Settimana lavorativa di 4 giorni: a che punto siamo?

    Il giovedì è il nuovo venerdì? Forse, o almeno alcune aziende ci stanno provando. 
    La settimana lavorativa di 4 giorni è il tema più chiacchierato dell’ultimo periodo, ma oggi vogliamo scendere nel concreto.

    Quali sono i reali vantaggi e svantaggi che comporta, sia per le aziende che per i collaboratori?  
    Quali realtà europee la stanno sperimentando con successo? 
    A che punto siamo in Italia? 

    Nei prossimi paragrafi analizziamo passo per passo la concreta realizzazione di un approccio lavorativo che fino a qualche tempo fa sembrava impensabile ( e invece…). 

    1. Settimana lavorativa di 4 giorni: da ipotesi a realtà
    2. I vantaggi per le aziende
    3. I vantaggi per i lavoratori
    4. Ma a fatti, come implementare la settimana lavorativa di 4 giorni?
    5. Settimana breve in Italia: ecco le grandi realtà che ci stanno riuscendo
    6. Non tutto è oro quel che luccica: i possibili svantaggi
    7. Conclusioni

     

    1. Settimana lavorativa di 4 giorni: da ipotesi a realtà

    Lavorare meno giorni (4 invece dei soliti 5), a parità retributiva (rispetto a prima), per meglio conciliare esigenze personali e professionali, a garanzia di una maggiore produttività. 
    È tutto vero e succede ufficialmente in più di 60 aziende del Regno Unito che hanno coinvolto, in quella che più che una sperimentazione è ormai proprio una solida realtà, oltre 3.300 dipendenti e collaboratori.
    Il modello inglese (raccontato nel dettaglio in questo report), così viene chiamato perché appunto è stato proprio UK il primo Paese ad adottarlo, ha conquistato anche il Belgio che da novembre del 2022 ha introdotto un disegno di legge che consente ai lavoratori il diritto di poter scegliere una settimana lavorativa da 4 giorni, appunto.

    Sgombriamo subito il campo da eventuali dubbi o misunderstanding: lavorare 4 giorni, perlomeno in UK, non prevede che si condensino le ore di 5 giorni in 4, ma anzi consente che ci sia una riduzione del 20% del tempo lavorativo senza che a questa corrisponda una contrazione dello stipendio e della produttività. Il modello è quello del 100:80:100, ossia il 100% della retribuzione per l'80% del tempo, in cambio dell'impegno a mantenere almeno il 100% di produttività.

    E in Italia, come ci si sta muovendo? Post pandemia, con la sempre più ampia diffusione dei modelli di lavoro ibrido, la settimana lavorativa di 4 giorni comincia a fare gola a tanti. Ne parleremo più nel dettaglio nel quinto paragrafo di questo articolo.

    Quel che sembra chiaro, almeno per il momento, è che questo nuovo approccio all’organizzazione di tempo e carichi di lavoro si sta avviando ad essere una soluzione concreta per molte realtà.  

     

    2. I vantaggi per le aziende

    Il claim di una famosissima pubblicità di qualche anno fa recitava “è tutto intorno a te”. Quando si pensa ai lavoratori di oggi, l’impressione è che abbiano traslato letteralmente questo payoff nella loro vita professionale: come Head Hunter (e ce lo confermano anche tutti i professionisti che abbiamo intervistato nell’ambito di queste ricerche, che puoi leggere cliccando sui box delle singole industry) siamo i primi a sapere che nell’era contemporanea non è più l’azienda che sceglie i suoi talenti, ma ci si sceglie reciprocamente. 

    Il cambio di prospettiva è chiaro e si riflette anche nell’offerta di benefit e nella gestione delle proprie risorse: le aziende si stanno focalizzando sempre di più sull'ascolto delle esigenze, sul benessere e sulla soddisfazione delle proprie persone.

    Maggiore è il benessere, migliore è la performance. Proprio in questo contesto si inserisce la settimana lavorativa di 4 giorni. Quali sono quindi  i vantaggi per l’azienda? E soprattutto, ci sono?

    La risposta è sì. Il modello inglese l’ha dimostrato, dati alla mano: il nuovo timing ha funzionato così bene che, secondo il report dall’associazione no profit 4 Day Week Global, “è improbabile che la maggior parte delle 33 aziende, con sede negli USA e in Irlanda, e dei loro 903 lavoratori che hanno sperimentato il programma, senza alcuna riduzione della retribuzione, tornino a una settimana lavorativa standard”. Insomma: la 4 day week è gradita alle aziende tanto quanto è gradita ai lavoratori.

    Vediamo insieme quali sono i vantaggi per le aziende:

    • Una riduzione dei costi per la gestione degli spazi di lavoro. Considerando che l’organizzazione dei team e del tempo può essere flessibile e che la settimana lavorativa si accorcerebbe, ciò significa che anche l’effort economico relativo alla gestione degli spazi di lavoro può essere oggetto di tagli che fanno la differenza. 
    • Una maggiore produttività delle proprie risorse. Offrire alle proprie persone la possibilità di un’organizzazione flessibile del proprio tempo di lavoro garantisce un innalzamento del loro stesso livello di soddisfazione, riduce l’assenteismo e favorisce un deciso miglioramento della loro performance.
    • Una maggiore qualità del lavoro. L'organizzazione più flessibile del proprio tempo si riversa anche in una maggiore motivazione e in uno svolgimento qualitativamente migliore e più produttivo del loro lavoro.
    • Riduzione del tasso di turnover. Da un punto di vista prettamente HR, emerge come la settimana lavorativa di 4 giorni contribuisca a una riduzione del tasso di turnover nel settore privato e che, unita alla possibilità di associarla a modalità di lavoro ibrida, favorisca da una parte l’aumento di produttività e dall’altra il decremento dell’assenteismo.

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    3. I vantaggi per i lavoratori

    I vantaggi per le aziende sono il riflesso dei vantaggi per le sue risorse.

    Negli ultimi due anni, Great Resignation e Quiet Quitting sono stati i due principali campanelli d’allarme che no, qualcosa nel rapporto tra persone e lavoro non stava più funzionando a dovere. La necessità di recuperare (anzi, molto spesso proprio di avere) un equilibrio tra vita personale ed esistenza professionale si è fatta più forte che mai, tanto da mettere in discussione il proprio intero sistema di priorità. La settimana lavorativa di 4 giorni si muove nella direzione di soddisfare i lavoratori che chiedono di avere a disposizione più tempo extra-lavoro. 

    Ecco i benefici: 

    • Riduzione del burnout. Consentire ai collaboratori di sfruttare un giorno feriale a settimana per se stessi, impiegando le ore “non lavorate” in tutto ciò che serve affinché la propria quotidianità, innanzitutto, ma anche la propria qualità di vita, sia soddisfacente e non congestionata riduce lo stress provocato dall’over-working.
    • Maggiore produttività dovuta alla diminuzione dello stress (come visto anche sopra). La produttività ha una ricaduta positiva tanto nel rapporto tra la persona e il proprio ruolo professionale, quanto tra il lavoratore e l’azienda stessa. Ne giovano tutti: chi lavora, chi si avvale della sua professionalità, chi osserva da fuori l’azienda (evviva l’employer branding) e quindi – in termini macroscopici – anche il mercato.
    • Un risparmio economico per i lavoratori stessi.  Ridurre di un giorno a settimana il proprio impegno professionale, significa – davvero in soldoni – limitare le spese collegate al proprio lavoro, sia che questo si svolga interamente in ufficio (e che richieda quindi degli spostamenti “fisici”), sia che si tratti di un rapporto in smartworking o comunque ibrido (che, in ogni caso, prevede delle spese a carico del lavoratore, seppur limitate).
    • Una speranza per il lavoro di cura non retribuito. Non da ultima, va citata la spinosa, ma attuale questione della mancanza di retribuzione del lavoro di cura. Da sempre a quasi totale appannaggio delle donne che tra attività professionale retribuita e responsabilità domestiche e assistenziali lavorano in media molte più ore degli uomini, ecco che l’opportunità della settimana lavorativa di 4 giorni apre – finalmente – varchi di luce e di speranza.
      Come affermato anche da Sara Reis, vicedirettrice di Women’s Budget Group, una settimana di lavoro più breve può liberare infatti gli uomini di una parte dei propri effort professionali (perlomeno in termini di tempo), consentendo loro di assolvere anche alle attività di cura e assistenza domestica e partecipando in modo più proattivo all’aspetto educativo dei figli, per esempio. Di contro questo consente alle donne di potersi dedicare con più attenzione, energia e produttività al lavoro retribuito, con l’obiettivo, tra le altre cose, di andare a colmare – almeno in parte – il gender pay gap

     

    4. Ma a fatti, come implementare la settimana lavorativa di 4 giorni?

    Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, si dice. Sì, perché scrivere di quanto la settimana lavorativa di 4 giorni sia di fatto una condizione win win per lavoratori e aziende è facile, ma metterla a sistema lo è decisamente meno.

    Iniziamo subito col dire che un’azienda che vuole introdurre la 4 day week ha necessità di essere un’organizzazione di suo già aperta al cambiamento e che, perlomeno negli ultimi 3 anni quando si sono registrate le più significative evoluzioni del mondo del lavoro dell’era contemporanea, ha già implementato nuovi approcci al lavoro.

    Fatta salva questa premessa elenchiamo di seguito una serie di consigli pratici – come sempre non esaustivi perché non tarati sulle specifiche caratteristiche ed esigenze aziendali – su come accompagnare la propria realtà e le proprie persone a lavorare 4 giorni a settimana:

    • occorre innanzitutto dare ai lavoratori la possibilità, gli strumenti e il tempo di pensare a come riorganizzarsi, senza perdere la propria produttività. Vanno bene delle linee guida standard, ma sarà l’individuo a doversi adattare a una nuova scansione del tempo e – almeno all’inizio – potrebbe non essere così banale. E’ da prevedere quindi un periodo di assestamento;
    • stimolare i team manager a capire come organizzare internamente la settimana lavorativa su 4 giorni senza che questo impatti negativamente sui rapporti con altre aziende, clienti e fornitori che seguono invece un’organizzazione del tempo tradizionale (5 giorni);
    • “mettere le mani in pasta” che in questo caso significa iniziare con una sorta di trial, misurando il successo e l’insuccesso dell’esperimento per avere un punto di vista obiettivo sulla situazione e per migliorarne le performance per il futuro. Questo comprende anche la possibilità di tracciare il rendimento dei singoli lavoratori in un certo arco temporale e di metterlo a confronto con i dati di “prima”;
    • stabilire un piano di obiettivi e di risultati attesi che abbracci il breve e il lungo periodo. Perché le persone ingranino nel nuovo approccio alla 4 day week, è necessario definire un obiettivo misurabile e un perimetro che li guidi tappa per tappa verso il raggiungimento della meta.  

     

    5. Settimana breve in Italia: ecco le grandi realtà che ci stanno riuscendo

    Come abbiamo visto sopra, sono tante le aziende che soprattutto in UK e in Belgio (considerando l’Europa) hanno adottato ufficialmente – dopo un iniziale periodo di trial – la cosiddetta settimana corta.

    In Italia, invece, per il momento non abbiamo ancora dati sufficientemente approfonditi per capire “come stia andando”. Quel che è chiaro, comunque, è che si inizia a parlarne con più costanza e concretezza anche grazie alle prime sperimentazioni sul campo.

    Tra le prime aziende ad aver adottato la settimana corta – su base volontaria – c’è Intesa Sanpaolo. A differenza del modello inglese – per completezza di informazioni – va specificato che il monte ore è sì ridotto, ma non del 20%. I dipendenti che decidono di lavorare 4 giorni a settimana, vengono infatti retribuiti nello stesso modo, ma devono lavorare un’ora in più, ossia 9 ore anziché 8 per un totale di 36 ore contro le 40 “tradizionali”.

    Anche Lavazza sta adottando un modello di lavoro simile che prevede una riduzione dei giorni di lavoro (4 anziché 5, appunto), ma non del monte ore totale. L’azienda chiede infatti ai lavoratori che vogliono contrarre la propria settimana di lavoro di spalmare le 8 ore del giorno a cui “rinunciano” sugli altri 4.

    Decisamente più sul pezzo si sta invece dimostrando Awin Italia che ha introdotto la flexy week, ossia la settimana flessibile che prevede una giornata o due mezze giornate libere a settimana in combinazione, volendo, con le possibilità dello smartworking.

    L’impressione, in Italia soprattutto, è che ancora ci sia molto da fare perché si arrivi a una soluzione che accontenti tutti: le aziende con le esigenze di garanzia di produttività, i lavoratori in termini economici e di effort, e le parti sociali affinché nuovi accordi e nuove modalità di lavoro possano essere regolamentate quanto più precisamente possibile. 

     

    6. Non tutto è oro quel che luccica: i possibili svantaggi

    Finora, tutto bene. Ma per ogni medaglia c’è il suo rovescio.

    Non tutte le aziende e non tutti i settori (uno su tutti la sanità), infatti, possono pensare di affidarsi a nuovi modelli che prevedano una riduzione del tempo lavorativo e di conseguenza una riduzione anche del servizio offerto agli utenti.

    Per garantire la continuità del servizio, settori come il manifatturiero o la sanità (ad esempio), dovrebbero assumere altri collaboratori per sopperire alla riduzione di ore lavorative delle loro risorse.  Se da una parte questa potrebbe essere una soluzione alla disoccupazione (si impiegherebbero più lavoratori – almeno due - per una mansione in precedenza ad appannaggio di una sola persona), dall’altra ciò comporterebbe la necessità per le aziende di essere in grado di sostenere costi più elevati, dai quali rientrerebbero solo nel lungo periodo e, probabilmente, con un sistema di compensazione “immateriale” (es. migliore immagine aziendale, progetti di employer branding più efficaci, riduzione del turnover e così via).

    Strano ma vero poi, è possibile che si incontri la resistenza di alcuni lavoratori, restii a “lasciare la sedia vuota”, anche solo per un giorno a settimana, per il timore di perdere il proprio status. Ricordiamoci, infatti, che in alcune realtà aziendali il cambio di paradigma da “presenza” a “risultato” è ancora un processo ostico o comunque in progress.

    Non da ultimo, inoltre, la mancata armonizzazione tra settori comporterebbe una disuguaglianza anche in termini di attrattiva, veicolando i nuovi talenti ad accettare offerte di lavoro principalmente laddove la flessibilità è garantita.

     

    7. Conclusioni

    Salvo eccezioni, però, abbiamo visto come la 4 day week sia una realtà sempre più concreta e si stia inserendo a pieno titolo nelle nuove modalità di lavoro flessibile. È necessario quindi tenerla monitorata.

    Gli esempi di come aziende estere e italiane la stiano mettendo in pratica con successo dimostrano che è possibile uscire dagli schemi tradizionali e osservare cosa succede. E chissà che risultati potrà portare sul lungo periodo. 

     


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    Reverse è una realtà in continua evoluzione: come un gruppo di scienziati e ricercatori che giorno dopo giorno creano qualcosa di nuovo per migliorare e semplificare il mondo dell’Head Hunting e l’attività di chi si occupa di HR.
    Alessandro Raguseo, CEO