciò accade è presto detto: come abbiamo anticipato c'è oggi uno shortage di capacità. In poche parole: c’è meno personale.
Quindi, come risolvere il problema in un momento in cui i vecchi modelli gestionali non funzionano più?
Riorganizzando i processi in maniera chirurgica.
Il punto chiave è avere una realtà strutturale: bisognerà puntare su operatori logistici con competenze gestionali forti, che esulino dalla sola manodopera.
E qui entri in gioco tu, HR, come promotore di un rafforzamento generale delle competenze all’interno del settore Logistics. Le skill da consolidare per affrontare il cambiamento saranno:
- capacità di gestire tempi e metodi dei processi
- capacità di ingegnerizzare i processi e di usare sistemi operativi avanzati
- capacità di gestire al meglio l’ingegneria del lavoro, ossia di combinare i carichi di lavoro con le giuste forme contrattuali dei collaboratori
In poche parole, quando la capacità del personale si riduce, bisogna proporzionalmente aumentare le skill organizzative: diventa fondamentale la pianificazione delle attività logistiche di magazzino e della distribuzione, così come digitalizzare le aziende.
Attenzione però: dicevamo che è necessario cambiare i processi in maniera chirurgica.
Questo perchè, come sottolineato all'evento del Sole 24 Ore da Marco Melacini,quando ci troviamo in un momento di cambiamento si incorre nel "rischio del Gattopardo": cambiare tutto per non cambiare nulla.
Concentriamoci invece su come cambiare la sostanza.
Vediamolo insieme nei prossimi paragrafi.
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2. Digitalizzare il settore
Quando c’è una forte necessità di riorganizzare i processi, la digitalizzazione non solo può venirci in aiuto, ma diventa un “must have”.
Se ben gestita può infatti diventare la vera leva del cambiamento:
- può automatizzare alcune attività. Quando la capacità del personale è ridotta, automatizzare e velocizzare i processi più routinari diventa la chiave per mantenere alta la produttività, sanando la mancanza di personale e focalizzando le proprie risorse sulle attività che richiedono una maggiore concentrazione e capacità gestionale;
- digitalizzare lo scambio di informazioni interne ed esterne all’azienda. Perché l’organizzazione sia fluida ed esista un dialogo fruttuoso, deve esserci una costante comunicazione che attraversi la supply chain: una continua condivisione della domanda, dei volumi, della capacità per trovare velocemente le soluzioni.
- aiutare a raccogliere dati e sviluppare analytics. Grazie alle informazioni a cui si può accedere attraverso la tecnologia, è possibile fare attente analisi predittive per capire come gestire i procedimenti e come risolvere concretamente i problemi basandosi su decisioni oggettive.
Per introdurre quindi la digitalizzazione in azienda in modo significativo, non è sufficiente dotarsi di software e strumenti. Bisogna scendere più a fondo e cambiare i processi.
Si lavora monitorando le attività, cambiando le esecuzioni delle prestazioni e poi prendendo decisioni in base ai dati raccolti.
- Infine arriviamo a un punto che sappiamo stare particolarmente a cuore a te HR: la digitalizzazione è in grado di ottimizzare davvero la formazione delle proprie risorse.
Creare ad esempio corsi in video pillole sempre fruibili, che spieghino ai collaboratori come eseguire e monitorare determinati processi garantisce una formazione capillare, utilizzabile da tutti e che abbatte le differenze tra operatori.
Rispetto alla formazione tradizionale, l’indice di errore si abbassa anche per gli operatori stranieri, presenti in grandi quantità nei magazzini della logistica.
Si tratta di un bellissimo, concreto, esempio di inclusione.
La diversity, che in questo caso si coniuga in una diversity di provenienza geografica e in una differenza linguistica, in questo caso non è più una barriera per l'ottimizzazione del magazzino.
Un esempio di successo di introduzione del digitale può essere quello portato da Marco Melacini all'evento. Si tratta di una nuova stazione di incoming per gli autisti che è stato implementata in 5 magazzini di un’azienda: una piattaforma multilingua (che abbatte le barriere linguistiche) per il self check-in dell’autista, con un eventuale supporto da remoto del personale amministrativo in caso di necessità.
La survey di feedback sottoposta agli autisti dopo il suo utilizzo parla chiaro: il livello di soddisfazione registrato è stato di 4 su una scala da 0 a 5.
Il digitale può quindi ottimizzare i processi sia dall’alto, aiutando a prendere decisioni migliori con dati oggettivi, sia dal basso, ottimizzando l’operatività e l’experience dei collaboratori.
La condizione per cavalcare la digitalizzazione e cambiare i processi in modo proficuo?
- Innanzitutto prestare attenzione alla specificità delle singole persone e dei singoli ruoli, a come ciascun operatore percepisce la tecnologia, e a quale sia il “know how” tecnologico di ogni individuo.
- Poi, formare le persone e implementare i processi tenendo conto di queste specificità.
- E infine proporre survey di feedback per capire come le implementazioni vengono accolte dai collaboratori.
Tutte attività in cui tu, HR, sei il protagonista e di cui puoi farti promotore sui tavoli decisionali aziendali.
E per implementare davvero il cambiamento con successo la parola chiave è una: collaborazione. Tra tutti gli attori coinvolti nella filiera.
Passiamo da uno sforzo individuale a uno sforzo collettivo per aumentare la forza e il valore della logistica italiana.
3. Flessibilità: dei processi e della gestione dei collaboratori
Capacità limitata di personale, necessità di pianificare molto attentamente i processi basandosi su comunicazione efficace e analisi predittive, necessità di digitalizzare le imprese e i suoi collaboratori.
Tre tematiche viste fino ad ora che portano a una conclusione: c’è bisogno di flessibilità.
Una sfida che, in questo settore così rigido, risulta estremamente complessa.
Se infatti oggi la flessibilità è un elemento imprescindibile nella logistica, garantirla è diventato sempre più complicato e concerne fondamentalmente due aspetti:
- la flessibilità dei processi
- la flessibilità nella gestione dei collaboratori
1. Partiamo dalla prima, la flessibilità dei processi.
Oggi il grosso problema che si presenta è la gestione dei picchi di lavoro in determinati periodi dell’anno.
Come infatti saprai e come abbiamo detto sopra, la ricerca e la selezione della manodopera sono operazioni sempre più difficili nel campo della Logistica, e il turnover del personale molto elevato. Garantire quindi la presenza di personale qualificato durante i picchi di lavoro diventa difficile.
Un tempo, la gestione di questi picchi avveniva mandando temporaneamente a casa i lavoratori, per poi richiamarli nei momenti di bisogno. Oggi, però, questa pratica è impensabile: i professionisti qualificati sono richiestissimi perché la domanda supera l’offerta e, una volta lasciati andare, i lavoratori formati sono difficili da recuperare.
Per gestire la situazione, ancora troppo spesso si ricorre a soluzioni improvvisate e al limite della legalità, come l'uso di permessi non retribuiti o straordinari pagati fuori busta, dato che i lavoratori non accettano altrimenti le condizioni proposte dagli appaltatori.
Come se ne esce?
Inventando soluzioni alternative, flessibili, appunto.
Come il trasferimento dei lavoratori in altre aree o l'assegnazione di ferie durante i periodi di bassa attività.
Secondo i dati presentati al summit, attualmente solo il 7% dei lavoratori impiegati per affrontare i picchi di lavoro stagionali sono neoassunti.
Ben il 30% invece è composto da trasfertisti, cioè lavoratori che vengono spostati da un progetto a un altro.
Un dato che parla chiaro: per gestire le fluttuazioni della domanda oggi è necessario fare affidamento sui trasfertisti.
Senza contare che le trasferte possono essere un elemento estremamente importante anche sotto un altro aspetto: la formazione.
Il settore della logistica ha bisogno di competenze forti e queste competenze possono essere acquisite proprio trasferendosi da un progetto ad un altro, lavorando su più fronti.
In questo modo, creando questa flessibilità, vengono garantiti due aspetti: da un lato si copre il bisogno di lavoratori laddove ce ne sia bisogno, dall’altro si rafforzano notevolmente le competenze dei collaboratori disposti a trasferirsi da un progetto all’altro, che proprio per merito di queste trasferte possono imparare sempre nuove skill.
Certo, la formazione comporta costi di trasporto e, dove ce ne sia la necessità, anche spese per la creazione di academy aziendali, ma è un investimento essenziale per favorire la crescita dei dipendenti all'interno dell'azienda.
2. E qui si apre la riflessione sulla flessibilità nella gestione delle proprie risorse.
In un mondo così difficile come quello che abbiamo appena analizzato, diventa infatti imprescindibile focalizzarsi sull’importanza della Talent Attraction e della Talent Retention.
Secondo quanto detto all'evento, la logistica oggi presenta un deficit del 273% di personale formato rispetto alle richieste del mercato.
Se si vogliono attrarre nuovi talenti la flessibilità diventa una leva fondamentale: da un lato si dovrà andare incontro alle richieste di work-life balance odierne; dall’altro bisognerà rivedere i contratti e i benefit in modo flessibile perché possano adattarsi alle diverse esigenze dei collaboratori.
Per quanto riguarda il work-life balance, è importante cercare di porvi la massima attenzione perchè il settore della logistica può rivelarsi davvero molto stressante e per questo poco attrattivo: i processi che lo compongono sono complessi, è necessario trovare nuove soluzioni a diverse problematiche ogni giorno.
Per compensare questo tipo di stress sarà importante:
- mettere in atto piani di wellbeing e piani incentivanti per premiare le persone al raggiungmento dei loro obiettivi non solo con premi economici, ma anche con attività legate al benessere;
- garantire, per quanto possibile, smartworking e flessibilità oraria;
- introdurre una formazione che possa supportare i manager a gestire attività molto dinamiche e di elevata complessità gestionale
Per quanto riguarda invece contratti e benefit, è indispensabile rivedere gli approcci e le normative, poiché si sta operando con strumenti non più adeguati ai tempi.
Se si vogliono attrarre nuovi talenti anche i contratti e i benefit devono essere innovati, rispecchiando le esigenze attuali.
L’esempio estremo può essere quello del magazzino, dove il il 90% dei lavoratori è costituito da persone non italiane, con esigenze specifiche legate a festività culturali e religiose. I contratti dovranno quindi tenere conto di questo ed essere adattati. Il settore logistico è molto inclusivo, ma per supportare realmente tutti i collaboratori, è essenziale implementare misure contrattuali che rispondano alle diverse necessità.
4. Un consiglio di lettura
Vogliamo concludere con un consiglio di lettura: "La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo", libro presentato all'evento dallo stesso autore Cesare Alemanni.
Si tratta di un vero e proprio percorso nella storia, che ci conduce dal momento in cui l'uomo si è posto il problema di scambiare le merci, fino agli e-commerce dei giorni nostri.
Passando per la colonizzazione, le guerre mondiali, arrivando al trasporto dei vaccini e al caso Amazon, "La storia delle merci" guida il lettore nell'affascinante mondo della logistica, a livello globale.
Vi lasciamo di seguito la quarta di copertina del libro, il modo migliore - ci sembra- per concludere il nostro approfondimento su un mondo così estremamente complesso eppure così ammaliante come quello della Logistica:
”Il laptop su cui scrivo queste parole è stato progettato in California e contiene materie prime estratte in Africa. Funziona grazie a componenti prodotti a Taiwan e assemblati in Cina. È transitato da un centro di distribuzione in Germania e venduto in un negozio di Milano. E lo stesso si può dire di oggetti molto più banali nonché di medicinali, alimenti, fonti energetiche e altre risorse fondamentali per il quotidiano funzionamento delle nostre società. Come in nessun’altra epoca le nostre economie dipendono dalla organizzazione di trasporti su distanze enormi. Dalla coordinazione di operazioni, fisiche e informatiche, che si devono svolgere in una tempestiva sequenza di hic et nunc. Ed eppure, i mezzi e i sistemi che garantiscono tale coordinazione sono rimasti a lungo poco raccontati. Forse poiché sono black box di cui percepiamo l’esistenza solo quando si inceppano. Forse poiché, al contrario, sono talmente onnipresenti da fare parte del paesaggio. Di certo poiché rappresentano una complessità difficile da sintetizzare. Una complessità che tuttavia qualcuno deve essere in grado di gestire, per far sì che da una caotica matassa di processi emerga un filo logico. O per meglio dire logistico.”
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